Studi sul Cristianesimo Primitivo

Gesù Cristo segreto

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view post Posted on 3/7/2009, 15:31     +1   -1
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CITAZIONE (nochiesa @ 3/7/2009, 09:11)
per Hard

Non ci credera' ma i libri di questo signore (non piu' di 100 pagine ognuno),non hanno la biografia dell'autore.
Devo dire pero' che li trovo molto "sbalorditivi"

Un saluto

caro Nochiesa

il circuito sebina mi dice di un Marongiu che scrive con il nick Teufel :blink:

http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/base.jsp

ci dai qualche notizia in più ?

... da qualche parte ho letto che in sanscrito unto si dovrebbe dire Crhistu , o qualcosa di simile ....

Straordinari gli studi di Burnouf sul tema, ma devo recuperari i libri ..

http://en.wikipedia.org/wiki/Eug%C3%A8ne_Burnouf

fatevi anche un giro qui alle pagine 63/4
alla voce chrestos

http://www.scribd.com/doc/13748684/HP-Blav...sario-Teosofico



zio ot :mf_bookread.gif:

Edited by barionu - 3/7/2009, 16:45
 
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Hard-Rain
view post Posted on 3/7/2009, 15:40     +1   -1




Bella scoperta, il sanscrito è una lingua indoeuropea. Per esempio in sanscrito "essi portano" è bharanti che nel greco più arcaico è feronti (da cui il ferousi dello ionico-attico, per assibilazione da -ti a -si e conseguente caduta di ni davanti a sigma con allungamento di compenso della vocale omicron). Greco, latino, sanscrito e persino fenicio sono lingue di derivazione indoeuropea, imparentate tra loro. Mica stiamo parlando dell'etrusco. Ma questo non ha nulla a che vedere con il fatto che Gesù sia nato in india o che gli evangelisti abbiano copiato dei miti o delle storie indiane: si chiama, semplicemente, grammatica comparata delle lingue indoeuropee.
 
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view post Posted on 3/7/2009, 15:53     +1   -1
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CITAZIONE (Hard-Rain @ 3/7/2009, 16:40)
Bella scoperta, il sanscrito è una lingua indoeuropea. Per esempio in sanscrito "essi portano" è bharanti che nel greco più arcaico è feronti (da cui il ferousi dello ionico-attico, per assibilazione da -ti a -si e conseguente caduta di ni davanti a sigma con allungamento di compenso della vocale omicron). Greco, latino, sanscrito e persino fenicio sono lingue di derivazione indoeuropea, imparentate tra loro. Mica stiamo parlando dell'etrusco.

Ma , esimio concittadino , sono infatti cose note , ma appunto auspicabili di un maggiore approfondimento.

Durand, nel suo magnifico

Strutture antropologiche dell' immaginario

http://books.google.it/books?id=hLiDVW5lXt...result&resnum=3

fa uno studio strepitoso ( dal Burnouf ) sul perchè il termine UNTO sia un archetipo così importante.

A PAG 332 UN PASSO STREPITOSO CHE SEGNALO A TUTTI GLI STUDIOSI

sulla genesi della svastica e sulle possibili analogie con la mitologia Cristiana



il bambino del carpentiere ( tekton ) è una chicca che offro agli Arpiolidi .... :784.gif:



zio ot :mf_bookread.gif:


Per Deicida , so per certo che Milesbo conosceva Burnouf



zio ot

Edited by barionu - 3/7/2009, 17:11
 
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view post Posted on 3/7/2009, 19:43     +1   -1

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Per Barionu

Sul frontespizio ,un po'sotto il nome,si firma proprio come dici tu:Taufel.

Del personaggio per adesso altro non so.

Un saluto
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 4/7/2009, 07:52     +1   -1




...Teufel, probabilmente, visto che "Taufel" sarebbe un incrocio un po' blasfemo tra "Taufe" (battesimo) e "Teufel" (diavolo).
 
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Frances Admin
view post Posted on 4/7/2009, 10:45     +1   -1




Scusate, intervengo soltanto per dire che il Fenicio è una lingua di ceppo semitico, non indoeuropea. L'Etrusco viene convenzionalmente considerata una lingua non indoeuropea, ma un gruppo di linguisti ritiene lo sia, transitata attraverso l'anatolico.
 
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operanuova
view post Posted on 4/7/2009, 12:09     +1   -1




CITAZIONE (barionu @ 3/7/2009, 16:53)
A PAG 332 UN PASSO STREPITOSO CHE SEGNALO A TUTTI GLI STUDIOSI
sulla genesi della svastica e sulle possibili analogie con la mitologia Cristiana
il bambino del carpentiere ( tekton ) è una chicca che offro agli Arpiolidi .... :784.gif:
zio ot :mf_bookread.gif:
Per Deicida , so per certo che Milesbo conosceva Burnouf
zio ot

In tutta onestà, caro zio ot, non so quale credito dare a questa genesi tecnologica della svastica. Ricollegando (a questo punto ogni connessione è arbitraria e possibile) siffatta lezione nella quale i pezzi di legno dell’albero rinviano agli sfregamenti degli oli essenziali nell’acciarino a forma di croce e quindi dagli oli essenziali si giunge all’unto e perciò al fuoco della svastica donde a quello della Pentecoste - il fuoco della Pentecoste non è stato notato da Burnouf e Durand :rolleyes: - e quindi al figlio del carpentiere donde all’accoppiamento sessuale coniugando nella gigantesca costellazione mitica il tutto alla musica, mi pare simbolo sì, ma soltanto nella mente ipersincretica di un autore. Credo che, a leggerla, Cesare Ripa avrebbe bruciato la sua Iconologia, Baudelaire si sarebbe smarrito in questa foresta, Warburg avrebbe cestinato la sua tesi di laurea sulla Primavera e Florenskij avrebbe serrato le sue porte regali.
Il simbolo appartiene, in primo luogo, a livello della filologia e della tecnologia, con le sue evocazioni ai popoli, alle culture e agli usi. Il simbolo appartiene, in secondo luogo, a gruppi culturalmente omogenei. Quale individuo di quale gruppo potrà mai evocare le evocazioni di Durand e di Burnouf? Se ciò non accade, allora non di simbolismo ho letto, a pagina 332 e successive, bensì dell’immaginario connettivo di uomini di grande cultura che - sia pure in modo eccellente - ragionavano di un loro percorso di rimandi arbitrari nel quale, anziché dalle forme essere rinviati ai contenuti, dai significati a loro noti di molteplici luoghi antropologici e semantici si dirigevano verso un predeterminato significante e organizzavano staticamente a tavolino una propria costellazione di immagini.
Il processo di creazione di un simbolo, intendo dire, anche della svastica, indipendentemente dalla genesi del segno, è un processo storico-culturale e linguistico di stratificazioni. Non per caso Quintiliano definì il simbolo come figura in verbis singulis. In Occidente le stratificazioni tecnologiche della mela che rimandano ai computer e alla musica le creano l’Apple e la casa discografica dei Beatles, non un’emittente indiana, nemmeno nei rapidissimi tempi della comunicazione globale. Ogni simbolo, come un vocabolo nei linguaggi, come nell’appunto di Hard Rain concernente la comparazione delle lingue, va contestualizzato nella propria enclave. A confondere i simboli si fa di ogni erba un fascio sincretico esoterico e massonico, così come sta avvenendo nell’arte. E, a proposito di linguaggio, mi chiedo infine: in quel suo immaginario girovagare tra cento miti e nozioni Gilbert Durand chiamò, almeno una volta, il suo albero segno-croce col nome Taw, così come fece un noto principe alchimista e poliglotta del Settecento nella sua "Lettera apologetica dell'Esercitato Accademico della Crusca"?
 
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view post Posted on 4/7/2009, 23:31     +1   -1
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Carl Gustav Jung , in Simboli della trasformazione , avalla le tesi del Burnouf , ed è subito 115 per il buon Ripa

http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Ripa


, e D.Thomas , in Altarwise by owl light

http://codlinsandcream.blogspot.com/2009/0...-owl-light.html

ritrova la via persa dall ' Albatro.

Il grande Aby

http://it.wikipedia.org/wiki/Aby_Warburg

indietreggia di fronte alle parole di Anfortas nel vestibolo di Monsalvat

e Florensky

https://digilander.libero.it/ortodossia/Florensky.htm

rimane sepolto dal ' uovo di Kascei


DAL NET

http://www.google.it/search?hl=it&rlz=1W1S...rani+maha&meta=


Arani per la Blavatsky a pag 25

http://www.scribd.com/doc/13748684/HP-Blav...sario-Teosofico

http://www.istitutocintamani.org/libri/Dot...tropogenesi.pdf

un glossario sul Mahabharata

http://www.guruji.it/mahabharata/Glossario.html

IL CARPENTIERE VEDICO

http://en.wikipedia.org/wiki/Tvastar

questo per dirti , caro ON , che lo studio è attivo e aperto ad ogni nuovo impulso.

Tekton vedico è una traccia che mi piace .

naturalmente entriamo nel territorio insidiosissimo delle fonti da accertare , già difficile per l'occidente , per l' oriente
è un problema senza soluzione.

La Blavatsky è da prendere con tutte le molle del caso ,

ma Eugene Burnouf e Gilbert Durand sono 2 pilastri di riferimento,

non vedo dove possano essere arbitrari , se non nel limiti di un' indagine che per forza deve dare fuoco
anche a metodi speculativi.


zio ot

Edited by barionu - 5/7/2009, 01:41
 
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Hard-Rain
view post Posted on 5/7/2009, 07:50     +1   -1




Ho sbagliato: volevo dire l'ittito, non il fenicio. Grazie x la correzione.
 
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operanuova
view post Posted on 5/7/2009, 10:55     +1   -1




CITAZIONE (barionu @ 5/7/2009, 00:31)
Carl Gustav Jung , in Simboli della trasformazione , avalla le tesi del Burnouf ...

...ma Eugene Burnouf e Gilbert Durand sono 2 pilastri di riferimento,
non vedo dove possano essere arbitrari , se non nel limiti di un' indagine che per forza deve dare fuoco
anche a metodi speculativi.
zio ot

Non dubito che Jung abbia avallato le tesi di Burnouf: in entrambi, infatti, si può ritrovare il simbolo concettualizzato alla stregua di una macchina (psicologica nel primo) e soggetto a dinamiche di trasformazione. Questo, però, avviene dalla parte del “lettore”, non del simbolo stesso che massimamente svolge la funzione di specchio. La trasformazione presuppone l’esistenza di stati intermedi ma il simbolo non ne possiede altri se non i propri, sviluppati diacronicamente e sempre con un processo di stratificazione. Ciò che in un certo momento e in un determinato luogo un simbolo ha significato permarrà nella memoria di quel luogo, sia esso anche e soltanto un luogo tramandato in forma letteraria. Ti propongo nuovamente l’esempio della mela. Fuori una chiesa ti diranno che essa rappresenta il peccato originale. Se ti rivolgi a un osservatore di pubblicità televisiva risponderà che significa “denti sani”. Un fanatico dei Beatles sarà rimandato alla loro casa discografica e uno d’informatica sarà rinviato a un Mac della Apple. Tutti questi possibili significati e tanti altri convivono nell’identico significante.

L’interpretazione di un simbolo equivale a un processo di depotenziamento dello stesso (E.M. Forster parlava di “morte della sfinge”) e, nel contempo, di ritorno alla natura di segno. E un segno è tale soltanto nella sua enclave. Niente toglie (e qui mi riferisco alla svastica di Burnouf) che un simbolo abbia potuto assumere un determinato valore di segno in un certo luogo birmano: quello, però, non può essere assunto come il segno dei nazisti. Da questo punto di vista si dovrebbe ragionare di “filologia del simbolo” la quale - e qui qualche poeta simbolista arbitrario francese mi ammazzerebbe - non può essere studiata se non con criteri storici e scientifici. Io, ragionando di genesi del simbolo, sto con Florenskij (fosse solo perché fu un ingegnere :D ).
 
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view post Posted on 5/7/2009, 13:32     +1   -1
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MA CARO ON ,

il tuo discorso è da quotare in pieno ,...... ma fatto sta , che le analogie ci sono , e vanno studiate.

a questo punto bisognrebbe sapere quante della mitologie del Mithra Vedico sono arrivate a Roma,
e studiarne la trasformazione nel Mithra Romano.

Terreno quanto mai scivoloso.

Porfirio nel Astinenza dagli animali Libro IV cap 16 2/4 ci dice che Eubulo e Pallade
raccolsero tutti i logia del rito Mithraico,

ma non sappiamo altro.

Il transitus di Mithra per Jung è il modello ispiratore del transitus della Croce


image


fare click !



zio ot :rolleyes:
 
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view post Posted on 5/7/2009, 14:00     +1   -1
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Sempre Jung , in Simboli della Trasformazione

parla di Cautes e Cautopates , i dadofori che presenziano il rito sacrificale di Mithra


http://it.wikipedia.org/wiki/Cautes_e_Cautopates



image


come modello per Luca XXVI 33 , 43

ovvero uno in cielo , in alto come Cautes ,

e l' altro in terra , come Cautopates.


zio ot :mf_bookread.gif:
 
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operanuova
view post Posted on 5/7/2009, 17:40     +1   -1




CITAZIONE (barionu @ 5/7/2009, 14:32)
Il transitus di Mithra per Jung è il modello ispiratore del transitus della Croce
image

fare click !
zio ot :rolleyes:

Ma io, caro zio ot, ragionando come Jung, sono d'accordo con Jung. Mi spiego: quello caricato sulle spalle nell'immagine è il toro mitriaco, giusto? Il toro è simbolo della vita nel mitraismo, così come l'albero-croce-TAU lo è nel cristianesimo e l'albero TAW lo è nell'AT. Ed ecco allora che il transitus di Mitra per Jung diventa il modello ispiratore per il transitus di Cristo. Una equiparazione dei significanti, quindi, come ragionavo in un commento precedente, una volta che siano noti i significati. Il problema, allora, si riconduce a un problema filologico: è più probabile che il significato della vita in testi scritti da ebrei nel primo secolo derivi dal significante albero o dal significante toro? Quegli ebrei conoscevano il significato del significante toro nel mitraismo come lo conosceva Jung? E' più antico il significante albero o il significante toro per simboleggiare la vita?
Io la penso in maniera molto semplicata: fintantoché si ragiona di simboli naturali (pane, vino, luce, tenebre, vergini, pastori) non presto eccessiva attenzione alle similitudini le quali sono per definizione naturali e scaturiscono ovunque. Sono i simboli culturali che mi danno da ragionare sulle probabilità dei possibili "transitus".

 
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view post Posted on 5/7/2009, 22:36     +1   -1
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cit da ON

Il toro è simbolo della vita nel mitraismo, così come l'albero-croce-TAU lo è nel cristianesimo e l'albero TAW lo è nell'AT.

zio ot .

Un momento , cosa intendi per la Tav del AT ?

Nel protosinaitico aveva la forma di una X , e l' attuale forma compare solo a Qumran ,

ad ogni modo , escludo che la T CRUX STAUROS CRISTIANA

possa avere legami , anche minimi , con l ' Ebraismo.

E non esiste nessun legame tra i redattori del NV ( dall' arresto di Gesù fino alla Crocifissione ) con autori Ebrei.

Dacci più dettagli .


zio ot :mf_bookread.gif:
 
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Cecco D'Ascoli
view post Posted on 6/7/2009, 09:02     +1   -1




Per Barionu Dal libro
Inedito del prof. “L’ETERNO E IL SUO REGNO”

Il quinto capitolo tratta del ritorno della missione di Melazar e di Jakob, che vanno nella loro comunità di Damash, dopo l'incontro a Gamla con il capo degli zeloti Jakob di Jehuda il Gaulanita: gli esseni, riuniti, riconoscono Jehoshua mashiah ed dichiarano che sono finiti i tempi della penitenza e che inizia il tempo del Regno.
Jehoshua, alias**(Giovanni il Galileo)** nel frattempo, avuta l'autorizzazione anche dal sinedrio di Gerusalemme, inizia la sua marcia da Caphernaum e, dopo aver inviato i suoi discepoli, due a due, a chiedere alle singole città il passaggio con la formula pane ed acqua, entra da trionfatore in ogni città, lungo il suo iter, e si congiunge con gli esseni a Gerico, da dove inizia la salita fino a Betania (dove risuscita Lazhar) e giunge sul Monte degli Ulivi, mentre tutti sono in festa perché il Regno dei Cieli è vicino e Gerusalemme è in vista.
Il capo esseno allora grida: il re sta per arrivare; godi, Jerushalaim,i tempi sono giunti! Grazie “bar”OT
 
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139 replies since 24/3/2009, 11:29   3137 views
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