Studi sul Cristianesimo Primitivo

Interpretazione di Marco 15:7, Barabba e il tumulto

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Hard-Rain
view post Posted on 1/2/2008, 17:04 by: Hard-Rain     +1   -1




Ho trovato un bell'esempio di uso del pronome hoitines nella LXX, l'uso è molto simile a quello di Marco 15:7. Il passo è una rarità perchè forse è l'unico che si avvicini all'uso che ne fa Marco in tutta la LXX e anche nel Nuovo Testamento.

Dunque il passo in questione è Isaia 60:12, che legge:

tà gar ethn kai basileis hoitines ou douleusousin soi apolountai

Qui abbiamo due pluralità distinte, ethn kai basileis sono lett. i popoli e i regni. Il verbo douleusousin è "servire", "sottoporsi", usato qui all'indicativo presente, apolountai è il verbo di cui popoli e regni sono oggetto, significa morire, perire, essere distrutti.

Abbiamo quindi la traduzione:

Isaia 60:12 - Poichè i popoli e i regni, quelli che non servono te, periranno.

Nessuno qui traduce come se hoitines si riferisse solo ai popoli (ma non ai regni) o ai regni (e non ai popoli). I due plurali, accostati tra loro dalla congiunzione kai, formano un unico soggetto riferito dal pronome plurale hoitines.

Tutti qui intendono hoitines (quelli che) riferito ai popoli e ai regni, non solo ai popoli o ai regni separatamente. In altre parole, è sbagliato tradurre: I popoli e quei regni che non servono te periranno (anche da un punto di vista logico: cosa avrebbero commesso i popoli - generalmente intesi - per perire, è evidente che l'accusa di non servire Dio è intesa sia ai popoli che ai regni accomunati dal kai).

________

Per curiosità e per precisione, riporto qui quello che sostiene David Donnini. Ecco il passaggio oggetto di studio, ho grassettato le frasi più importanti del suo ragionamento, sulle quali abbiamo discusso:

CITAZIONE
Se consultiamo il vangelo secondo Marco (Mc 15, 7), in un passo parallelo, possiamo leggere:

"Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere, insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio"

Il verbo "avevano commesso" è coniugato al plurale, non al singolare, e si riferisce ai ribelli, non a Barabba. La frase significa semplicemente che Barabba era rinchiuso nel carcere in cui si trovavano i ribelli, non ci obbliga a credere che egli stesso fosse un ribelle e che avesse partecipato al delitto.
In fin dei conti nemmeno il vangelo secondo Matteo lo dice; anzi, affermando che costui era stato arrestato in occasione di quel tumulto e di quell'omicidio, non dà affatto l'impressione che Barabba fosse uno degli insorti né, tantomeno, l'omicida.
Il vangelo di Luca contiene una frase (Lc 23, 19) assolutamente identica a quella omessa dal testo di Matteo, di cui abbiamo già visto sopra il testo greco, ma essa (si faccia bene attenzione) viene tradotta comunemente in modo scorretto, attribuendogli così significati che essa non può e non deve avere; per esempio una versione del Nuovo Testamento, che si definisce "traduzione interconfessionale in lingua corrente", la riporta nei seguenti termini:

"...era in prigione perché aveva preso parte ad una sommossa del popolo in città ed aveva ucciso un uomo"
[Parola del Signore, Elle Di Ci, Leumann (To), 1976]

La traduzione corretta, lo ripetiamo, è: "...si trovava in carcere, insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio...", infatti le parole "dia stasin tina" possono essere tradotte con "in occasione di una sommossa", "poiché c'era stata una sommossa", "nel luogo della sommossa", "durante una sommossa", ma non si potrà mai tradurre "aveva preso parte ad una sommossa", e neanche "aveva ucciso un uomo". Questo non è assolutamente scritto nel testo originale, è una forzatura che altera molto il senso della frase, facendo diventare arbitrariamente Barabba il soggetto di una azione che, invece, è stata compiuta dagli altri ribelli.

La lettura dei vangeli sinottici, eseguita fedelmente alle versioni in lingua greca, ci dà buoni motivi per pensare che Barabba non fosse uno dei briganti che avevano commesso l'omicidio, ma solo che egli sia stato arrestato in concomitanza con la sommossa di cui altri erano responsabili. Ci dicono, tra l'altro, che costui non era uno sconosciuto ma un personaggio famoso.

Fonte: http://www.etanali.it/mar_morto/files/analisi_processo.htm

Sono letteralmente allibito dall'affermazione di Donnini: "Il vangelo di Luca contiene una frase (Lc 23, 19) assolutamente identica a quella omessa dal testo di Matteo, di cui abbiamo già visto sopra il testo greco, ma essa (si faccia bene attenzione) viene tradotta comunemente in modo scorretto"

Frase omessa dal testo di Matteo? Penso alluda al completamento di Mt. 27:16. L'omissione tra l'altro non è certo determinata da motivi "politici", ma dal fatto che manca nei migliori manoscritti del NT ed è attestata da pochissimi codici (cfr. NA27). Si tratta effettivamente di una frase simile a quella di Luca 23:19 ma nè Luca nè Matteo menzionano mai altre persone in carcere assieme a Barabba, semmai queste frasi possono essere usate per stabilire che Barabba era stato condannato per l'omicidio e/o la sommossa, che mi pare sia il contrario di quello che vuol dire Donnini: ha speso varie parole proprio per dirci che hostis, in Mc. 15:7, deve secondo lui essere applicato solo ai rivoltosi e non a Barabba!

Mc. 15:7 sarebbe uguale a Luca 23:19? Ma quando mai? Secondo NA27 abbiamo:

Marco 15:7 ên de ho legomenos Barabbas meta tôn stasiastôn dedemenos hoitines en têi stasei fonon pepoiêkeisan.

Luca 23:19 hostis ên dia stasin tina genomenên en têi polei kai fonon blêtheis en têi fulakêi.

Marco parla di Barabba e di quelli che avevano assieme a lui commesso l'omicidio durante una rivolta. Luca parla solo di Barabba, tanto è vero che hostis è il pronome singolare nominativo: quello, lui. E il verbo ên è l'imperfetto indicativo singolare! Non vi è alcun accenno ad altre persone. Non capisco di cosa stia parlando Donnini in questo caso. Queste frasi al contrario dimostrano appunto che Barabba era in galera per quel motivo.

Se proprio vogliamo andare a cavillare con la grammatica, osserviamo che sia Matteo che Luca hanno "dia stasin", cioè dia + accusativo che ha senso di "a causa di". Pertanto si dovrebbe tradurre: "Era stato messo in carcere a causa di una sommossa e omicidio" non come Donnini, che traduce: "Era stato messo in carcere in occasione di", perchè vuole concludere che Barabba finì in carcere innocentemente e la sommossa e l'omicidio sono completamente a carico degli altri menzionati con lui (peccato tra l'altro che Matteo e Luca che qui si invocano non parlano di "altri" ma solo di Barabba).

Gran parte dell'argomentazione di Donnini riguarda l'uso della preposizione dia, il perno della sua dimostrazione della "corretta" interpretazione di Mt. 27:16 e Lc. 23:19. Ma qui mi sembra che si possano avanzare non poche critiche. Donnini scrive: "infatti le parole "dia stasin tina" possono essere tradotte con "in occasione di una sommossa", "poiché c'era stata una sommossa", "nel luogo della sommossa", "durante una sommossa""

insomma, Donnini le dice tutte ma omette la traduzione corretta: "A CAUSA DELLA SOMMOSSA", stasin è infatti accusativo e questo viene sorvolato allegramente... Per avere il senso di "durante la sommossa", quello che vorrebbe leggervi Donnini, che deresposabilizzerebbe teoricamente Barabba, avremmo dovuto avere ad. es. dia + genitivo = dia stasews. In altre parole: Barabba è in carcere e la causa di questa incarcerazione è la sommossa e l'omicidio (menzionato dopo nella frase, sempre all'accusativo).

Passando ad altro, uno dei motivi per cui ritengo improbabile che proprio Barabba non potesse essere stato arrestato la stessa notte in cui fu arrestato Gesù ma tempo prima è legato alle norme sulla Pasqua.

Se davvero esisteva la possibilità che qualcuno potesse essere rilasciato fino al 14 di Nisan, Pesachim VIII,6 non lo dimosstra ma non lo esclude neppure, bisognava avvertirlo per tempo, non gli si poteva dire sui due piedi: preparati ed esci il giorno 14 di Nisan, perchè avrebbe avuto l'obbligo di mangiare l'agnello Pasquale, se era un ebreo osservante.

Il trattato Pesachim stabilisce proprio che se uno sa che deve uscire in prossimità della Pasqua, è contemplato persino il caso di uscita alla vigilia della Pesah, allora deve delegare per tempo qualcuno che gli assicuri l'agnello pasquale se non è in grado di andare di persona al tempio per procurarsene uno, altrimenti quando sarebbe uscito verso la sera del 14 di Nisan non avrebbe avuto la sua porzione di agnello, cioè poteva correre questo rischio, essendo così colpevole di karet.

Dunque, Barabba doveva essere in carcere da tempo e sapeva che sarebbe uscito quel giorno, gli era stato promesso da tempo e tutto era pronto. Pilato secondo il testo chiede se vogliono liberare Gesù al suo posto. Questo è un problema perchè avrebbe potuto causare un Qorban andato a vuoto, dopo che glielo avevano promesso. Forse è anche per questo che la folla vuole libero Barabba, se era un ebreo ortodosso e tutto era già pronto e quello era un atto formale. Pilato all'ultimo minuto chiede di scambiare con Gesù ma non è più possibile. Tra l'altro ci sono norme talmudiche che specificano se la promessa di liberazione proveniva da un ebreo oppure da un pagano (come Pilato), nel caso di Barabba bisogna vedere.

Ora, se valgono tutte queste prescrizioni secondo cui bisogna essere avvertiti per tempo nel caso si esca proprio il 14 di Nisan, che dire allora di Gesù? Con Gesù, il caso fu diverso. Forse appunto aveva già celebrato la Pasqua secondo un altro rito, quello esseno. Non aveva bisogno di agnelli o altro. Non si parla di agnello nel corso dell'ultima cena. Per lui eravamo già negli azzimi.



Edited by Hard-Rain - 1/2/2008, 21:01
 
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