Studi sul Cristianesimo Primitivo

Angelo Filipponi

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pcerini
view post Posted on 26/8/2008, 09:27     +1   -1




Be',io un paio di domande le avrei.

Volevo sapere fino a che livello Filipponi si e' occupato di filologia neotestamentaria , inoltre,volevo sapere se per caso si sia mai occupato di filologia talmudica e se abbia gia' fatto qualche studio o lavoro in merito.

Paolo
 
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view post Posted on 26/8/2008, 11:45     +1   -1
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.... qualcosa di Angelo Filipponi è già nelle biblioteche pubbliche,

http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/base.jsp

alla peggio si possono richiedere le fotocopie.


zio ot
 
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ciccino74
view post Posted on 26/8/2008, 13:05     +1   -1






Volevo sapere fino a che livello Filipponi si e' occupato di filologia neotestamentaria , inoltre,volevo sapere se per caso si sia mai occupato di filologia talmudica e se abbia gia' fatto qualche studio o lavoro in merito.


L'interesse di Filipponi è sulla filologia ellenistica (specie del I secolo d.C), in
relazione a termini di Filone e di Giuseppe Flavio, con qualche raro lavoro
su quella talmudica.
Il lavoro non resta solo in senso filologico, ma tende al recupero di altre
valenze significative, per ulteriori studi in campi diversi. I temi del
sito sono significativi.

Se c'è qualche parte del NT e del talmud che ti interessa in particolar modo possiamo provare a chiedere allo scrittore se ci ha già lavorato.

andrea



 
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pcerini
view post Posted on 26/8/2008, 13:42     +1   -1




In ambito della filologia talmudica,di cosa si e' occupato nello specifico? Per esempio,ha gia' fatto delle traduzioni di qualche manoscritto?

Inoltre,nell'ambito dell'NT volevo conoscere il suo parere sulla frase "λέγει αὐτῷ σὺ εἶ ὁ Χριστὸς ὁ υἱὸς τοῦ εὐλογητοῦ" di Mc 14:61, secondo lui,che senso assume "Il Figlio del benedetto" nella frase? Un senso adottivo oppure un senso proprio,ontologico?

Come suona questo verso nella traduzione in aramaico e in ebraico? In qualche modo, il greco puo' rifarsi a qualche tipo di corrispondenza semitica?


Inoltre,che esempi esistono nella letteratura greca dell'epoca? Puo' esistere un qualche tipo di analogia per sintassi e per significato con il costrutto greco?

A me interesse comunque sapere se esiste per l'appunto una precisa attestazione talmudica nella lingua originaria,un tipo di attestazione che possa avere una analogia di costrutto.

Per finire,ripropongo un quesito rimasto senza risposta,che ripropongo da un mio vecchio post da http://www.animelibere.net/modules.php?nam...c&t=638&start=0 :

Tito Livio scrisse una Storia di Roma in circa 142 libri,mori' nel 17 circa d.c.,gli storici considerano il suo metodo storiografico un po' superficiale,ma cio' non toglie che rappresenti una delle piu' importanti fonti storiche!

Da uno dei suoi libri,si legge:

"A Piacenza, una donna molto conosciuta, della quale Flaminio era disperatamente innamorato, era stata invitata a cena. Egli si vantava con la cortigiana, tra e altre cose, della sua severità nei processi, di quante persone aveva messo in catene e di quante intendeva decapitarne. Allora la donna, che giaceva sotto il giaciglio del console, disse che non aveva mai assistito alla decapitazione di una persona e che era molto ansiosa di vederla. "Subito", disse l'amante generoso, e, dopo aver ordinato che uno di quei poveretti fosse portato al suo cospetto, gli tagliò la testa con la spada. Quest'azione fu selvaggia e crudele: nel mezzo del bere e del mangiare, quando era costume offrire cibi agli dei e pregare per ottenere la loro benedizione, come spettacolo per una prostituta senza vergogna, appoggiata al petto di un console, una vittima umana veniva sacrificata e il suo sangue sporcava la tovaglia."

Livio, Storia di Roma, Libro 39, 43, 3 -4.


Se Tito Livio mori' circa il 17 d.c.,presumibilmente scrisse il libro numero 39 diversi anni prima!

Il passo in questione non risulta interpolato,mi viene in mente un parallelo con una delle storie "vangeliche"!


Domanda: Filipponi ha mai approfondito eventuali rapporti tra questo tipo di letteratura romana e l'NT?

Grazie

Paolo

Edited by pcerini - 26/8/2008, 15:34
 
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ciccino74
view post Posted on 29/8/2008, 08:44     +1   -1





nell'ambito dell'NT volevo conoscere il suo parere sulla frase "λέγει αὐτῷ σὺ εἶ ὁ Χριστὸς ὁ υἱὸς τοῦ εὐλογητοῦ" di Mc 14:61, secondo lui,che senso assume "Il Figlio del benedetto" nella frase? Un senso adottivo oppure un senso proprio,ontologico?

Come suona questo verso nella traduzione in aramaico e in ebraico? In qualche modo, il greco puo' rifarsi a qualche tipo di corrispondenza semitica?


Inoltre,che esempi esistono nella letteratura greca dell'epoca? Puo' esistere un qualche tipo di analogia per sintassi e per significato con il costrutto greco?[/color]


Paolo,

ecco le risposte di Filipponi:

"per quanto riguarda il figlio del benedetto, il problema, in aramaico, è
complesso non facilmente spiegabile: il sintagma si basa su
baruch/benedetto e su bar/figlio, ma ci potrebbero essere connessioni
con la cultura egizia tramite Baraba/barabba, termine non univoco, uomo di
origine idumea (bar abba /figlio del padre o bar rab / figlio del maestro
o perfino bar aba, che però potrebbe presentare a.b.a. come acronimo di
amn, baruch, aya, Amen-ra sia benedetto).In relazione ad ognuna di queste
letture si hanno differenti risultanze che autorizzano interpretazioni e
collegamenti"


Per le connessioni tra cultura latina e Nuovo Testamento il professore ha insegnato greco e latino e ha dovuto confrontare
fonti greco-latine ed ebraiche per riscrivere tanta parte della Storia
Romana, confluita in Giudaismo romano, di cui Caligola il Sublime, opera in
pubblicazione, è una minima parte.




andrea

 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/8/2008, 11:13     +1   -1




Mi scusi ma a me è stato insegnato che bar abba non significa "figlio del padre" sic et simpliciter in aramaico. Si dovrebbe dire, vocalizzando: bere deabba. Bar Abba è interpretabile come patronimico, figlio di Abba (abbiamo attestazioni talmudiche, alcune del periodo di Gesù e anche prima). Oppure come appellativo, come bar mizwah, ecc..., dell'ebraico mishnico, ma bar mizwah non significa letteralmente "figlio del mizwah" nel senso che il mizwah è "padre" di qualcuno, ecco, se dovessimo tradurre letteralmente bar abba dovremmo dire: colui chè è abile a essere "abba", con tutti i sensi che tale termine può assumere. Nessun ebreo che senta l'espressione "bar abba" la interpreta come "figlio de il Padre", cioè figlio di una entità che ha nome "Il Padre", infatti si dovrebbe dire bere deabba. E' improprio anche tradurre bar kokhba come "figlio della stella". Può chiedere lumi al professore?

Shalom.
 
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sadinoel
view post Posted on 30/8/2008, 13:36     +1   -1




"qanaah corrispondente a zelotes e a sicarius quindi ha valore di partigiano che combatte contro i romani secondo lo schema di una guerriglia montana e desertica o urbana , determinata da santoni ( esseni ) e da asceti come Giovanni il Battista che battezzano secondo un rito iniziatico penitenziale e militaristico."

Mi sembra opportuno precisare l’equivoco in cui sembra essere caduto Hard quando parla di calderone.
Il professore non fa confusione e tanto meno mette in uno stesso calderone fenomeni ben diversificati e studiati attentamente in specifici momenti storici.
In Buco storico( che fa parte di Giudaismo romano), Filipponi trattando della situazione, creatasi dopo il settanta nell’impero romano, a seguito della Ioudaea capta e dell’ ascesa al potere di Vespasiano., dopo i commenti fatti sul XVIII, XIX e XX libro di Antichità giudaiche, e ben rapportati con gli ultimi libri di Guerra Giudaica, esamina i termini usati da Flavio, storico ufficiale dei Flavi, che scrive al storia dei vincitori e ne giustifica il potere illegittimo rispetto a quello giulio-claudio, derivato proprio dalla vittoria sul suo popolo.
Forse sarà opportuno precisare meglio il suo pensiero e dare le risultanze di tutti questi lavori (connessi anche al saggio Caligola il Sublime).
Proverò a sintetizzare quanto ho capito:
il professore mettendo in relazione il testo di Flavio con Plinio il Vecchio, Musonio, Tacito, (e sue pagine pervenute in altre autori, es. Sulpicio Severo) ed altri, specie Plutarco e le orazioni di Dione, rileva che il termine aramaico vale sia zelota che sicario, per definire la figura complessa dell’ integralista giudaico popolare di epoca giulio-claudia, e lo separa anche da eroi e testimoni di patriottismo nazionale sadducei, oniadi, ellenistici in genere di lingua greca, riservando una precisa connotazione solo ad un gruppo di uomini di formazione e cultura aramaica, ben relazionati con il sistema partico, non solo per lingua, ma anche per costumi e modi di combattere( Cfr sistema traconita).
In effetti l’uso di qanaah ha valore di una testimonianza patriottico- religiosa aramaica come volontà di non trasgredire la legge e come scelta di vita fatta al seguito di giusti , che predicano la necessità di purificazione morale e l’avvicinarsi degli ultimi tempi, coincidenti con la venuta del Messia.
Il professore marca la tipicità di questo gruppo aramaico che lotta per 200 anni contro la Romanitas che, in nome della libertà ( secondo i princìpi quiritari) della modernità ellenistica, della koinonia e della philantropia, tende a distruggere il culto del Tempio e ad annullare la Torah.
Viene marcata quindi una corrente antiromana in un mare giudaico di adesione alla romanitas e all’ellenismo, di cui il sommo sacerdote, l’alto clero e gli erodiani sono già da tempo ferventi servitori, gratificati dal potere centrale e periferico ( Roma,Cesarea ed Antiochia) insieme ai 2.500.000 di ellenisti, che, con gli oniadi dominano ogni porto e città del bacino del Mediterraneo con le banche/ trapezai, e con i centri commerciali emporeia .
Questo gruppo integralista dà una testimonianza popolare palestinese combattendo contro i propri connazionali filoromani, contro gli stessi ellenisti e contro i romani, e, morendo, scrive una pagina dimenticata e nascosta perché la storia letta dai latini vincitori e dai greci adulatori offende il vinto stravolgendo i significati per cui diventa ladro il combattente,. mago e ciarlatano il saggio interprete della legge e maestro di vita; da qui l’uso negativo di perfidi iudaei ( cioè uomini estremamente pii, zelanti della fede, e perciò capaci di sacrificare la propria vita per la torah ) e il giudizio di taeterrima gens esteso poi a tutta l’etnia giudaica e tanti altri equivoci,
Chiaramente il fenomeno dei lestai flaviani (termine vago greco per indicare ladri - uomini dediti al saccheggio di cose non proprie, in quanto i giudei antiromani rubavano gli averi dei sacerdoti e degli erodiani in vari modi- dato adi uomini pii, hasidim, popolari) era antico, ma in epoca giulio -claudia presenta una connotazione ben precisa distinta in due strategie diversificate, in relazione alle diverse strutturazioni della Ioudaea e alle predicazioni di sofisti (ermeneuti) e di santoni ( tipo Giovanni, Teuda, Banno) e a precisi momenti storici.
Nel I periodo post- Archelao (6 d.C- Pasqua 32) e nel II periodo (44-66) la costituzione della Ioudaea è diversa sul piano amministrativo e diversa è la riposta zelotica anche perché ci sono state tra le due costituzioni due fasi (in cui sono esistiti due Regni uno illegittimo, quello di Jehoshua ed uno legittimo, quello di Giulio Erode Agrippa ), interrotta la prima dall’imprese da Vitellio contro Artabano e dall’ascesa al potere di Gaio Caligola (o antekeimenos , la Bestia) e la seconda dalla morte improvvisa di Agrippa I .
Senza entrare in merito ai due Regni, per ora, si rilevano due diversi sistemi di guerriglia e due diverse predicazioni nei due periodi, ambedue, comunque, di matrice aramaica, la prima ramificata in tutto l’ex regno di Erode il grande, anzi più marcata in Galilea e Perea e nelle zone confinanti tra le due tetrarchie di Erode Antipa e quella di Filippo oltre che lungo il Giordano e in una zona franca tra l’amministrazione romana e quella nabatea, non lasciando immune neppure l’Idumea, la seconda più limitata alla Città santa e dintorni.
Il termine lestai e goetes(magi) sono negativi in un clima di euforia romana e di trionfo flavio: Giuseppe, storico ufficiale di corte tra il 74 e 94 d.c. , diventa il modello e per l’ebraismo ellenistico filoromano in genere, indicando un modo di comportarsi per avere rispetto tra i pagani e per riprendere respiro dopo la distruzione del Tempio, per gli evangelisti cristiani: per il primo diventa paradigmatico ai fini di una collaborazione proficua, ai secondi insegna il metodo dell’aggiunzione di termine e di ampliamento di significato, di adattamenti lessicali, insomma la tecnica di mistificazione al fine di una progressiva integrazione alla romanitas, secondo linea già chiara nella comunità di Antiochia e in alcune succursali occidentali ( le quali in modo diversificato si allineano in senso ellenistico-platonico secondo i principi di filantropia e soterismo e evergetismo applicati a Christos).
Giuseppe Flavio, utilizzato dai cristiani, come Filone, è rifiutato dagli aramaici che lo bollano come traditore, condannato d’altra parte dalla scuola di Iammia., ed è rimasto per secoli enigmatico per il giudaismo.
Le risultanze di questi lavori storici sui due periodi sono le seguenti, per come ho capito: nella Ioudaea di epoca augusteo-tiberiana (Giudea, Samaria e d Idumea) l’ellenizzazione procede a stento per l’insofferenza e la ribellione continua del ceto medio-basso sacerdotale, degli artigiani e del popolo minuto più o meno ierodoulos.
Questi , riprendendo la guerriglia di Giuda il gaulanita, essendo in contrasto con i romani e con la classe sacerdotale a seguito della apotimesis del pagamento, dopo il censimento (anagraphé) per la volontà popolare di mostrare di essere indipendente e di aver un solo padrone, insistono nella lotta partigiana in tutto l’ex regno di Erode il grande , creando focolai in punti strategici , insorgendo e facendo staseis, sconvolgendo il kosmos ellenistico con improvvisi attacchi ai milites romani e alla a proprietà sacerdotale interrompendo anche il traffico delle offerte non solo provenienti dalla regioni della diaspora, compresa nell’impero romano, ma anche in quelle della Partia.
Lo zelotismo di Giuda il gaulanita e dei seguaci tende a danneggiare l’amministrazione romano-erodiana ad impoverire il clero, screditando l’auctoritas dei tetrarchi, Erode Antipa e Filippo, e di Capitone governatore della fascia costiera, mentre vengono favoriti Areta ed Artabano, che, perciò, finanziano la guerriglia zelotica che, oltre tutto, rende precaria la comunicazione tra il tempio e gli ellenisti e gli stessi parti ,in modo da isolare i romani, impedendo il lavoro dei telones / pubblicani.
Compito specifico di questi sembra che sia la distruzione delle registrazioni e quindi degli archivi oltre che di lotta armata scoperta contro i sebasteni ( socii di origine samaritana) e contro le cohortes romane con i mezzi della guerriglia, divenuta più acre dal 26 in poi per la persecuzione di Seiano (23-31 d.C) il pretoriano, potente ministro tiberiano, che detta le regole a Pilato e a Flacco(governatore di Siria), che reagiscono, determinando una rivolta e forse favorendo, così, il malkuth ha shemaim.
In questo clima è posto il Regnum illegittimo di Jehoshua e,dopo la fine di questo, quello legittimo di Erode Agrippa , re di Iturea e zone limitrofe (37-41), di Perea e Galilea (39-41) e di tutta la Ioudaea riunita (41-44), che per ingraziarsi l’elemento popolare e pacificare, dopo l’amnistia, il suo popolo, autorizza, servendosi degli esseni, spaventati dalla morte del messia, da loro riconosciuto, e gratificati nella loro aspirazione ad un nuovo sacerdozio, opposto a quello sadduceo, un doppio sacerdozio con un doppio sistema levitico , con due pasque e due calendari differenti, creando un nuovo sistema, integrando nel culto templare anche gli esseni, fino ad allora separati.
La morte improvvisa di Erode Agrippa impedisce la verifica di tale sperimentazione in quanto i sadducei specie Anania e gli Anano prendono il sopravvento sull’elemento popolare che riprende le ostilità , guidato da un capo riconosciuto, Giacomo fratello di Gesù.
Il sistema dei sicari già precedentemente sperimentato, diventa pratica nel II periodo romano prefettizio della Ioudea : i sicari ( che sono sempre degli zeloti, che agiscono in Gerusalemme e dintorni ) uccidono i nemici ( il sommo sacerdote Gionata) distruggono i villaggi, dove predomina l’elemento sadduceo, durante le feste, creano caos tra i pellegrini, uccidendo a tradimento elementi loro ostili, fanno sequestri, si fanno pagare i rapimenti per ottenere la liberazione dei prigionieri , obbligano al pagamento i sacerdoti, costretti al negoziato perfino con i romani.
Non so se sono stato chiaro fino a questo punto, ma aggiungo che i lavori del professore sono dettagliati e diversificati in varie opere, in quanto si riferiscono a precisi momenti.
Tutto il lavoro su Giacomo (morto nel 62) è stato fatto perché al professore risulta che il fratello di Gesù, probabilmente fu eletto sacerdote (veste di lino) da Agrippa , anche se era di formazione essenica: la sua aramaicità indiscussa, sia per la pietà che per la giustizia, era per il re garanzia di fedeltà del popolo nei confronti suoi e della romanitas.: da qui il possibile accordo tra Agrippa I e Giacomo specie dopo la morte del presunto Messia (risorto).
Il re giudaico era garante della funzionalità del tempio per i romani e Giacomo garantiva al re, grazie anche alla autorizzazione essenica, il regolare funzionamento del tempio, data la sua integrità morale.
Egli doveva essere l’anima del movimento dei sicari in quanto uomo del tempio, opposto alle potenti famiglie sadducee, capace di organizzare, di punire di mantenere la legge secondo le formule più pure farisaiche, secondo la giustizia , ben collegato con la cultura mesopotamica ed adiabene , da cui ha protezione e denaro (cfr regina Elena, Izate e Monobazo, Asineo e Anileo) abile ad imporsi a giudei ellenisti e a romanizzati tipo Paolo di Tarso,allontanato dal tempio, condannato a morte a Listra , ucciso, se non liberato dai romani (cfr Sito. Vangelo di Giacomo e di Paolo).
La sua morte ad opera di Anano II, che approfitta dell’assenza di Albino, non ancora arrivato a Gerusalemme, dopo la morte di Festo, per ripristinare l’unico sistema sacerdotale sadduceo, rende ingovernabile il popolo, che ora va sempre più verso la propria rovina e la guerra antiromana
Mi auguro, Hard-Rain , che lei possa rivedere il suo giudizio, sotteso in un "simile calderone di gruppi religiosi e partiti giudaici del I secolo d.c."
Se fossi stato più bravo, avrei certamente potuto evidenziare meglio le problematiche e rilevare molte altre figure di goetes del sessantennio, studiato dal professore, come Giovanni il Battista (Cfr commento al XVIII libro di Antichità giudaiche ): spero solo di aver offerto un minimo di utile a chi effettivamente fa ricerca storica, senza fini.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 30/8/2008, 14:37     +1   -1




Ma se c'è quel passo del Bellum in cui Flavio parla di sikarios per dire che che rappresentavano una nuova forma di banditismo e ciò al tempo di Felice, non prima del 50. Anche il Talmud parla dei siqariqon all'opera al tempo della rivolta giudaica, cita Abba Siqra, sta in Gittin, il capo dei sicari. Ma si potrebbe citare persino il Nuovo Testamento (evidentemente non i vangeli). Persino il professor Eisenman conviene che di sicari si può parlare solo dopo il 50. E per "Esseni" cosa si vuole intendere? Il professore sa quante fonti parlano di "Esseni", alcuni si sposavano, altri non si sposavano, il calderone c'è eccome, non certo per colpa del professore, ma esiste oggettivamente perchè l'universo giudaico non è così facilmente schematizzabile. Io non credo a queste teorie unificatrici e onnicomprensive. Piuttosto, mi chiedevo, è possibile avere informazioni su quel "figlio del padre" di cui avevo chiesto?

Shalom.
 
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ciccino74
view post Posted on 30/8/2008, 15:47     +1   -1




Piuttosto, mi chiedevo, è possibile avere informazioni su quel "figlio del padre" di cui avevo chiesto?


Hard preciso che Filipponi parla di problemi complessi non risolvibili in
un forum e che risponde a Paolo per dimostarre solo che vi sono molte e
contrastanti opinioni su figlio del benedetto in greco e che quindi ancora
di più ce ne sono sulle possibili traduzioni in aramaico, su cui non entra
in merito, abituato a fare lunghi lavori specialistici su ogni termine e
ogni sintagma, prima di manifestare un personale parere.

Ora lei è stato pronto a rilevare solo una cosa di normale conoscenza che
Abbas è patronimico e che Abba ha valore spirituale come è evidente in
Abba,jit qaddash shemaK e in parti dei vangeli, specie se usato al
vocativo, avendo significato di Adonai (signore), di Shaddai (altissimo) ecc
come nomi usati per non nominare il nome di Dio
Poteva rilevare anche l'inesattezza di Bar rab(ba) e ancora di più di Bar
A.B.A o di altri di cui non ha fatto menzione(Barnasha ecc).

Al professore preme solo il modo di affrontare un lavoro sui termini ed in
un certo senso desidera far rilevare a Paolo che non è possibile
metodologicamente fare trasposizione da una lingua ad un' altra, in quanto
cambiando i termini cambiano i significanti e con essi i significati e i
referenti.
Il professore per anni ha cercato di educare mediante la lingua, convinto
che la comunicazione non passa se non c'è massima attenzione ad ogni termine
dell'enunciato: ognuno legge a seconda della sua cultura e della sua
competenza e sposta il campo dalla sua parte, credendo di aver compreso il
messaggio.

Per il lavoro di traduzione o di filologia, più grande è l'attenzione al
termine più sicura è la comprensione, che, comunque, non è completa perché
è necessario stabilire l'atto e la situazione in cui c'è stata la
semantizzazione.
Ora a Paolo il professore, mi sembra, che voglia suggerire una maggiore
attenzione al testo greco e ad eliminare equivoci e rimanere nell' ambito
di quella codificazione e semantizzazione, senza andare a valori
morali,ontologici , E di conseguenza aggiungendo quelle ipotesi aramaiche,
conscio delle implicite referenze siriaco-mesopotamiche, idumee ed egizie,
sa bene quante altre questioni sorgono, specie se non si è fissato il
cronotopo.
E' difficile spiegare perfino un solo termine
Il professore non crede nella comunicazione: da tempo è giunto alla afasia
scettica e all'epoché (sospensione del giudizio)

Questo messaggio vuole avere anche l'utilità di smorzare i toni: il blog, per quanto possa essere ritenuto utile strumento culturale, non deve diventare uno sterile palcoscenico dove gli attori agiscono da sapientoni o fanno a gara a chi sa di più (o almeno credono di sapere), altrimenti hanno ragione coloro che pensano che chi è fuori dalla ricerca accademica parla solo di aria "fritta", come si dice qui a Firenze.

andrea
 
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Hard-Rain
view post Posted on 30/8/2008, 16:17     +1   -1




CITAZIONE
Questo messaggio vuole avere anche l'utilità di smorzare i toni: il blog, per quanto possa essere ritenuto utile strumento culturale, non deve diventare uno sterile palcoscenico dove gli attori agiscono da sapientoni o fanno a gara a chi sa di più (o almeno credono di sapere), altrimenti hanno ragione coloro che pensano che chi è fuori dalla ricerca accademica parla solo di aria "fritta", come si dice qui a Firenze.

Non so a cosa alluda, la mia domanda è assolutamente slegata da quella di Paolo (immagino sia pcerini), io avevo proprio bisogno di una piccola consulenza su bar abba da un punto di vista tecnico, senza alcuna polemica. Se non è possibile mi rivolgerò altrove, non sussiste alcun problema. Dico questo perchè ho visto che il professore a un certo punto parlava di barabba = figlio del padre, io non ho questa interpretazione, mi interessava quel punto perchè ci ho lavorato sopra dei mesi con persone madrelingua aramaico ed ebraico, le quali si stupivano molto di una simile equazione, la mia non è una critica a quello che è stato risposto a pcerini. E' più chiaro, ora?

CITAZIONE
Il professore non crede nella comunicazione

Allora è inutile che io faccia delle domande... Mi perdonerà la battuta. Per stemperare. :D

Shalom.
 
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ciccino74
view post Posted on 1/9/2008, 13:33     +1   -1




Hard,

la comunicazione tra due individui è sempre equivoca, tanto più quando avviene attraverso il canale informatico-virtuale.

Mi sembrava che in molti messaggi inseriti ultimamente nel blog, vi fosse uno spirito critico-polemico, a partire dall'uso di termini come "calderone", al quale ha avuto più che un'esaustiva spiegazione da parte di Sadinoel. Se ho frainteso, mi scuso per la mia puntualizzazione che aveva lo scopo di rilassare la comunicazione, piuttosto che esacerbarla.
A breve, se riusciremo, inseriremo un approfondimento a quanto da lei osservato su Felice e i sicari; questo non certamente perchè agiamo ai fini di prevalere sull'altro ma vorremmo tentare di essere utili a chi ha preso a cuore lo studio del cristianesimo primitivo e lo affronta con serietà senza idee preconcette.

E' ovvio che non tutte le conclusioni di Filipponi sono dimostrabili scientificamente, almeno fino ad oggi, con gli attuali ritrovamenti archeologici, ma è una ipotesi da valutare attentamente, come tante sono le ipotesi fatte in passato sul Gesù storico, tanto più perchè sono, mi sembra, ben referenziate, in quanto si basano su analisi fatte in molti campi.

Riguardo alla questione su "barabba", se vorrà il professore risponderà. E' alle prese con la pubblicazione di "Caligola il Sublime".

saluti

andrea
 
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pcerini
view post Posted on 1/9/2008, 16:12     +1   -1




Si,mi interesserebbe sapere qualcosa di piu' sul processo di semantizazzione del termine greco da me citato in altro post,poi sono naturalmente interessato anche al termine aramaico barabba.

Tutto sommato,se arginiamo per un istante il valore ontologico del termine greco per vedere se e' possibile capire l'humus puramente linguistico,il come possa cioe' essersi formato piuttosto sul cosa volesse dire l'autore del testo greco,sarebbe piu' che una ottima impostazione.


 
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Hard-Rain
view post Posted on 1/9/2008, 16:12     +1   -1




Grazie. Non state a preoccuparvi delle mie richieste, se è possibile e non ruba molto tempo tanto meglio, altrimenti è lo stesso, siete stati anzi fin troppo gentili a rispondere sinora.

Saluti.
 
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sadinoel
view post Posted on 3/9/2008, 17:03     +1   -1




Hard ha certamente ragione quando riporta la notizia di Flavio (Guer. Giud. II,254) ” In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei cosiddetti sicari“ e quando afferma che il fenomeno sorge sotto Felice.
Non mi sembra, però, che possa escludere l’esistenza di tali banditi prima del 50, sulla base del riferimento al Talmud (che usa il termine, senza indicare esattamente i tempi) e di una affermazione di R.Eisenman (che, comunque, non ha auctoritas di storico).
Mi sembra che Filipponi abbia argomenti per dire che “Il sistema dei sicari già precedentemente sperimentato, diventa pratica nel II periodo romano prefettizio della Ioudea”.
Egli infatti - da quanto deduco dalle letture comparate di Giudaismo romano, di Scetticismo e tecnicismo in epoca tiberiana , e degli ultimi tre libri di Antichità Giudaiche,- parlando di Felice, fratello minore di Pallante - (seguendo nella datazione Tacito e non Flavio) evidenzia che il liberto era presente in terra giudaica già con Cumano (48-52) e forse, anche precedentemente, con Fado(44-46 d.C.) e con Tiberio Alessandro (46-48 d.C.) ed aveva funzioni di epimeletes in Samaria, carica avuta forse da Erode Agrippa, all’atto della sua elezione a re di tutta la Ioudaea nel 41.
Il professore ritiene possibile tale presenza in Samaria , dati i rapporti tra Pallante ed Agrippa alla morte di Caligola, considerati il ruolo del giudeo nella elezione di Claudio e la perizia di Felice nell’amministrazione del patrimonio di Antonia, di cui è gestore generale(epitrepeusanta) l’alabarca Lisimaco Alessandro, etnarca alessandrino, fratello di Filone e padre di Tiberio Alessandro(Ant. Giud,XIX 277).
Tacito (Annales XII,54 ) dopo aver lodato la parsimonia di Pallante degna degli antichi e rilevato una non pari “moderatio” del fratello, dice : atque interim Felix intempestivis remediis delicta accendebat , aemulo ad deterrima Vendidio Cumano, cui pars provinciae habebatur, ita divisis , ut huic galilaeorum natio, Felici samaritae parerent, discordes olim et tum contemptu regentium minus coercitis odiis …
Lo storico latino mostra il modo di comportarsi delle popolazioni galilaiche e samaritane, che si depredavano a vicenda lanciandosi l’una contro l’altra squadre di ladroni (latrones), tendendosi imboscate e talvolta sfidandosi a battaglia, da cui traevano spoglie e bottino, che portavano ai procuratores, i quali inizialmente se ne rallegravano e poi, allarmati, intervennero pesantemente perché il fenomeno dilagava.
Il quadro, fatto da Tacito è riprodotto da Flavio in Ant. Giud. XX, 160-181 e sembra che la situazione sia identica non solo sotto Felice, ma anche sotto Festo ed Albino, prima e dopo la morte di Giacomo fratello di Gesù: i romani facevano scannare tra loro sia i Samaritani e i Galilei che il popolo e i sacerdoti gerosolomitani, prima di intervenire, data anche la strana costituzione assegnata alla Ioudaea., che aveva un solo popolo effettivamente romanizzato, dall’epoca di Erode il grande, quello samaritano (che, comunque, dovette avere una flessione antiromana in epoca di Gesù Cristo) e la classe alta sacerdotale, ellenizzata, filoromana da decenni, congiunta con gli erodiani a Gerusalemme.
Forse così non risulto chiaro: occorre fare precisazioni sulla costituzione data dai Romani alla regione.
Sembra che Claudio, pur propendendo per lo stato monarchico a favore del figlio di Erode Agrippa I, allora diciassettenne, seguì il consiglio della cohors di amici e suddivise il regnum unitario nella provincia di Ioudaea ,di nuovo assegnata ad un prefetto, più ampia rispetto a quella del dopo Archelao, in quanto comprendeva oltre a Giudea, Idumea e Samaria anche la Galilea e la Perea ed altre parti non precisate di Auranitide di Batanea, di Traconitide e Gaulanitide, suddivise in modo incerto tra Varo (personaggio non ben precisato) e l’amministrazione diretta proconsulare di Siria, decidendo di tenere presso di sé il giovane Agrippa II, destinato, comunque, alla successione (Ant.Giud., XIX,354 ),
Claudio aveva dato, inoltre, potere al fratello di Agrippa I, Erode, eleggendolo re di Calcide e gli aveva dato auctoritas sul tempio (elezione di Anania figlio Nebedeo, al posto di Giuseppe di Camei), seguendo le indicazioni di Vitellio, ora prezioso consigliere per gli affari orientali e forse aveva lasciato Felice in Samaria, dopo aver costituito di nuovo la sottoprovincia di Ioudaea, sotto la prefettura di Cuspio Fado, anche se erano iniziate le ostilità tra i samaritani filoromani e i galilei antiromani (congiunti con le popolazioni ituraiche, gaulanite, auranite, traconite e peraiche , sobillati dai confratelli partici e finanziati dai figli di Artabano e da Izate da una parte e dai re nabatei da un’altra ), complicate anche dalla presenza di un santone (episodio di Teuda, Ant.giud. XX,97-98.).
Le lotte tra samaritani e galilei erano continuate, se sotto Tiberio Alessandro, la situazione era peggiorata, anche per la carestia: il figlio apostata di Alessandro Lisimaco fece crocifiggere dopo un processo, i figli di Giuda il Gaulanita , Giacomo e Simone , che dovevano essere capi zeloti, stanziati in alta Galilea o in Gaulanitide.
Nel 49 la Ioudaea ebbe, alla morte di Erode sovrano di Calcide, una modifica per cui si può pensare che Felice fu riconfermato epimeletes di Samaria mentre Agrippa II aveva il regno di suo zio ed Ventidio Cumano era già prefetto.
Non so se il riassunto del pensiero del professore è da me ben reso, ma penso di aver dato un’idea della difficile situazione del 49 nella provincia di Giudea, anche se Flavio in Guerra Giudaica fa una affermazione ( II,220 “ Fado e Tiberio Alessandro si astennero dall’interferire negli usi nazionali e mantennero il paese in pace”) contraddetta poi in Antichità Giudaiche.
La situazione, dunque, difficile, in quel anno, degenerò, specie in Gerusalemme, per la presenza di bande armate costituitesi al soldo dei sacerdoti, del popolo e degli erodiani ( Custobar e Saul) durante la Pasqua, se Cumano predispose temendo un tumulto, centurie in difesa dei portici del tempio, apparentemente seguendo la consueta prassi: l’episodio del gesto osceno di Celere (Ant.Giud., XX,106-122 e Guer.Giud., II,223-247) fu così offensivo per il popolo da determinare scontri con le truppe romane, che fecero una strage (20 mila in Ant Giud; 30 mila in Guerra Giudaica).
Il professore ritiene che tra i morti ci furono, oltre a comuni popolani e zeloti e sicari; i secondi si erano costituiti come gruppo eversivo in Gerusalemme ed erano populares, che dovevano aver fatto prove subito dopo la morte di Agrippa , e poi in epoca di Fado e di Tiberio Alessandro, confondendosi ancora con i primi. Essi si manifestarono durante la Pasqua del 49, anche se palesemente sono riconoscibili nell’episodio, avvenuto sulla strada di Bethoron, tra Cesarea e Gerusalemme, con l’imboscata a Stefano, un servo dell’imperatore, depredato del bagaglio, che determina un sistematico rastrellamento dei villaggi messi a fuoco dai soldati.
In questa occasione viene bruciata da un soldato la copia della legge di Mosé (Guer.Giud. II ,228-230) da cui prende inizio una serie di processi, a seguito anche degli scontri di Ginae (Ant. Giud XX,118) dopo l’intervento di Ummidio Quadrato, governatore di Siria , che punì indistintamente i ribelli.
Il processo di Cesarea era richiesto dai popolari riunitisi, venuti per uccidere il soldato reo dell’oltraggio alla torah, ma era voluto anche dai sadducei, che precedentemente in Gerusalemme avevano tentato di impedire alla massa gerosolomitana di seguire Eleazar di Dineo e Alessandro
per vendicare la morte del Galileo, ucciso nello scontro tra samaritani e galilei, in quanto sicuri della reazione feroce dei romani, specie dopo lo sterminio dei banditi.
Ma c’erano anche i samaritani che si lamentavano per i fenomeni di banditismo contro di loro e che poi si trasferirono a Tiro, dove si era spostato Quadrato, per accusare i giudei, ma non ottennero niente.
Poi, quando Quadrato, poco dopo passò per Samaria, i samaritani di nuovo ripeterono le accuse, il governatore di Siria accertò che la responsabilità dei disordini era non solo dei samaritani ma anche di alcuni giudei e dello stesso Cumano.
E nel processo successivo di Lidda , infatti, condannò oltre a Doeto , quattro rivoluzionari che avevano istigato alla rivolta e poi mise in prigione il sommo sacerdote Anania, il capitano del tempio Anano, e i loro seguaci e li mandò a Roma a rendere conto delle loro azioni a Cesare e contemporaneamente ordinò che i capi dei samaritani e dei Giudei, il procuratore Cumano e il tribuno militare Celere partissero per l’Italia per essere processati di fronte alla corte imperiale.
Nel 52 la Pasqua fu serena e Quadrato tornò ad Antiochia, mentre Felice, favorito anche dal sinedrio, ebbe ratificato il governo di tutta la regione, essendo stato ben protetto in tribunale dal governatore di Siria- che aveva scoraggiato gli accusatori -(Tacito. Annales,XII,54,4): a Roma ci fu il processo tra Samaritani e Giudei.
Questi ultimi, nonostante le brighe dei primi, vinsero la causa alla presenza di Agrippa II, favoriti da Agrippina moglie di Claudio: tre notabili furono condannati a morte; Cumano fu mandato in esilio e Celere, riportato a Gerusalemme fu consegnato ai giudei che, dopo averlo fu schernito, lo uccisero.
Tutto il periodo di governo di Felice è stato trattato scrupolosamente da Filipponi che ha curato in special modo l’inizio del mandato: viene dapprima, mostrata la potenza del governatore, forte della protezione del fratello Pallante a corte (un principe arcade, liberto di Antonia minor - Flavio Ant. Giud. XVIII,6-, divenuto potentissimo sotto Claudio -aveva un patrimonio di 300.000000 di sesterzi Tacito, Annales, XII,53-, che aveva fatto una proposta de poena feminarum quae servis coniungerentur.) , poi viene evidenziato il patto di alleanza tra l’ex epimeletes di Samaria e i sommi sacerdoti, specie Gionata (uomo che aveva fortemente voluta la sua elezione a procuratore e che aveva brigato per ottenerla) ed Anania (47-59), dopo uno studio sui suoi rapporti con i popolari e con gli stessi sicari.
L’esame dei dodici anni di governatorato effettivi in un territorio non ben delimitato e governato in modo misto (perché soggetto a nord, e a nord-est ad Agrippa II , che aveva avuto ampliamenti e da Claudio e da Nerone) è stato condotto in vari modi e su diverse direzioni.
Comunque mi sembra che, in questa complessa operazione di ricostruzione storica, il professore abbia curato i particolari per cercare di capire, al di là del sistema governativo romano, il ruolo di Giacomo e di Paolo nei confronti sia dei pontefici sadducei che dell’amministrazione romana, teso a rilevare la funzione sacerdotale del fratello di Cristo, come capo popolare, nel convulso clima della procura di Felice, chiaro dalla lettura sinottica di Atti degli apostoli(21-26) di Guerra giudaica (II, 223-270) di Antichità giudaiche ( XX,137-203).
La procura è stata studiata a temi: il matrimonio di Felice e Drusilla ( sorella di Agrippa II sposa a 14 anni di Azizo di Emesa e poi compagna e terza moglie del governatore romano); i rapporti tra Felice ed Agrippa II , i compromessi tra Felice e i sommi sacerdoti , compreso Giacomo;la prigionia di Paolo a Cesarea sotto Felice; la politica di Felice, interna( specie dopo che il principe giudaico ha l’amministrazione del lago di Tiberiade, a lui tolta a seguito della concessione neroniana di Tarichea, Tiberiade e Giuliade e villaggi limitrofi a favore dell’erodiano) ed estera (in relazione anche ai parti e ai nabatei).
La valutazione finale sulla procura di Felice non è difforme dal giudizio positivo di Tacito
( ibidem, Quies provinciae reddita) e di Tertullo in Atti degli Apostoli(24,2-3 “per merito tuo noi abbiamo conseguito una pace profonda, grazie alla tua previdenza sono state operate delle riforme in ogni campo e in tutti i posti a favore di questa nazione e noi le riconosciamo, o eccellentissimo Felice, con somma gratitudine”).
Al di là dei toni da panegirico, leggendo la storia dall’angolazione filoromana, sacerdotale, nonostante l’uccisione di Anania ordinata ai sicari, il professore ritiene che il prefetto assicuri il buon funzionamento della provincia, pacificandola con la forza, risultando previdente ed oculato nelle imprese, barcamenandosi astutamente tra gli schieramenti contrapposti.
La prefettura di Felice, nonostante il giudizio di Flavio, diventa espressione di un “giusto” governo, di un burocrate claudiano-neroniano, abituato di norma a favorire la classe dominante e a reprimere l’elemento popolare, abile a conseguire l’utile per l’impero e il vantaggio personale, capace di sfruttare ogni situazione e di contrapporre tra loro gli oppositori dell’impero (popoli e classi sociali), approfittando anche della ambiguità sacerdotale sadducea, del doppio sacerdozio gerosolomitano, delle rivalità esistenti tra sadducei e farisei, specie dottrinali (resurrezione dai morti ): merito di Felice, inoltre, è quello di saper gestire la complicata vicenda di un giudeo cristiano tipo Paolo, uomo di menzogna, che scindeva perfino l’unità del malkut ha shemaim di Giacomo, testimone rigido della torah, un giusto che si opponeva alla pratica ellenistica e alle novità contrarie alla legge (accettazione libera di pagani senza circoncisione, modifiche alimentari ed altre).
Giuseppe Flavio, infatti, dà della procura di Felice una lettura del tutto diversa, come inizio della fine : i tanti omicidi impuniti per lui sono segno di una mancata giustizia e quasi di una autorizzazione a seguitare nelle malefatte ad uomini che, armati, vanno nel santuario stesso e che quindi possono commettere eccidi sia dentro che fuori .Egli vede già la fine del tempio e conclude:”Dio disgustato della loro empietà volse le spalle alla nostra città perché giudicò il tempio non più un puro suo domicilio e perciò condusse i romani contro di noi, purificando la città col fuoco e condannando alla schiavitù noi, le mogli, i figli”( Ant,giud.XX,166).
Il professore, infine, entro la stessa ricerca su Felice, ha dedicato un lavoro specifico al sorgere delle bande urbane in Gerusalemme: quelle sorte grazie al finanziamento dei sommi sacerdoti (Anania in particolare , ricco, superbo, avido, violento, ma che Ismaele di Fabi) che insicuri, data la rapacità dei governatori romani si proteggevano sborsando di tasca propria ; quelle nate spontaneamente dai popolari insofferenti e dei romani e dei sommi sacerdoti che non dividevano più le decime con i leviti; quelle finanziate e guidate da Erodiani, che cooperavano con i sacerdoti contro le classi inferiori: ai romani non interessava se la vita nella città, quotidiniamente era impossibile e che il tempio stesso fosse profanato da uccisioni, data la complicità dello strategos, uomo nominato dai sacerdoti come il tamias, ben collegato con le cohortes: la relazione di Claudio Lisia a Felice nell’episodio di Paolo, confuso con l’egiziano (che doveva da poco essersi sottratto ai romani Ant. Giud., XX,167-172) sottende uno stato di guerriglia, costante in città, ma rivela che per le feste l’ordine è assicurato.
All’imperatore interessava la forma regolare delle festività che dovevano essere garantite e gestite pacificamente in quanto erano un affare economico: le autorità si accordavano per quei giorni e stabilivano una tregua e così i fedeli, provenienti dall’ ecumene romano e partico trovavano un clima di pacificazione generale, sorvegliata dalle armi romane.
Forse sarò stato inesatto in qualche punto, ma sostanzialmente ritengo che questo sia il pensiero del professore, il quale rileva, tra l’altro, le “combinazioni” tra potere politico, religioso e finanziario, tra Roma, Gerusalemme ed Alessandria (tra l’imperatore, la classe sacerdotale e la finanza oniade) impegnate a conseguire il massimo profitto disinteressata alla massa popolare, paria nella sua stessa terra.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 4/9/2008, 07:20     +1   -1




Mi leggo con cura quanto sopra.

CITAZIONE
R.Eisenman (che, comunque, non ha auctoritas di storico).

Robert Eisenman, è pur sempre un professore universitario americano, traduttore dei manoscritti di Qumran, io per primo non condivido molto di quello che afferma Eisenman però non si può affermare che sia uno sprovveduto.

Inoltre il motivo per cui ho citato Eisenman è che è uno di quelli che sarebbe molto contento se si potesse identificare Giuda Iscariota con un sikarios (uso il termine greco secondo G. Flavio) a motivo delle teorie storiche da lui proposte su Qumran. Quindi, dal suo punto di vista, più i sicari si possono ricollegare a quel periodo e anche prima e meglio è, non so se mi spiego.

CITAZIONE
Non mi sembra, però, che possa escludere l’esistenza di tali banditi prima del 50, sulla base del riferimento al Talmud (che usa il termine, senza indicare esattamente i tempi)

Mi scusi ma nessun passo del Talmud colloca i sicari prima del 50 e neppure il Nuovo Testamento. Gittin 56a parla di Yochanan ben Zakkai, di Abba Sikra suo parente e dei barionim in contesto comunque legato alla guerra del 66-74, il passo ha problemi storici, lo riconosco, ma è chiaramente collocato al tempo della rivolta e non prima. I sikarikon, poi, nel Talmud hanno anche un significato del tutto diverso.

Cfr, https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Barabba.pdf

Ho letto il resto. Io sono d'accordo che i sicari operino dall'inizio degli anni '50 in poi. Oltre a quel passo che avevo riportato di Giuseoppe Flavio tratto dal Bellum Iudaicum, si potrebbero poi citare altri passi del medesimo che collocano i primi assassinii e rapimenti dei sicari a non prima di quel periodo.

Quello che sostenevo è che secondo me la fazione dei sicari propriamente detti non esisteva per esempio negli anni '30, magari esistevano altri gruppi terroristici con altri nomi (Galilei, ecc...) ma non i sicari propriamente detti. Per questo l'appellativo Iscariota a mio modestissimo avviso: (i) non significa sicario; oppure (in alternativa): (ii) risente di una cultura posteriore agli anni '30 e a Gesù e, dunque, non è storicamente attendibile.

Saluti e grazie.

Edited by Hard-Rain - 4/9/2008, 11:27
 
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