Studi sul Cristianesimo Primitivo

Matteo 28:19

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pcerini
view post Posted on 20/11/2007, 23:01     +1   -1




Una delle vecchie versioni del Nestle-Aland dice che l'originale fosse 'En to onomati mou(dentro il Mio Nome)' , preferendo dunque la lectio brevior preferenda come lezione originale.

A voi cosa risulta?
 
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Frances Admin
view post Posted on 20/11/2007, 23:48     +1   -1




Questa variante era stata inclusa nell'apparato critico Nestle Aland 25a (ma non nel testo in greco). La scelta di includerla era dovuta al fatto che Eusebio di Cesarea su 29 citazioni di Mt 29:19 per ben 17 volte usa la formula con questa variante (5 volte nella forma "standard" e 7 volte omettendo "padre", "figlio" e "spirito santo"). Il rapporto tra citazione delle due diverse formule nei scritti testamentari ed extratestamentari è di 17:5, ovvero la variante En to onomati mou è più documentata rispetto alla lezione difficilior.
Va inoltre detto che esiste una terza variante che Esusebio cita 7 volte: "andate e ammaestrate tutte le genti" (omissione di "battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo").
Le due varianti che inspiegabilmente la Na27 non introduce in apparato, non furono notate né dal Tischendorf né da E. Nestle. La motivazione va forse ricercata nel fatto che le citazioni dei padri in critica testuale hanno valore minore rispetto alle attestazioni manoscritte. Infatti i padri della chiesa spesso citavano a memoria. Nel caso dell'impiego della lezione media da parte Eusebio c'è chi ha proposto una tesi interessante: egli era un antitrinitario ed è probabile che abbia adottato la variante media per protesta contro le acquisizioni dogmatiche del Concilio di Nicea. A confermare questa ipotesi è il fatto che anteriormente al Concilio di Nicea Esuebio ha impiegato la lezione media una sola volta, mentre dopo questo evento cruciale questo rapporto sale a 16. E' importante anche notare che nella formula di Eusebio è omesso il verbo baptizo (battezzare) che invece ritroviamo nella formula standard.
 
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pcerini
view post Posted on 20/11/2007, 23:59     +1   -1




Ah,ok,per caso conosci il parere di Boismard nel merito di questa lectio brevior?
 
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Frances Admin
view post Posted on 21/11/2007, 10:49     +1   -1




CITAZIONE
Ah,ok,per caso conosci il parere di Boismard nel merito di questa lectio brevior?

Non conosco il parere di Boismard in merito, anzi non sapevo neppure che si fosse occupato della questione. :1122.gif:
 
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pcerini
view post Posted on 21/11/2007, 11:20     +1   -1




So che in una recensione di un suo libro,"All'alba del cristianesimo.Prima della nascita dei dogmi",Boismard ritiene che nell'NT non vi siano tracce di formule trinitarie almeno stando all'analisi dei manoscritti,e in questa recensione fatta in un vecchio blog (che non riesco piu' a rintracciare perche' e passato molto tempo) si parlava proprio del versetto Matteo 28:19 a mo' di esempio.
 
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Frances Admin
view post Posted on 21/11/2007, 22:53     +1   -1




Ciao, possiedo il libro di Boismard, lo lessi qualche anno fa. Dammi massimo uno-due giorni e ti riporto le le affermazioni dello studioso.
 
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pcerini
view post Posted on 22/11/2007, 11:53     +1   -1




Obrigado,querida Frances (scusa se lo dico in portoghese,lingua che sto attualmente studiando).

Al quesito trinitario di Matteo 28:19 riceve una risposta un po' generica che posto qui da altro Forum (Forum non specialsitico).


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Come ho già detto non esiste un solo manoscritto o codice del Vangelo secondo Matteo che NON contenga l'espressione trinitaria in oggetto.

Ed adesso svisceriamo per bene la questione e le varie motivazioni...citazione:


"La presenza della formula trinitaria in questi versetti ha creato grandi difficoltà agli studiosi. Commentatori e teologi affermano che questa proclamazione così chiara del mistero della Trinità potè essere fornita dalla Chiesa solo dopo parecchi decenni di riflessione teologica. Secondo alcuni esegeti, la presenza di questa espressione è qui dovuta a un'interpolazione posteriore. Questa opinione si è diffusa a tal punto di essere considerata comune. Per illustrare questa posizione, riportiamo le parole di F.Blanchetière: "E' opportuno segnalare che i riferimenti più antichi a questi versetti di Matteo in Giustino martire, Origene o perfino Eusebio non contengono la formula trinitaria che, secondo numerosi esegeti moderni, deve essere considerata come un'aggiunta posteriore, inserita in occasione della disputa teologica sulla Trinità nel IV secolo. E' altresì necessario sottolineare che il finale di Marco, assente nei manoscritti più seri, non contiene la formula trinitaria".(Les premiers chrètiens ètaient-ils missionnaires?, Parigi 2002).

IN CONTRAPPOSIZIONE A QUESTA OPINIONE SI ERGE LA TRADIZIONE TESTUALE:
TUTTI I MANOSCRITTI E I CODICI DEL VANGELO DI MATTEO RACCOLGONO LA FORMULA TRINITARIA.

Altri autori rifiutandosi anche di riconoscere l'autenticità di queste parole di Gesù, attribuiscono la formula all'evangelista Matteo, che la introdusse per influsso dell'uso liturgico delle prime comunità primitive. Essi la considerano, pertanto, come il risultato di uno sviluppo teologico posteriore. Tuttavia, risulta difficile ammettere l'esistenza di uno sviluppo simile nell'ambito di una comunità ebraica radicalmente monoteista; non si dimentichi che questa è l'origine della comunità cristiana primitiva. La natura della formula è talmente straordinaria che difficilmente avrebbe potuto imporsi nella comunità, se la sua origine non fosse da ricondurre alla personalità eccezionale di Gesù.
Daltronde, si è ipotizzato che Matteo si sia ispirato a Dn 7:13-14 per scrivere l'ordine del v.18b-20. Tale dipendenza, tuttavia, risulta molto improbabile se si tengono in considerazione le differenze esistenti tra i due testi. Si osservi che Daniele parla del Figlio dell'uomo, al quale, alla fine dei tempi, viene conferito il potere di sottomettere tutte le nazioni, Israele escluso; in pratica è un testo profetico incentrato sull'esaltazione del Figlio dell'uomo e sulla liberazione di Israele. Matteo, invece, non parla dell'esaltazione del FIglio dell'uomo, bensì dell'incarico missionario che Gesù affida agli apostoli, i quali dovranno andare nel mondo intero a predicare il vagelo a tutte le nazioni, Israele incluso.
...

Generalmente gli esegeti collocano la redazione del vangelo di Matteo dopo l'anno 80. Forse una delle ragioni sulla quale basano la loro datazione è proprio la presenza della formula trinitaria, che considerano come una teologia o cristologia molto sviluppata. Di fronte a ciò, noi possiamo opporre la constatazione di un fatto tangibile, che risulta già sufficiente chiaro in questo capitolo dedicato alle apparizioni di Gesù in Matteo. Ci riferiamo al fatto che la particolare fonte di Matteo - in mancanza di una denominazione migliore potremmo definirla così - non fu redatta in greco, bensì in aramaico. Quindi, a uso della comunità cristiana di lingua aramaica presente in Palestina. Una comunità che praticamente era scomparsa alcuni anni prima della distruzione del Tempio, avvenuta nell'anno 70".

(pag.305-306, "La vita di Gesù nel testo aramaico dei Vangeli" J.M.Garcìa, Madrid 2005).
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Frances Admin
view post Posted on 22/11/2007, 22:14     +1   -1




IL MISTERO DELLA TRINITA', in Boismard M. E., All’Alba del Cristianesimo, Piemme, 2000, pp. 142-144.

Il primo testo che ci si presenta è quello di Matteo 28,19, secondo il quale Cristo stesso avrebbe detto ai suoi apostoli: “Andate dunque e ammaestrate [matheteusate] tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo”. Come interpretarlo? La BG nota con prudenza: “È possibile che questa formula risenta, nella sua precisione, dell’uso liturgico stabilitosi più tardi nella comunità primitiva. Si sa che gli Atti parlano di battezzare ‘in nome di Gesù’, (si veda Atti degli Apostoli 1, 5, 2, 38). Più tardi si sarà esplicitato il legame con le tre persone della Trinità”. La maggior parte degli esegeti sostituirebbero la formula iniziale “è possibile” con “è certo”. La formula trinitaria, dunque, non risale a Cristo, ma all’ultimo redattore del vangelo di Matteo, probabilmente verso gli anni 80.
Il problema diventa, forse, ancor più radicale. In un articolo apparso nel 1901, Fred C. Conybeare (1) ha analizzato le citazioni di questo testo matteano fatte dallo storico cristiano Eusebio di Cesarea, morto nel 339. È vero che Esuebio conosceva il testo classico da lui citato all’occorrenza, ma nelle sue opere più recenti. Eusebio cita Matteo 28,19 sotto questa forma: “Andate, fate discepoli in tutte le nazioni, nel mio nome”. Le due citazioni più interessanti si leggono nella sua Dimostrazione Evangelica (2). Nel primo passaggio (III, 6, PG 24, col. 233), Eusebio cita integralmente Matteo 28,19 nella sua forma abbreviata, compreso il seguito del testo “[…] insegnando loro a rispettare tutti ciò che vi ho comandato”. Nel secondo passaggio (ibid. col. 240), prima cita le parole: “Andate, fate discepoli in tutte le nazioni”, poi commenta lungamente l’espressione “nel mio nome”, prova che egli l’avesse letta bene nel suo testo evangelico. Termina citando nel modo più completo: “Andate, fate discepoli in tutte le nazioni, nel mio nome”. Dunque è certo che Eusebio conoscesse una forma contratta del testo matteano nel quale le parole “battezzando nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo” erano rimpiazzate dalla semplice formula “nel mio nome”.
È ancor più difficile trascurare questa testimonianza di Eusebio di Cesarea, in quanto è sostenuta da Giustino l’apologeta. Nel suo Dialogo con Trifone (39,2), composto verso il 150, egli scrisse che se Dio ritardava il suo giudizio finale lo faceva sapendo che ogni giorno “alcuni, essendo stati fatti discepoli [mathèteuomenous] nel nome del suo Cristo” abbandonavano la via dell’errore. Queste ultime parole mostrano chiaramente che si trattava di pagani, come nel testo di Matteo (3).
Nella forma contratta, attestata da Eusebio e Giustino, il testo matteano offre un buon parallelo con quello di Luca 24, 47: “[…] nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati” (4). Luca avrebbe rimpiazzato il raro verbo “fare dei discepoli” con il verbo “predicare”, molto più in uso; avrebbe aggiunto anche il tema, a lui caro, del pentimento in vista della remissione dei peccati.
In ogni modo, la formula trinitaria di Matteo 28,19 non può risalire a Cristo. Al massimo sarà stata introdotta dall’ultimo redattore matteano, verso gli anno 80. Peraltro, anche volendo ipotizzare che essa risalga a questo redattore, la formula non costituisce una prova ineluttabile della fede in Dio-Trinità, come vedremo dopo aver analizzato le formule pseudo-trinitarie.

(1) The Eusebian form of the Text Matth. 28, 19, “Zeitschrift fur die neutestamentliche Wissenschaft, 2 (1901), 275-288. I risultati del suo studio sono stati contestati da G. Ongaro, L’autenticità e integrità del comma trinitario in Matteo 28, 19, “Biblica” 19 (1938), 267-279. Ma la sua argomentazione si riassume così: poiché Eusebio (come Giustino) ha conosciuto il testo classico, non c’è alcuna ragione di pensare che egli abbia conosciuto un’altra forma di testo.
(2) Infatti questi due passaggi non fanno che riprendere ad litteram i due di un’opera più antica, la Teofania.
(3) Per provare che Giustino conosceva la forma classica del testo matteano, G. Ongari rinvia a Apol. I, 63,. In questo testo, Giustino dice che noi siamo nati a vita nuova, o che siamo stati lavati (purificati) nel nome della Trinità (di cui egli sviluppa ogni termine); ma nulla permette di vedere in questo passaggio un’allusione a Matteo 28, 19. Il fatto è che si vuole giustificare a tutti i costi un testo della Commissione biblica!
(4) Questo parallelo, notato da Conybeare, è segnalato anche nei riferimenti marginali dell’edizione Nestle-Aland.

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Note

Dunque, F. C. Conybeare era un critico del testo e esegeta vissuto tra l’800 e inizio ‘900.

Nella nota 4, Boismard cita la Nestle-Aland. Poiché il libro è stato pubblicato in Francia nel 1998, la Nestle-Aland a cui egli si riferisce è la 26a edizione.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 22/11/2007, 22:46     +1   -1




CITAZIONE
Poiché il libro è stato pubblicato in Francia nel 1998, la Nestle-Aland a cui egli si riferisce è la 26a edizione.

Ma l'NA27 non è stato pubblicato fin dal 1993? Io ho una versione di NA27, per le date di rilascio leggo:

27.revidierte Auflage
1.-4. Druck 1993-1996
5. korrigierter Druck 1998
6.-7. Druck 1999-2001
8. korrigierter und um die Papyri 99-116 erweiterter Druck 2001

L'introduzione è firmata 2 Aprile 1993. Confermo comunque che nell'apparato critico di NA27 relativo a Mt. 28:19 non c'è traccia della variante di cui si è parlato.
 
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Frances Admin
view post Posted on 22/11/2007, 22:57     +1   -1




CITAZIONE
L'introduzione è firmata 2 Aprile 1993. Confermo comunque che nell'apparato critico di NA27 relativo a Mt. 28:19 non c'è traccia della variante di cui si è parlato.

Io credo che Boismard abbia utilizzato la Nestle-Aland 26a edizione, può darsi che nel 1998 lui non avesse ancora consultato la 27a edizione.
 
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pcerini
view post Posted on 23/11/2007, 10:18     +1   -1




Grazie Frances per il tempo che mi ha dedicato.

Paolo
 
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pcerini
view post Posted on 29/1/2009, 10:53     +1   -1




Aggiungo il link di una lunga diatriba,con riferimento anche alla Didache',a partire dal mio intervento del 23/1/2009, 11:38

---> http://cristianesimoprimitivo.forumfree.ne...36106206&st=105
 
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Elijah Six
view post Posted on 29/1/2009, 12:30     +1   -1




QUOTE (Frances Admin @ 20/11/2007, 23:48)
Le due varianti che inspiegabilmente la Na27 non introduce in apparato, non furono notate né dal Tischendorf né da E. Nestle. La motivazione va forse ricercata nel fatto che le citazioni dei padri in critica testuale hanno valore minore rispetto alle attestazioni manoscritte.

Confermo (sulla motivazione), ma non è un mistero: nella critica testuale quanto riportano i Padri della Chiesa è in pratica l'ultima cosa che bisogna andare a vedere (o meglio che si va a vedere), anche perché il valore delle loro citazioni non viene considerato (di norma) alto.
Osservazione: l'ordine in cui si riportano i testimoni di una determinata variante nell'apparato critico della NA27 non è casuale: prima ci sono i papiri, poi i manoscritti maiuscoli, poi quelli minuscoli, poi le varie versioni e infine - per ultimo - i Padri della Chiesa. Si va in ordine di importanza, anche se ovviamente ci sono le dovute eccezioni (all'interno dei vari gruppi), e ogni caso è una storia a sé.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/12/2009, 17:41     +1   -1




CITAZIONE
Una delle vecchie versioni del Nestle-Aland dice che l'originale fosse 'En to onomati mou(dentro il Mio Nome)' , preferendo dunque la lectio brevior preferenda come lezione originale.

εν τω ονοματι μου non è "dentro" il mio nome, ma "per mezzo", "mediante" il mio nome, complemento di mezzo (o strumento), o, al limite, di modo. Non è un "luogo" nel quale entrare.
 
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13 replies since 20/11/2007, 23:01   1788 views
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