CITAZIONE (Hard-Rain @ 18/10/2008, 11:33)
Il problema di 'almah/parthenos e "vergine" è dato dal fatto che l'italiano ha sviluppato una parola incontestabile e ben definita per "vergine" in senso biologico e fisico. Quindi uno che legge il testo in italiano non ha molti dubbi: la massaia di Voghera è a posto da questo punto di vista.
parliamoci chiaro, io concordo con te su questo, siamo davanti a una traduzione di traduzione complicata da ben tre, se non quattro, diverse esegesi. Però il problema rimane la resa in italiano e se tale resa debba privilegiare il dato filologico o quello teologico.
CITAZIONE
Già in greco inizia a scricchiolare qualcosa poichè, sebbene parthenos tendenzialmente indichi una "vergine" grosso modo come la intendiamo noi, qualche eccezione sussiste ed è segnalata nei vocabolari. Ma qui parliamo di greco biblico, dove come dicevo c'è un esempio (non ricordo se ve ne siano anche altri) dove una donna violentata, una giovane ragazza, continuano tranquillamente a chiamare parthenos anche dopo che, evidentemente, ha perso la sua condizione di verginità. Non parliamo poi delle difficoltà che subentrano quando teniamo a mente che a sua volta questo parthenos del greco biblico in Is. 7:14 è la traduzione di 'almah, una parola ebraica che pare significare solo "giovane ragazza" senza alcuna connotazione di verginità o meno, l'ebraico non ha parole specifiche per designare questa condizione biologico-medica, esiste il vocabolo bethulah che a sua volta referenzia una particolare forma di matrimonio, in pratica è un termine tecnico-giuridico, se vogliamo, e con tale accezione è usato nei trattati talmudici. Ergo, la questione è molto complessa. Un cristiano che abbia fatto degli studi dovrebbe sapere queste cose: a me non terrorizza il fatto che Is. 7:14 possa essere tradotto con "giovane donna". Non ha terrorizzato neppure Giovanni Paolo II in quel discorso. Sono cose risapute e note. E' chiaro che una cosa del genere può terrorizzare la casalinga di Voghera che aveva certe idee, cioè che un profeta molti secoli prima aveva annunciato la nascita del nostro Gesù Cristo e dopo appunto un certo periodo di tempo il fatto accade e tutti sono lieti e contenti...
ma dal punto di vista teologico la casalinga di Voghera ha ragione. E non hai modo di contestarglielo. Il problema nasce infatti quando qualcuno pretende di risolvere la teologia nella filologia.
CITAZIONE
Ma, appunto, è un po' colpa della Chiesa se si era fatta queste idee, poichè gli si è spacciata per verità assoluta una cosa che non è affatto chiara e se vogliamo essere precisi quasi tutti i biblisti (persino il Papa) pensano che Isaia non intendesse, in 7:14, una "vergine", nel senso italiano del termine, cioè che da una vergine potesse essere partorito qualcuno permamendo la condizione di verginità e/o essendo stato il concepimento senza alcun rapporto sessuale.
è piuttosto Matteo che fa il collegamento, la Chiesa lo segue in questo, supportata da Luca (anche se in maniera meno evidente). Non c'è modo di affermare che Matteo non intendesse parthenos (anche) nel senso tipicamente italiano (ti ricordo ancora che i Padri davano un senso più ampio a tale termine rispetto a quello meramente fisico). E se così fosse allora è sempre Matteo che legge tale significato anche nella LXX a supporto del suo dato. E Matteo scrive in greco per cui possiamo presupporre che lo conoscesse se non meglio almeno quanto noi. Per cui se egli fa tale lettura significa che quantomeno è possibile. La Chiesa, di fronte a Matteo e probabilmente ad altre tradizioni, ha semplicemente cercato di rendere nella maniera più vicina possibile al pensiero matteano (preferendolo per ovvi motivi a a quello che avrebbe potuto essere con molta probabilità quello originario di Isaia) il senso di quel parthenos. Del resto, come avrebbe potuto tradurre?
Ripeto, è una traduzione impossibile. Ogni traduzione perderebbe per strada un pezzo. La Chiesa ha pertanto deciso di attenersi alla sua tradizione interpretativa. In questo senso ha poco senso (scusa la ripetizione), se non in ambito puramente filologico e di storia del pensiero cristiano, la contestazione di vergine con il probabile significato di Isaia.
CITAZIONE
Ricordo che la dottrina della Chiesa Cattolica afferma la verginità totale di Maria, prima, durante e dopo il parto. Può anche darsi che tutto ciò sia vero e non voglio entrare in questo discorso, quello che critico è che non si può usare Is. 7:14 - come faceva Giustino e molti altri - per sostenere che queste cose furono, eventualmente, profetizzate
lo sostiene Matteo (e Luca). Per cui probabilmente Giustino semplicemente segue questa linea (così su due piedi non ti saprei dire). E' una linea sbagliata? E' semplicemente impossibile dirlo.
CITAZIONE
A meno di non fare come i qumranici che credevano he il profeta avesse messo per iscritto un testo senza egli stesso comprendere il senso pieno della rivelazione ricevuta.
questa infatti potrebbe essere una spiegazione (un ulteriore esempio di una certa affinità?), anche se io la porrei in maniera diversa, ovvero che Dio pone nella profezia di Isaia quel seme di verità nascosto che poi sboccerà nell'interpretazione matteana. Ovvero che Dio nella sua onniscenza e preveggenza fa in modo che la profezia di Isaia abbia da una parte il suo sbocco naturale, un compimento storico "immediato", dall'altra anche una funzione pedagogica nell'aiutare a comprendere il progetto divino nella rivelazione cristiana. Ovvero che le profezie del VT sono multitasking, riflesso della complessità dell'agire di Dio nella storia. Capisci bene tuttavia che qui siamo in ambito puramente teologico, dove la filologia non ha ruolo. Nè gli compete. Del resto Matteo non fa filologia ma riporta un dato teologico-fattuale.
Ogni bene
CITAZIONE (Hard-Rain @ 18/10/2008, 12:06)
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se io devo fare una lectio divina a qualcuno che ha la terza media, tanto per dire, non mi metto a discutere di filologia, perchè scapperebbe. Adatto e semplifico.
Il problema è come far passare certi concetti senza essere pedanti. Il rischio di tacerli è che poi arrivi il pinco pallino di turno a destabilizzare, con motivazioni più o meno corrette.
esatto. Se lo fai ti guardano storto o annoiato, se non lo fai sembra che vuoi tacere qualche cosa...
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Pongo questo poblema in quanto io stesso mi sono trovato nella situazione di dover spiegare concetti non semplici a persone che non avevano determinate conoscenze, dietro loro istanza. La mia esperienza è stata pessima perchè queste persone, alcune delle quali anche molto istruite e con lauree in discipline umanistiche ma che non avevano mai avuto l'occasione di interessarsi a questi problemi, neppure da semplici cultori o appassionati, queste persone, dicevo, tendono a prenderla molto male, si sentono frodati dalle "semplificazioni" di cui sono state inconsapevoli vittime, sapendo magari anche latino e/o greco semplicemente non erano mai andati a verificare i testi di persona giacchè davano il tutto per ovvio e banale, fidandosi delle letture e delle traduzioni. Il fedele cattolico medio non sa nulla di queste cose e il risultato è che appena ne sente parlare rimanga esterrefatto.
è vero, credo sia esperienza comune. Ma è anche vero che una volta presentato il problema, vada offerta anche una "soluzione", una "pars construens". Poi vi sono quelli prevenuti, ai quali non puoi neppure dire che 2+2=4 perchè te lo contestano, magari per aver letto qualche paginetta in internet che solletica la loro fantasia o magari per il semplice fatto che sei tu a dirglielo.
CITAZIONE
Io stesso ho smesso di parlare di certi argomenti con alcune categorie di persone, se ora mi fanno delle domande dico che non so nulla.
saggia decisione. In alcune situazioni però è impossibile astenersi
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