Studi sul Cristianesimo Primitivo

JEAN-PIERRE CHANGEUX, Geni e cultura. Rivestimento genetico e variabilità culturale

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pcerini
view post Posted on 12/11/2009, 13:16     +1   -1




Un lavoro del neurobiologo J.P.Changeaux , di cui c'e' una recensione interessante qui ---> http://www.continuitas.com/rec_changeux.pdf
 
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view post Posted on 12/11/2009, 16:15     +1   -1
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Ho letto rapidamente la recensione, la cui comprensione purtroppo non si piega (almeno per me) ad una veloce lettura.
Potresti riassumere le conclusioni piu' importanti? Te lo chiedo perche' mi sembra molto interessante.

In particolare, riporto tre punti chiave, indicati nella recensione come presupposti consolidati per gli studi in oggetto

1) l’alta variabilità delle connessioni cerebrali e dei comportamenti riscontrabile anche nel caso di individui geneticamente identici;
2) l’esistenza di un istinto di apprendimento che preesiste e condiziona l’atto di apprendere;
3) lo sviluppo, collegato a questo istinto, del linguaggio e dei sistemi simbolici che determinano e caratterizzano le specificità culturali

Questo si abbina, sempre nella recensione, ad una critica radicale alla "scuola" di Cavalli-Sforza, ed ai risultati delle sue ricerche sui legami tra popolazioni e genetica.

Se hai letto il libro, che se non sbaglio colleziona gli interventi di un simposio, potresti approfondire i punti sopra? Mi accontento anche solo di una spiegazione piu' accurata dei contenuti della recensione.. :-)

Grazie, ciao
Talita'


 
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pcerini
view post Posted on 16/11/2009, 13:15     +1   -1




1) l’alta variabilità delle connessioni cerebrali e dei comportamenti riscontrabile anche nel caso di individui geneticamente identici;
2) l’esistenza di un istinto di apprendimento che preesiste e condiziona l’atto di apprendere;
3) lo sviluppo, collegato a questo istinto, del linguaggio e dei sistemi simbolici che determinano e caratterizzano le specificità culturali


Be',guarda,Cavalli-Sforza si era fermato per esempio ad alcune caratteristiche genetiche a livello di raggruppamenti umani in base a talune caratteristiche interne,per esempio,il gruppo sanguigno maggiormente comune del raggruppamento umano nella formulazione del concetto di popolazione,(a fronte della sua dimostrazione dell'infondatezza scientifica del concetto di "razza" che mostro' esser basata su caratteristiche esterne non peculiarmente distintive di un determinato gruppo),nel testo di Changeaux la variabilita' si spinge oltre,sino al livello del singolo individuo,poiche' la variabilita' va a toccare elementi come per esempio i meccanismi di memorizzazione,di vocalizzazione e altri ancora ,che variano da individuo a individuo.

Il parametro continuista di Cavalli-Sforza in sostanza pone l'accento sulla trasmissione ereditaria di padre in figlio cosi' da configurare caratteri distintivi di un gruppo umano rispetto ad altro (caratteristiche determinate anche dal rapporto tra gli individui di tale gruppo con l'ambiente,che varia da gruppo a gruppo).

Un tale parametro continuista Cavalli-Sforza lo applica per esempio al periodo del neolitico,ma nel testo si cita per esempio di come ri-analizzando le mappe cromosomiche del marcatore Y (quelle legate in sostanza alla trasmissione da padre a figlio) ci siano in esse da circa 10% al 25% di patrimonio attribuibile ad antenati neolitici , significa cioe' che non e' cosi' determinante tale caratteristica nell'ambito della trasmissione.
Si tenta di contrapporre a questa posizione la considerazione che il neolitico non fosse affatto un periodo cosi' "omogeneo" (ossia,che non fosse cioe' contraddistinta da una particolare combinazione geni-cultura) , anzi, che vi fosse un'alto tasso di variabilita' nel rapporto gene-cultura (e dunque nell'ambito della trasmissione ereditaria).

Il problema e' capire come si possa parlare di trasmissione ereditaria e di tradizione nell'ambito di culture diverse,visto che in primo luogo si e' appurata una variabilita' individuale a livello dei processi di memorizzazione e di trasmissione che arriva fino al livello di individuo.

Questo tocca inevitabilmente il problema della stabilita' di una cultura.
Infatti,si tende a puntare l'indice piu' sull'estrema variabilita' e sulle differenze piuttosto che sulla stabilita'.

Il problema della stabilita' non si riesce a districarlo in questo libro,rimane aperto,come e' stata possibile una certa stabilita' culturale a fronte di tale variabilita' genetico-ambientale?
C'e' chi tira in ballo il meccanismo di apprendimento,facendo un paragone con il mondo animale,facendo paventare quasi un limite alle innovazioni culturali tali da determinare solo un certo tipo di possibilita' culturale non consentendone altre a causa di un determinato istinto di apprendimento che per esempio farebbe imparare al passero de Nord America solo un determinato tipo di canto tra molti che lo circondano,una selezione quasi ereditaria,cosi' da parlare in ambito umano di moduli cognitivi (processi di apprendimento,vocalizzazione,memorizzazione,riconoscimento,lettura e scrittura,etc.etc.) che a fronte di determinate motivazioni selezionerebbero sempre alcune delle possibilita' offerte (tra molti input se ne scelgono cioe' solo alcuni che fanno al caso di certe motivazioni cognitive).

Ma secondo me,anche questi tentativi di chiarire la stabilita' sono insoddisfacenti,perche' in primo luogo,mancano moltissime informazioni sulle strutture genetiche dei gruppi umani preistorici a causa della scomparsa di taluni gruppi,la ricostruzione del patrimonio del neolitico per esempio e' sempre parziale,non si riesce cioe' a ricostruirlo per intero;in secondo luogo,per quanto gli istinti possano condizionare lo sviluppo culturale e linguistico (e in sostanza per quanto la produzione del linguaggio sia stata condizionata dallo sviluppo cerebrale),bisogna sempre cercare di capire come mai una variabilita' che scenda sino al livello individuale non abbia condotto a delle estreme differenziazioni tali da creare miliardi di mini-gruppi tra loro differenti?

A mio parere,qui,la genetica sconfina troppo in ambiti che non le appartengono,secondo me,anche se bisogna tener conto dei risultati delle odierne acquisizioni,queste ancora non riescono a spiegarci il senso dello sviluppo delle culture storiche,credo che altri elementi abbiano avuto la meglio sugli elementi legati meramente alla selezione naturale e all'evoluzione genetica,ad un certo punto ci si e' anche dovuti sganciare da questo rigido determinismo genetico.

Edited by pcerini - 16/11/2009, 13:36
 
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view post Posted on 16/11/2009, 14:35     +1   -1
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Grazie! Mi trovo d'accordo su contenuti e conclusioni come da te riportati.
Aggiungo che, personalmente, non ho mai trovato molto convincenti le conclusioni di Cavalli-Sforza (un mostro sacro, per carità) con le sue "mappe" colorate dei gruppi umani per affinità genetica. Infatti, a fronte di diverse "caratteristiche interne" prese a parametro per i raggruppamenti genetici, le mappe cambiano - e le parentele diventano alquanto "sensibili" alle premesse, piuttosto che rappresentare un dato "oggettivo" realmente presente in natura (cioè "la fuorì").

Grazie ancora per la sintesi, e per aver menzionato il libro!

Ciao, Talità
 
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