Studi sul Cristianesimo Primitivo

Le conseguenze della maldestra collocazione degli eventi attestati nel Testimonium

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G. Tranfo
view post Posted on 27/12/2007, 13:41     +1   -1




Non intendo riproporre i molteplici aspetti già affrontati in altre discussioni in tema di Testimonium, ma soltanto richiamare l'attenzione su ciò che consegue (sul piano strettamente cronologico) alla collocazione del passo in Ant. Giud. XVIII:63, 64.
A parte la mancanza di un antefatto e di una conclusione, il racconto appare all’improvviso tra la narrazione di due episodi con i quali non ha alcuna connessione logica o espositiva: la sottrazione da parte di Pilato del denaro del sacro tesoro per la costruzione di un acquedotto, le “azioni scandalose” poste in essere a Roma dai seguaci di Iside e le vicende amorose di una tal “signora Paolina” (vicende sulle quali Giuseppe si intrattiene a lungo, dopo aver "liquidato" colui che "era il Cristo" in poche righe composte, nella traduzione italiana in mio possesso, da 111 parole!).
Le parole che seguono al Testimonium : “nello stesso periodo”, introducono, appunto, la narrazione dei fatti scandalosi connessi al tempio di Iside a Roma e della… fiction che vide protagonista la riottosa Paolina.
Ora, se per il tumulto del denaro del tempio non abbiamo riferimenti cronologicamente certi, per la storiella della signora Paolina, avvenuta “contemporaneamente” alla vicenda del tempio di Iside, siamo più fortunati.
Sappiamo, infatti, che entrambi gli episodi provocarono le ire di Tiberio, il quale fece redigere un elenco di quattromila giudei della comunità romana che furono spediti in sardegna e senza “biglietto di ritorno” a combattere il brigantaggio.
Grazie a Tacito sappiamo anche che ciò avvenne mentre correva l’anno di grazia 19 d.c.
Non è straordinario scoprire che Gesù Cristo è vissuto, morto e risorto “nello stesso periodo” in cui avvenne tutto questo e quindi… verso il 19 d.c.?

Prendendo a riferimento la data di nascita di Gesù riferita da Luca (censimento, quindi 6 d.c.) e mettendola in relazione con la sua vita e addirittura la sua morte avvenuta “nello stesso periodo” della cacciata dei giudei da Roma (19 d.c.), non possiamo, infatti, che giungere ad una conclusione sorprendente: Gesù Cristo fu crocifisso alla tenera età di 13 anni!
Non è tutto: dire “nello stesso tempo” a proposito di fatti accaduti nel 19 d.c. e riferendosi al Testimonium ed a Gesù, significa prendere una cantonata madornale anche con Pilato, visto che si sta parlando degli anni del suo incarico che, com’è noto, si svolse dal 26 al 36 d.c. e che nel 19 d.c. era ancora in carica Valerio Grato!
Il sospetto (molto forte) è che con i paragrafi delle Antichità Giudaiche qualcuno, dopo aver corretto, integrato o cassato intere parti, abbia sezionato le rimanenti cercando di spostare più avanti tutti gli eventi collegati alle agitazioni messianiche.
Tuttavia, come succede nel gioco del quindici, dietro alle tessere spostate in una certa direzione si crea un vuoto da riempire con altre più arretrate, che possono a quel punto avanzare.
Nel caso in esame, considerando, oltre allo spostamento di alcune parti, lo stralcio più che sicuro di intere altre (dove io credo che si narrasse della vera vicenda di Giovanni il nazareno), più che un vuoto si creò una voragine nella quale vennero a cadere intere narrazioni originariamente riferite agli anni della precedente prefettura.

N.B. molte parti di questa mia sono tratte da "La Croce di Spine" di prossima pubblicazione e si intendono, quindi, vincolate da copyright.

Mi piacerebbe moltissimo leggere pareri contrari, anche perchè qualcosa potrebbe sempre essermi sfuggito...

Di nuovo buone feste e felicità a tutti.

Giancarlo Tranfo
 
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Hard-Rain
view post Posted on 27/12/2007, 15:00     +1   -1




Ciao Giancarlo. Faccio, allora, un po' di contraddittorio.

CITAZIONE
il racconto appare all’improvviso tra la narrazione di due episodi con i quali non ha alcuna connessione logica o espositiva

Non sono convinto in pieno di questo. Sebbene il testimonium flavianum sia stato interpolato e presenti Gesù in termini troppo positivi, esso resta comunque il racconto di un episodio fortemente negativo. Una persona che Giuseppe Flavio non considera negativamente ma che aveva delle qualità (un po' come Giovanni Battista) viene giustiziato e condannato a morte. La perdita di un uomo saggio è comunque un fatto negativo.

Ora, il fatto che precede è appunto sostanzialmente negativo, si conclude con molti Giudei che muoiono a causa dell'ordine di Pilato di colpire i tumultuanti (Ant. 18.62). Segue il testimonium flavianum, dove un uomo che Giuseppe considera "saggio" viene condannato alla crocifissione, la pena più infamante e vergognosa del tempo. Dopo questo, abbiamo nuovamente altri fatti negativi: i sacerdoti del tempio di Iside finiscono crocifissi (come Gesù di cui aveva parlato prima!), alcuni ebrei privi di scrupolo provocano le ire dell'imperatore che espelle i Giudei in Sardegna. Quindi, dulcis in fundo, si ritorna a parlare della Giudea con l'azione ignominiosa che costerà la carriera di Pilato: il massacro dei Samaritani. Vedendo sostanzialmente nel testimonium flavianum il fatto - scandaloso - di una persona fondamentalmente positiva che viene condannata a morte ingiustamente (Giuseppe non porta alcun capo di imputazione) a mio avviso non è così avventato inserirlo in mezzo ad altri fatti negativi.

E' interessante notare che subito dopo il testimonium, Giuseppe scrive:

CITAZIONE
Libro XVIII:65 - 4. Nello stesso periodo un altro orribile evento gettò lo scompiglio tra i Giudei e contemporaneamente avvennero azioni di natura scandalosa in connessione al tempio di Iside in Roma. Prima farò parola dell’eccesso dei seguaci di Iside, tornerò poi in seguito alle cose avvenute ai Giudei.

Alcune traduzioni, a mio avviso sbagliate (mi pare che segua queste traduzioni proprio Cascioli) parlano di evento "doloroso" invece che di evento orribile.

L'evento orribile che gettò lo scompiglio tra i Giudei in realtà è il secondo, quello del raggiro da parte di alcuni ebrei che provocherà l'espulsione dei Giudei in Sardegna. Bisogna qui chiarire cosa significhino veramente quello che in italiano è tradotto come "gettò lo scompiglio" e "evento orribile". In italiano potrebbe sembrare che Giuseppe dica: provocò dei tumulti. In realtà pare che nè nel caso di Paolina e Decio Mundo, nè nel caso dell'espulsione in Sardegna si siano mai verificati dei tumulti, con i Giudei che si ribellano o protestano in massa. A tale proposito, avevo notato:

CITAZIONE
Il testo greco di Giuseppe Flavio recita infatti kaˆ ØpÕ toÝj aÙtoÝj crÒnouj ›teron ti deinÕn ™qorÚbei toÝj 'Iouda…ouj (cfr. Ant., 18.3.4 o 18.65 secondo un'altra numerazione dei paragrafi) ma ti deinÕn dovrebbe essere tradotto con un fatto terribile, spaventoso, orribile e non certo con un fatto doloroso. Il vocabolario del greco antico di R. Romizi, Zanichelli, Bologna, seconda edizione, 2005, non riporta neppure come possibile opzione la traduzione dell'aggettivo deinÕj con "doloroso". Giuseppe utilizza deinÒj, che viene usualmente tradotto con terribile, ad esempio in Ant. 18:277, 18:310, 19:78, per limitare le citazioni alle sezioni testualmente vicine al testimonium. Lo stesso vocabolario attesta che in greco è diffuso l'utilizzo del neutro sostantivato tÕ deinÒn, che va tradotto con cosa terribile, disgrazia. Se ti deinÕn significasse esattamente fatto doloroso, che suscita dolore o tristezza, allora risulterebbe forse più semplice ipotizzare che Giuseppe Flavio intendesse ricollegarsi all'incidente dell'acquedotto, nel quale morirono molti ebrei in seguito ad un ordine di Pilato, episodio raccontato dopo la truffa dei quattro ebrei romani: sarebbe infatti naturale e del tutto comprensibile che Giuseppe considerasse l'episodio dell'acquedotto come doloroso e triste, in quanto egli è pur sempre un ebreo che scrive della morte di suoi connazionali. La punizione inflitta da Pilato a quei Giudei, inoltre, era ingiusta in quanto le autorità avevano effettivamente violato le leggi del Tempio prelevando somme di denaro dal suo tesoro e la protesta dei Giudei aveva delle motivazioni religiose ben precise. Ma in Ant., 18:65 Giuseppe intende invece riferirsi piuttosto ad un fatto orribile, spaventoso e terribile più che "doloroso", termine italiano che in greco potrebbe essere reso con l'aggettivo ÑdÚnhj. L'episodio immediatamente successivo al testimonium si conclude con la crocifissione dei sacerdoti del tempio di Iside, una punizione orribile e spaventosa, proprio come quella stessa punizione a cui venne condannato Gesù Cristo nel brano immediatamente precedente. Essa non è un fatto doloroso, che suscita tristezza, i sacerdoti di Iside sono stati puniti giustamente per aver commesso un grave reato, tuttavia la punizione è certo orribile e infamante, sebbene sia stata inflitta loro giustamente (cfr. Ant., 18:79-80). Il verbo qorubšw utilizzato in Ant. 18:65 non significa poi provocare una rivolta ma far rumore o clamore, turbare, sconvolgere, sconcertare: infatti nei due episodi successivi al testimonium flavianum e nel testimonium stesso non si descrive nessuna rivolta o protesta veemente dei Giudei, al contrario dell'episodio raccontato in Ant. 18:60-62 in cui i Giudei "si raccolsero insieme in molte migliaia" contro Pilato, provocando una "sommossa". Nei primi due episodi riguardanti Pilato inseriti prima del testimonium è il governatore romano a turbare l'opinione pubblica ebraica o una parte di essa, a causa del suo discutibile operato. In entrambi i casi i Giudei si raccolgono in massa per protestare contro il governatore che, nel secondo caso, reagisce con violenza. Nel caso del testimonium e dei due episodi successivi, in particolare l'ultimo (il racconto della distruzione del tempio di Iside esula un po' dal contesto ed è fuorviante) sono invece quattro mascalzoni ebrei a scandalizzare l'opinione pubblica romana e probabilmente anche l'opinione pubblica ebraica che risiedeva in Giudea, oltre che tutti gli ebrei romani. Questo fatto, secondo Giuseppe, provocherà il confino degli ebrei romani in Sardegna. Ma sia nel caso di Gesù, nel cosiddetto testimonium flavianum, che nel caso dell'espulsione in Sardegna dei Giudei romani Giuseppe non racconta di alcuna rivolta o sedizione, i Giudei accettano passivamente lo svolgersi degli eventi pur rimanendo turbati e scandalizzati da quelle vicende.

(https://digilander.libero.it/Hard_Rain/storia/Testimonium.htm)

A mio avviso il racconto veramente estraneo al contesto più che il Testimonium è quello di Decio Mundo e Paolina. Anche ipotizzando che il testimonium non fosse originariamente presente, perchè inserirlo nelle Antichità Giudaiche dato che non riguarda minimamente i Giudei? Decio Mundo e Paolina non erano ebrei, Paolina discndeva da un nobile romano (Ant. 18.66), Decio Mundo era apparteneva all'ordine equestre (Ant. 18.67), i sacerdoti di Iside neppure erano ebrei, il fatto si verificò a Roma e non in Palestina. Dunque che c'entra con Antichità Giudaiche?

La mia impressione è che l'episodio di Decio Mundo e Paolina sia stato messo lì come prodromo di quel che sarebbe successo dopo. Cioè a Roma ci fu un periodo di vari scandali religiosi, probabilmente quando si verificò quello degli ebrei che raggirarono Fulvia, Tiberio era già esasperato dal fatto che era successo qualche anno prima. Le religioni straniere, in quel tempo, stavano esasperando i romani perchè da esse provenivano truffe e raggiri. Diversamente faccio fatica a capire perchè sia stato riportato in Antichita Giudaiche, indipendentemente dall'autenticità del testimonium flavianum.

Sulla datazione dell'episodio di Decio Mundo e Paolina mi riservo di controllare il testo di Tacito che al momento non ho a portata di mano. Qual è il passaggio? Nelle Historiae non l'ho trovato. Comunque in Giuseppe la frase "nello stesso periodo" è alquanto vaga, infatti Giuseppe usa chronous. Chronous è l'accusativo plurale di chronos, tempo. Quindi si dovrebbe dire, grosso modo: "A quei tempi", una formula alquanto generica e vaga. Tra l'altro in greco chronos ha un senso assai più ampio che in italiano, potendo denotare un intervallo di tempo sia breve che molto lungo. Forse starebbe meglio tradotto come "A quell'epoca".

La narrazione di Giuseppe Flavio non è cronologica, spesso infatti utilizza la tecnica del flash-back per meglio raccontare le cause che portarono a determinati eventi storici. Ne abbiamo un esempio lampante proprio nel racconto della guerra tra Areta e Erode Antipa, poco dopo questi passaggi che ci hai citato, Giancarlo. Mi spiego subito: Giuseppe finisce di raccontare come finì il mandato di Pilato con l'episodio dei samaritani, dopodichè afferma che Vitellio destituì Pilato e gli ordinò di tornare a Roma. Debbo ritenere che Pilato non indugiò parecchi anni in Giudea prima di mettersi in viaggio, dato che aveva ricevuto un ordine da parte di un suo diretto superiore, il legato della Siria Vitellio. Nello stesso passaggio Giuseppe dice che quando Pilato arrivò a Roma trovò Tiberio che era già morto. A questo punto Giuseppe passa a parlare di tante altre vicende, utilizza diverse volte parole come "Intanto", "Ora", "Nello stesso tempo", ecc... per introdurre le varie unità narrative, ma molte delle cose che racconta presuppongono che Tiberio sia ancora in vita! Che cosa ne debbo dedurre? Che è semplicemente tornato indietro nel tempo per raccontare altre cose e che la formula "Nello stesso tempo", la usa per esempio quando racconta la fine del regno di Filippo (34 d.C.), lasciano il tempo che trovano e difatti questo è perfettamente ammissibile nel contesto della lingua greca, dove come dicevo chronos ha un significato molto più ampio che non in italiano. Sai dove ritorna a parlare del "tempo" (in italiano...) che si ricollega alla fine che fece Pilato? Dopo la sconfitta di Erode Antipa per opera dell'esercito di Areta, dopo il racconto di Artabano, dopo la descrizione della morte di Battista, a Gerusalemme quando Vitellio, giunto per aiutare l'Antipa, apprende che Tiberio è morto. Ma quante cose ci ha raccontato tra la fine di Pilato e quel giorno in cui Vitellio è a Gerusalemme e apprende che l'imperatore è morto? Tantissime vicende storiche diverse, per le quali è dovuto ritornare più volte indietro nel tempo di anni. Lo stesso episodio dela morte del Battista non si sa di preciso quando si sia verificato, J. Gnilka propone addirittura la fine degli anni '20 sulla base del racconto di Giuseppe Flavio.

Saluti.

Edited by Hard-Rain - 27/12/2007, 15:25
 
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G. Tranfo
view post Posted on 27/12/2007, 16:36     +1   -1




CITAZIONE
Non sono convinto in pieno di questo. Sebbene il testimonium flavianum sia stato interpolato e presenti Gesù in termini troppo positivi, esso resta comunque il racconto di un episodio fortemente negativo. Una persona che Giuseppe Flavio non considera negativamente ma che aveva delle qualità (un po' come Giovanni Battista) viene giustiziato e condannato a morte. La perdita di un uomo saggio è comunque un fatto negativo

di nuovo ciao Gianluigi,
intanto bisogna "accordarsi sui termini": a quale versione del Testimonium ti riferisci?
Credo che tu ti riferisca a quella siriana ripresa da Agapio, perchè se invece hai in mente quella, per così dire, ufficiale, non mi sembra che si possa dire che in essa siano attestate delle semplici "qualità", quanto piuttosto la vera e propria "messianicità" di Cristo.
Se, dunque, il riferimento è alla versione ex Agapio, devo dirti che in essa dal mio punto di vista (per carità, criticabilissimo) non c'è molta più attendibilità che nell'altra, anzi, io ho sempre pensato ad essa come ad una "correzione di tiro" di provenienza cristiana effettuata per inseguire la credibilità persa con le esagerazioni della versione nota.
L'espressione che più mi insospettisce è "era probabilmente il Cristo".
Lo sai che mi piace fare le battute anche se sto facendo un discorso serio: questo "probabilmente" somiglia ai "50 giorni da orsacchiotto" suggeriti credo da Lello Arena in un film di Troisi (non ricordo quale) come possibile via di mezzo tra "un giorno da leone" e "100 da pecora".
O l'"uomo saggio" era "il Cristo" o non lo era, come può essere plausibile che uno storico come Giuseppe abbia scritto qualcosa come "boh... forse si... forse no... mi sa che era il Cristo"!
Comunque, al di là del riferimento ad una versione o all'altra, non mi sembra che entrambe esprimano quella carica di orrore che ben si accorderebbe con quello dichiarato (e da te rimarcato) per la condanna dei sacerdoti di Iside.
Infatti, sempre secondo me, la crocifissione di Cristo nella narrazione di Giuseppe (o di chi per lui) sembra aver perso quella crudezza che può testimoniare l'orrore di chi la racconta e sembra già essere stata digerita come un fatto acquisito (Pilato ascolta e dispone), quasi benedetto (guarda caso..) ed "infiorato" dal seguito non cessato di coloro che aderirono a lui e dalle "cose meravigliose" dette di lui dai profeti.
In altre parole, quando un cristiano legge per la prima volta il Testimonium, non ne riceve lo stesso "bruciore" che può destargli la visione del film "The Passion" dove di cose orribili e crudeli ce ne sono a bizzeffe, anzi, attraversa la frase della crocifissione con lo stesso spirito di chi secondo me l'ha scritta (quello di un cristiano che non pensa più al sangue e ai chiodi ma che riconosce all'evento quel significato salvifico e redentivo che conosciamo) per poi perdersi nell'estasi delle "cose meravigliose" e dell'amore di chi continuò ad aderire a lui.
Probabilmente il testimonium si trova proprio lì e non altrove proprio per via dell'assonanza con la crocifissione dei sacerdoti di Iside (più che con il massacro dei rivoltosi dell'acquedotto), ma non mi sento di condividere l'idea del comune denominatore di "orribilità".

CITAZIONE
A mio avviso il racconto veramente estraneo al contesto più che il Testimonium è quello di Decio Mundo e Paolina.

Condivido e aggiungo: chissà da dove è stato pescato... per riempire un vuoto (in effetti non c'entra assolutamente nulla con il tema dell'intero scritto e non mi stupirei affatto se provenisse addirittura da un'altra penna).

CITAZIONE
Sulla datazione dell'episodio di Decio Mundo e Paolina mi riservo di controllare il testo di Tacito che al momento non ho a portata di mano. Qual è il passaggio? Nelle Historiae non l'ho trovato.

Annales, II, 85 "...si trattò anche dell'abolizione dei culti egizi e giudaici, e si deliberò che quattromila liberti, seguaci di quella superstizione religiosa, i quali per età erano atti al servizio militare, fossero trasportati in Sardegna per la campagna contro il brigantaggio..."
All'inizio del passo, introducendo le disposizioni contro la prostituzione (Vestilia) e contro i culti egizio e giudaico, è detto "in quello stesso anno il Senato con severissimi decreti... ecc." il riferimento è all'anno della morte di Germanico sulla quale Tacito, infatti, si dilunga subito prima (Ann. II:82- 84).
Germanico, appunto, morì nel 19 d.c.
Mamma mia, la mia esposizione somiglia a quella di un troglodita (sarà l'orario e il sonno) ma se cerchi il passo capisci quello che ho detto meglio di come l'ho detto...

CITAZIONE
Comunque in Giuseppe la frase "nello stesso periodo" è alquanto vaga, infatti Giuseppe usa chronous. Chronous è l'accusativo plurale di chronos, tempo. Quindi si dovrebbe dire, grosso modo: "A quei tempi", una formula alquanto generica e vaga. Tra l'altro in greco chronos ha un senso assai più ampio che in italiano, potendo denotare un intervallo di tempo sia breve che molto lungo. Forse starebbe meglio tradotto come "A quell'epoca".

Tu sai che ho infinita stima della tua conoscenza della lingua greca (io invece non la conosco e mi devo fidare delle traduzioni). Tuttavia, pur riconoscendo all'espressione un'accezione estesa (a quell'epoca) non è che le cose cambino molto.
Infatti, se Giuseppe avesse condensato in una pagina un periodo esteso (es. 50 anni), sarebbe stato normale dire "a quell'epoca" per indicare un fatto avvenuto un decennio prima o dopo di un altro. Poichè, tuttavia, la narrazione è più specifica e segue una cronologia più dettagliata, considerare il fatto dei sacerdoti di Iside come avvenuto "all'epoca" della vicenda di Cristo mi sembra un tantino sballato.

CITAZIONE
La narrazione di Giuseppe Flavio non è cronologica, spesso infatti utilizza la tecnica del flash-back per meglio raccontare le cause che portarono a determinati eventi storici. Ne abbiamo un esempio lampante proprio nel racconto della guerra tra Areta e Erode Antipa, poco dopo questi passaggi che ci hai citato, Giancarlo. Mi spiego subito: Giuseppe finisce di raccontare come finì il mandato di Pilato con l'episodio dei samaritani, dopodichè afferma che Vitellio destituì Pilato e gli ordinò di tornare a Roma. Debbo ritenere che Pilato non indugiò parecchi anni in Giudea prima di mettersi in viaggio, dato che aveva ricevuto un ordine da parte di un suo diretto superiore, il legato della Siria Vitellio. Nello stesso passaggio Giuseppe dice che quando Pilato arrivò a Roma trovò Tiberio che era già morto. A questo punto Giuseppe passa a parlare di tante altre vicende, utilizza diverse volte parole come "Intanto", "Ora", "Nello stesso tempo", ecc... per introdurre le varie unità narrative, ma molte delle cose che racconta presuppongono che Tiberio sia ancora in vita! Che cosa ne debbo dedurre? Che è semplicemente tornato indietro nel tempo per raccontare altre cose

Si, certo... Antichità non è un giornale di bordo. Spesso Giuseppe mentre racconta un fatto apre una parentesi, ricorda un antefatto, la richiude e continua, ma in questo caso il periodo di riferimento è la prefettura di Pilato e non è proprio ammissibile dire che un fatto è avvenuto "alla stessa epoca" di un altro quando invece è addirittura ascrivibile agli anni della prefettura di Valerio Grato (sette anni prima dell'inizio dell'incarico a Pilato)!
CITAZIONE
Lo stesso episodio dela morte del Battista non si sa di preciso quando si sia verificato, J. Gnilka propone addirittura la fine degli anni '20 sulla base del racconto di Giuseppe Flavio.

Bè... allora è inutile che ci sforziamo di datare gli avvenimenti. Ma come è possibile sostenere una tesi del genere? Su quali basi? Vabbè... stiamo parlando del testimonium, meglio non uscire fuori tema.

Gianluigi, non prendermi per maleducato ma purtroppo dopo l'invio di questa mia, spegnerò il computer e lo riaccenderò domenica: devo partire per Firenze e, a meno che non trovo il momento di andare in un internet point, non riuscirò a leggere la tua (o di altri) eventuale replica prima del mio rientro.

Ti invio un caro saluto.

Giancarlo



Edited by G. Tranfo - 28/12/2007, 00:02
 
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Hard-Rain
view post Posted on 28/12/2007, 00:58     +1   -1




CITAZIONE
a quale versione del Testimonium ti riferisci?

Ovviamente ritengo anche io che il testimonium sia stato pesantemente interpolato. Anche la versione araba, quella di Agapio di Ierapoli, non è pienamente convincente. Nel suo libro "Un ebreo marginale", J.P. Meier, nel volume 1, dedica le pp. 57-85 alla sola analisi del testimonium flavianum, egli individua tre frasi chiaramente interpolate e perfettamente parentetiche, che sono: i) "se pure bisogna chiamarlo un uomo"; ii) "Egli era il Cristo" (ovviamente...); iii) "Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunciato i divini profeti queste e migliaia di altre meraviglie riguardo a lui". Io concordo sostanzialmente con l'analisi di Meier, anche se sono possibilista sul "se pure bisogna chiamarlo un uomo", tenuto conto che Giuseppe scrive verso il 93 d.C., a quel tempo, contrariamente a Guerra Giudaica, non poteva non sapere che circolavano testi cristiani e che la cristianità si stava diffondendo ovunque a macchia d'olio. Meier non è uno qualunque, è uno dei più autorevoli biblisti americani dell'ultima generazione, sebbene sia di area cattolica è un personaggio "sveglio" e molto preparato.

Depurato delle evidenti interpolazioni, secondo Meier il Testimonium si riduce a:

CITAZIONE
Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a se molti Giudei e anche molti dei Greci. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani.

Un passaggio in cui si parla in termini sostanzialmente positivi di un santone del tempo, Giuseppe si meraviglia quasi che dopo decine di anni qualcuno lo ami ancora, Pilato lo condannò a morte ma si trattò evidentemente di un errore. L'orribilità se così si può dire è legata soprattutto alla messa a morte di un uomo che Giuseppe vede in termini positivi e probabilmente pensava che non dovesse fare una fine simile. Il tono del passaggio non è dissimile da quello sul Battista, anche lì Giuseppe usa eufemismi come "Erode aveva ucciso quest'uomo buono" oppure "fu messo a morte", senza neppure menzionare il tipo di pena che gli fu inflitta. Eppure, stando ai sinottici, gli tagliarono la testa, una pena forse meno orribile della crocifissione per la mentalità dell'epoca, ma certamente cruenta e sanguinaria.

CITAZIONE
considerare il fatto dei sacerdoti di Iside come avvenuto "all'epoca" della vicenda di Cristo mi sembra un tantino sballato

Ma per Giuseppe l'epoca di Cristo non esiste, è una espressione priva di significato, al massimo si può dire l'epoca di Pilato oppure quella di Tiberio. Sta raccontando infatti accadimenti di quel periodo, che ricopre vari anni.

CITAZIONE
Si, certo... Antichità non è un giornale di bordo. Spesso Giuseppe mentre racconta un fatto apre una parentesi, ricorda un antefatto, la richiude e continua, ma in questo caso il periodo di riferimento è la prefettura di Pilato e non è proprio ammissibile dire che un fatto è avvenuto "alla stessa epoca" di un altro quando invece è addirittura ascrivibile agli anni della prefettura di Valerio Grato (sette anni prima dell'inizio dell'incarico a Pilato)!

Sono perfettamente d'accordo che l'episodio sia accaduto nell'ambito del mandato di Pilato, non sto affatto negando questo.
Ma come si distinguono allora i "periodi"? Sulla base dei capitoli delle edizioni stampate moderne? Sai bene come venivano trasmessi i manoscritti nel II secolo. La tecnica di Giuseppe Flavio mi sembra evidente. Seguitiamo allora a leggere cosa succede dopo la destituzione di Pilato. Giuseppe ci informa che quando il prefetto arrivò a Roma, trovò Tiberio già morto (Ant. 18.89). Giuseppe dice: "Prima che [Pilato] giungesse a Roma, Tiberio se n'era andato [nel senso che era morto]". Bene, subito dopo inizia a raccontare di Vitellio che si trova a Gerusalemme per la consegna delle vesti sacerdotali. Saremo dopo la destituzione di Pilato? Probabilmente sì, mi viene da dire. Ebbene, in Ant. 18.89, senza alcun preavviso, senza nessuna altra precisazione, Giuseppe attacca a dire: "Ora Tiberio inviò una lettera a Vitellio..." Tiberio? Ma non era morto prima che Pilato mettesse piede a Roma? E a quando risale questo fatto? Mesi prima, un anno, non si sa niente. La cosa diventa poi tragicomica poco dopo con tutte le vicende della guerra di Antipa con Areta e il continuo ritorno indietro nel tempo di cui ho parlato altrove non ricordo più se con te o con Tigerman.

CITAZIONE
Bè... allora è inutile che ci sforziamo di datare gli avvenimenti. Ma come è possibile sostenere una tesi del genere? Su quali basi?

Avevo redatto il seguente articolo su Giovanni Battista, di queste cose si era già discusso anche qui nel forum. Lo sottopongo nuovamente alla tua e di altri attenzione:

https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Mort...%20Battista.pdf

Paradossalmente è proprio Giuseppe Flavio che può permettere a Joachim Gnilka di fare quell'affermazione che può essere contestata ma che può anche essere accettata, perchè se Gnilka avesse dato credito alla versione sinottica dell'assassinio di Giovanni, allora sarebbe stato impossibile fare la sua affermazione (almeno secondo me). Nota, comunque, che Gnilka è professore di esegesi neotestamentaria ed ermeneutica biblica all'Università di Monaco di Baviera, non è un pinco pallino qualunque (come me, per intenderci).

In generale, sulle effettive capacità di cronista di Giuseppe Flavio, si può citare sempre J.P. Meier, che scrive:

CITAZIONE
"Deliberatamente non ho speso tempo sull'obiezione secondo la quale il testimonium interrompe il filo della narrazione mel libro 18: se qualcuno è interessato a questa linea di argomentazione, può vedere H. THACKERAY, Josephus and Christanity, cit., 140-141 (dove, a mio parere, dipende eccessivamente da Eisler). Probabilmente, la migliore intuizione nell'intera spiegazione di Thackeray è la semplice osservazione che "Flavio Giuseppe fu uno scrittore che cuciva insieme pezzi diversi" (p. 141). S. COHEN è più rude: "Abbiamo messo in evidenza un altro aspetto dell'opera di Flavio Giuseppe: la sua inverterata capacità di riciclare. Testi adatti a revisione tendenziosa come pure passi che contradicono le sue ragioni sono talvolta lasciati intatti. La narrazione è frequentemente confusa, oscura e contraddittoria (Josephus in Galilee and Rome, cit., 233)". Nel caso presente, ci si chiede se per Flavio Giuseppe sia necessaria l'esistenza di un collegamento maggiore del fatto che il racconto su Gesù (crocifisso da Pilato) sia preceduto da una storia su Pilato in cui molti giudei sono uccisi ed è seguito da una storia in cui degli imbroglioni sono puniti con la crocifissione. Di conseguenza ritengo che il prolisso tentativo di E. BAMMEL, Zum Testimonium Flavianum, cit., 15-16, per spiegare le connessioni con ciò che precede e segue il testimonium sia fuori luogo. Per una dettagliata confutazione dell'affermazione di Norden che il testimonium apparentemente interrompa lo sviluppo narrativo e l'unità tematica del contesto più ampio, cfr. C. MARTIN, Le Testimonium Flavianum, cit., 422-431".

CITAZIONE
Gianluigi, non prendermi per maleducato ma purtroppo dopo l'invio di questa mia, spegnerò il computer e lo riaccenderò domenica: devo partire per Firenze e, a meno che non trovo il momento di andare in un internet point, non riuscirò a leggere la tua (o di altri) eventuale replica prima del mio rientro.

Giancarlo, ormai ti conosco abbastanza per sapere che non sei certo maleducato. Ti aspetto, quando puoi noi siamo sempre qui. Scusa se faccio un po' il bastian contrario, però hai chiesto tu un po' di opposizione, se così si può dire, del resto sta per uscire il tuo libro, se qualche professore o specialista di storia del cristianesimo dovesse avanzare delle obiezioni, queste sarebbero le minime che potrebbero esserti mosse. E noi vogliamo che tu sia preparato fin nei minimi dettagli.

Ciao e a presto.
 
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Frances Admin
view post Posted on 28/12/2007, 10:56     +1   -1




Meier e molti altri, presuppongono che il Testimonium, depurato dagli orpelli cristologici, fosse neutrale verso Gesù e i cristiani. In realtà questa è un'ipotesi, che tra l'altro non si accorda al modo di pensare di Giuseppe per tutti coloro che furono crocifissi per mano dei Romani. Io credo che Giuseppe abbia effettivamente parlato di Gesù in termini piuttosto concisi, nella modalità "reportage", come quando si limita a registrare la morte dei due figli di Giuda il Galilelo, senza commenti benevoli o malevoli. De Testimonium emendato proposto da Meier:
CITAZIONE
Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a se molti Giudei e anche molti dei Greci. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani.

bisogna eliminare la frase in neretto, perché Giuseppe Flavio utilizza l'espressione "uomo saggio" solo per due personaggi che nella storia di Israele avevano raggiunto un certo status, non paragonabile a quello raggiunto da Gesù. Inoltre, "era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità", in particolare "maestro di uomini che accolgono con piacere la verità" non è una caratteristica narrativa di Giuseppe Flavio.
Meier non è stato il primo a isolare quelle tre frasi interpolate, ma tutti gli studiosi che generalmente ammettono l'interpolazione delle tre frasi, ritengono genuina la quarta che ho sottolineato.
Sulla questione "manoscritti", la tesi che Vossius possedesse copie di Antichità Giudaiche prive del Testimonium Flavianum non è sostenibile, in quanto non ci sono pervenuti manoscritti con queste caratteristiche. E' invece vero (ma nessuno ne parla) che durante il medioevo, i cronisti dell'epoca riferiscono di copie di Antichità Giudaiche e di Guerra Giudaica in cui non c'è nessun riferimento su Gesù. Il fatto poi, che in alcuni manoscritti di Guerra Giudaica è stato inserito il Testimonium Flavianum in una posizione specifica del testo, significa che, innegabilmente, per i cristiani era vitale che nelle opere di Giuseppe comparisse qualche riferimento non tanto sulla storicità di Gesù, quanto sui suoi attributi cristologici, la sua divinità e le sue facoltà miracolose. Questo e altro sono oggetto di una ricerca che sto eseguendo in questo periodo.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 28/12/2007, 11:08     +1   -1




paradoxon ergon poietes = autore di opere straordinarie. Questa non è una tipica frase neotestamentaria però fu Olson a dire che poteva appartenere al tipico linguaggio di Eusebio di Cesarea, riprendendo del resto una tesi precedente di Zeitlin. Il resto delle frasi, però, è tipicamente di Giuseppe Flavio. Meier sostanzia i suoi ragionamenti con dimostrazioni anche lingustiche, se volete posso riassumervi o citarvi dei passi. C'è poi quel discorso interessante di G.J. Goldberg sul parallelo con la narrativa dei discepoli di Emmaus e qui si aprirebbero possibilità infinite e anche fantasiose: che Giuseppe abbia usato come testo base Luca, che Luca abbia usato Giuseppe, che qualcuno abbia interpolato o costruito ex novo il passo di G.F. avendo in mente la narrativa di Emmaus in Luca, ecc...

 
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Hard-Rain
view post Posted on 28/12/2007, 14:50     +1   -1




CITAZIONE
Meier e molti altri, presuppongono che il Testimonium, depurato dagli orpelli cristologici, fosse neutrale verso Gesù e i cristiani. In realtà questa è un'ipotesi, che tra l'altro non si accorda al modo di pensare di Giuseppe per tutti coloro che furono crocifissi per mano dei Romani. Io credo che Giuseppe abbia effettivamente parlato di Gesù in termini piuttosto concisi, nella modalità "reportage", come quando si limita a registrare la morte dei due figli di Giuda il Galilelo, senza commenti benevoli o malevoli.

Un certo Lucio Troiani ha cercato di tradurre in modo "negativo" parole quale sophos, paradoxon ergwn, ecc..., in modo da conferire un tono negativo a quasi tutto il passaggio. Ma io non credo molto a questa tesi. Comunque alcune note sono riportate nel mio documento:

https://digilander.libero.it/Hard_Rain/stor...20letterale.pdf

Resta il fatto che Giuseppe Flavio, all'inizio del passaggio successivo, come abbiamo detto, inizia con "Un altro orribile evento", se la punzione di Gesù Cristo fosse stata giusta, non sarebbe stato un evento orribile, ma ordinaria amministrazione, un mascalzone come un'altro veniva punito.

Comunque supposto che il testimonium sia completamente falso e non vi fosse, io continuo a chidermi: ma la storia di Decio Mundo e Paolina che c'entra con la narrazione? Perchè Giuseppe la inserisce?

CITAZIONE
innegabilmente, per i cristiani era vitale che nelle opere di Giuseppe comparisse qualche riferimento non tanto sulla storicità di Gesù, quanto sui suoi attributi cristologici, la sua divinità e le sue facoltà miracolose

Concordo. Aggiungo che secondo me la frase che spesso viene contestata "se pure biosogna chiamarlo uomo" potrebbe essere autentica, se Giuseppe aveva udito realmente che i cristiani credevano nella divinità di Gesù. Infatti, sicuramente è falsa la frase "Egli era il Cristo". Immaginate che un interpolatore inserisca la frase "Egli era il Cristo", perchè poi sente l'esigenza poco sopra di correggere il tiro scrivendo "se pure bisogna chiamarlo un uomo"? Mi sembra antitetica la cosa, da un punto di vista cristiano. In teoria potrebbe ancora stare in piedi per un ebreo, che pensa che il Messia sia un uomo e non certo YHWH. Però Giuseppe non credeva al Messia, al massimo se ci credeva pensava che fosse Vespasiano perchè lo scrive chiaramente nell'opera (se non altro per riconoscenza nei suoi confronti).

Francis, una ultima annotazione che mi sovviene rileggendo il documento sulla traduzione letterale del testimonium. E' vero che sophos anher è un titolo di grande encomio per Giuseppe Flavio, riservato al profeta Daniele e al re Salomone. Però è vero anche che Giovanni Battista è chiamato agathon andra, agathos in greco è un aggettivo che significa "buono" ma è usato per fare una lode superiore ad esempio al kalos greco, è quasi un superlativo. Tanto è vero che Agathos nella LXX è persino aggettivo sostantivato di YHWH, c'è un passo del profeta Osea dove Dio è chiamato Agathos (sai che gli ebrei non pronunciano mai il nome di Dio e se lo fanno utilizzano nomi teoforici). Tanto è vero che la frase nel vangelo di Giovanni: "Può mai venire qualcosa di buono da Nazaret?" in una mentalità ebraica può essere interpretata come "Può mai venire qualcosa di YHWH da Nazaret?" infatti il testo usa agathos e non kalos. A parte queste divagazioni mi premeva dire che anche per Giovanni Giuseppe Flavio utilizza curiosamente Agathos, un aggettivo molto particolare. Io non ho conrollato quante volte usa agathos per i personaggi, magari se stai facendo una analisi del lessico di Giuseppe potrebbe essere interessante verificare questa cosa, sapremmo così se davvero conisderava così nobile anche Giovanni Battista. Se venisse a scoprirsi che agathos è molto particolare, proprio come il sophos, allora l'argomentazione per cui ben difficilmente Giuseppe avrebbe chiamato Gesù sophos anher verrebbe ad attenuarsi di molto.
 
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Frances Admin
view post Posted on 28/12/2007, 19:57     +1   -1




CITAZIONE
Un certo Lucio Troiani ha cercato di tradurre in modo "negativo" parole quale sophos, paradoxon ergwn, ecc..., in modo da conferire un tono negativo a quasi tutto il passaggio. Ma io non credo molto a questa tesi. Comunque alcune note sono riportate nel mio documento:

Hard Rain, sai dirmi chi è Lucio Troiani? Mai sentito nominare. I vocaboli e gli aggettivi impiegati nel Testimonium Flavianum non sono affatto malevoli o denigratori, anzi, piuttosto compiacenti. C'è anche la tesi "satirica" di A. A. Bell, che attribuisce al Testimonium un carattere parodistico per espressa scelta di Giuseppe Flavio, ma anche questa è una tesi piuttosto ardita. E' vero che Giuseppe Flavio, sopratutto in Contro Apione, mostra di possedere abilità satirica, ma in genere si serve di questi espedienti narrativi contro i suoi detrattori, ma mai si esprime in questi toni quando descrive fatti spiacevoli e per di più eventi con spargimento di sangue. Al limite, in questi casi parla di "giusta punizione" o di "giustizia eseguita", ma in genere questi giudizi li mantiene per gli zeloti di Giovanni di Giscala.
CITAZIONE
Resta il fatto che Giuseppe Flavio, all'inizio del passaggio successivo, come abbiamo detto, inizia con "Un altro orribile evento", se la punzione di Gesù Cristo fosse stata giusta, non sarebbe stato un evento orribile, ma ordinaria amministrazione, un mascalzone come un'altro veniva punito.

Tu parti dal presupposto che il Testimonium si esprimesse in termini concilianti verso Gesù. Ammesso che il Testimonium si trovasse in quella posizione specifica del testo, è' nello stile ordinario di Giuseppe concedersi più di una digressione, saltare da un argomento all'altro non curandosi dell'ordine narrativo. Si potrebbe ipotizzare che il Testimonium in origine preservasse dichiarazioni neutrali su Gesù, né compiacenti, né denigratorie.

CITAZIONE
Comunque supposto che il testimonium sia completamente falso e non vi fosse, io continuo a chidermi: ma la storia di Decio Mundo e Paolina che c'entra con la narrazione? Perchè Giuseppe la inserisce?

Non credo sia un'inserzione, ma un paragrafo a sé stante, slegato dal precedente racconto, ma inserito in una cornice storica ben precisa. Mi spiego meglio. Se come ha ipotizzato Giancarlo, questo episodio con tutta probabilità è ascrivibile al 19 d.C., allora secondo questa prospettiva, trattasi di una digressione, anzi un salto narrativo di non poco conto. Comunque, volendo essere per un momento il bastian contrario della situazione andando contro Giancarlo, attestiamo che l'episodio avviene al tempo di Tiberio. Siccome i tre precedenti episodi, compreso il Testimonium, sono collocati durante il mandato di Pilato (26-36), ma comunque entro il regno di Tiberio, l'episodio di Mundo e Paolina mi sembra abbastanza congruente con il periodo in questione. Ovviamente, con queste osservazioni si deve presupporre che la narrazione verta più sul regno di Tiberio nell'ambito degli affari in cui vennero coinvolti giudei, piuttosto che su Pilato e le sue malefatte.

CITAZIONE
Francis, una ultima annotazione che mi sovviene rileggendo il documento sulla traduzione letterale del testimonium. E' vero che sophos anher è un titolo di grande encomio per Giuseppe Flavio, riservato al profeta Daniele e al re Salomone. Però è vero anche che Giovanni Battista è chiamato agathon andra, agathos in greco è un aggettivo che significa "buono" ma è usato per fare una lode superiore ad esempio al kalos greco, è quasi un superlativo. Tanto è vero che Agathos nella LXX è persino aggettivo sostantivato di YHWH, c'è un passo del profeta Osea dove Dio è chiamato Agathos (sai che gli ebrei non pronunciano mai il nome di Dio e se lo fanno utilizzano nomi teoforici). Tanto è vero che la frase nel vangelo di Giovanni: "Può mai venire qualcosa di buono da Nazaret?" in una mentalità ebraica può essere interpretata come "Può mai venire qualcosa di YHWH da Nazaret?" infatti il testo usa agathos e non kalos. A parte queste divagazioni mi premeva dire che anche per Giovanni Giuseppe Flavio utilizza curiosamente Agathos, un aggettivo molto particolare. Io non ho conrollato quante volte usa agathos per i personaggi, magari se stai facendo una analisi del lessico di Giuseppe potrebbe essere interessante verificare questa cosa, sapremmo così se davvero conisderava così nobile anche Giovanni Battista. Se venisse a scoprirsi che agathos è molto particolare, proprio come il sophos, allora l'argomentazione per cui ben difficilmente Giuseppe avrebbe chiamato Gesù sophos anher verrebbe ad attenuarsi di molto.

L'analisi del lessico dei passi riferiti a Gesù, Giovanni Battista e Giacomo fa parte della ricerca che sto conducendo. Però vorrei accertarmi fin nei minimi dettagli e compilare un documento formale che poi potrete leggere e scaricare dal mio sito.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/12/2007, 01:31     +1   -1




Dunque, siccome non avevo in casa una buona traduzione degli Annali di Tacito, questo pomeriggio mi sono recato anche in biblioteca dato che passavo proprio da quelle parti.

Il passo citato da Giancarlo è Annales, II, 85, 4 che legge:

CITAZIONE
Si discusse anche sull'opportunità di sopprimere i culti egiziani e giudaici e per decreto del senato quattromila liberti contaminati da quelle credenze superstiziose e in età di portare le armi furono trasferiti in Sardegna per reprimervi il brigantaggio. E si riteneva che, se vi fossero morti per l'insalubrità del clima, sarebbe stata una perdita di poco conto. Tutti gli altri seguaci di quei culti dovevano lasciare l'Italia a meno che, entro una data stabilita, avessero rinunciato ai loro riti profani.

All'inizio del verso 1, come giustamente fa notare Giancarlo, Tacito scrive: "In quel medesimo anno". E nei versi precedenti aveva finito di raccontare la morte di Giulio Cesare Germanico, d'ora in poi lo chiameremo semplicemente Germanico (attenzione a non confonderlo con il figlio di Livia Giulia e Druso II, che si chiamava anche lui Germanico ma morì nel 23 ed è un altro personaggio) che avvenne proprio nel 19 d.C., così come si evince anche dalla tavola cronologica che si trova nell'edizione degli Annales che ho consultato.

Il passo degli Annales è illuminante in quanto sembra fornirci la chiave di volta per quel discorso del tempio di Iside, l'episodio di Decio Mundo e Paolina nelle Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio e la loro pertinenza. L'episodio potrebbe essere riguardato come appunto quello che provocò la messa al bando dei culti egiziani (di cui parla Tacito). Giuseppe Flavio, purtroppo fa un gran mescolone e butta lì episodi senza un apparente nesso che li colleghi: non è la prima volta che succede.

Indubbiamente Tacito e Giuseppe Flavio qui non concordano sulla collocazione temporale. Anche interpretando in maniera estensiva il kronos di G.F., non penso si possa arrivare addirittura fino al 19 d.C., anni e anni prima della data teorica dell'inizio del mandato di Pilato. Se il fatto narrato da Tacito è lo stesso narrato da Giuseppe Flavio i due storici sono in evidente disaccordo. Così come sono in disaccordo i vangeli sinottici con Giuseppe Flavio riguardo la data della morte del Battista (oltre che le modalità della medesima).

Della morte di Germanico, parla effettivamente anche Giuseppe Flavio, in Ant. 18.54. L'episodio dell'espulsione con annessi racconti di Decio Mundo et. al. probabilmente lo si sarebbe dovuto collocare qui e toglierlo dal precedente. Facendo questa operazione, ecco che abbiamo ininterrotta tutta la successione di eventi riguardante il mandato di Pilato: episodio dei busti, episodio dell'acquedotto, testimonium flavianum (se c'era davvero) e, infine, episodio dei Samaritani con annessa fine della carriera di Pilato. Tuttavia contro questa teoria cozza il fatto che l'episodio di Decio Mundo e Paolina + espulsione dei Giudei è inziato con la frase "nello stesso tempo un altro fatto orribile" e questa proposizione si attacca bene all'episodio dell'acquedotto, bene secondo me anche al testimonium flavianum, ma anche alla morte dello stesso Germanico!

Ora, Germanico è morto nel 19 d.C. Ebbene, dopo aver accennato alla morte in Ant. 18.54, prima di Pilato, sapete dove Giuseppe Flavio ritrorna a parlare di Germanico? In Ant. 18.206-210 (sic!). Scrive Giuseppe:

CITAZIONE
Libro XVIII:206 Egli però non aveva figli legittimi, perché Druso, l'unico figlio, era già morto. Ma a Tiberio erano rimasti il figlio di Druso, soprannominato Gemello e Gaio, figlio di Germanico e nipote del fratello dell’imperatore. Gaio era allora giovane ma aveva ricevuto un'educazione completa e godeva della benevolenza del popolo grazie alle buone doti del padre Germanico.

Libro XVIII:207 Questi fu sommamente onorato da tutti come persona amabile per la compostezza dei suoi costumi e la cortesia del suo tratto e anche perché, pur nell'altissimo suo grado, voleva essere uguale a ogni altro.

Libro XVIII:208 Così avveniva che non solo dal senato e dal popolo, ma anche da tutte le nazioni soggette era tenuto in grande stima. Quanti avevano goduto della sua compagnia furono affascinati dalla affabilità del suo tratto, mentre gli altri erano conquistati da quanto riferivano coloro che l'avevano incontrato.

Libro XVIII:209 Fu quindi universale il dolore che si sentì all'annunzio della sua morte. E non era una finta adulazione, ma un rammarico reale, poiché ognuno faceva propria quella sventura e tutti ne consideravano la perdita come una personale disgrazia. Tanto era socialmente gradito l'incontro con lui.

Libro XVIII:210 Da questa popolarità suo figlio ereditò un grande vantaggio per tutti gli uomini. L'esercito ne era particolarmente entusiasta tanto che giudicava un onore dare la vita, se necessario, affinché diventasse imperatore.

Anche da qui si evince la gran confusione che fa Giuseppe Flavio, tesse qui le lodi di Germanico! Ma non poteva farlo al punto giusto, cioè subito dopo Ant. 18.54? Alla luce di questi versi non c'è dubbio, comunque, che la morte per avvelenamento di Germanico fu un fatto orribile e negativo per Giuseppe Flavio. Pare che sia stato Pisone ad avvelenare Germanico, il quale morì lentamente di una strana malattia. Giuseppe Flavio sposa la tesi dell'avvelenamento. Tacito racconta nei dettagli la storia, lo stesso Germanico era convinto di essere stato avvelenato da Pisone e Giuseppe, evidentemente, riprende questa tesi.

Comunque, in tema di sospetti e falsificazioni, sentite cosa dichiara Tacito, non mi sembra una cosa banale:

CITAZIONE
"La storia, invece, di Tiberio, di Gaio, di Claudio e di Nerone fu falsificata per paura, finchè essi furono in auge, mentre, dopo la loro fine, fu composta sotto l'influenza di ancor freschi motivi di risentimento. Perciò mi sono proposto di narrare in sintesi solo gli ultimi momenti della vita di Augusto, per trattare poi il principato di Tiberio e le vicende successive con assoluta imparzialità, senza avversione nè simpatia, sentimenti per cui non nutro nel mio animo alcun motivo"

Giuseppe Flavio non fu testimone oculare di quegli eventi relativi alla morte di Tiberio, al periodo di Pilato, ecc... infatti nacque nel 37 d.C. (sempre se non ci sono errori anche su questo!). Da quali storici avrà attinto? Forse quelli che avevano falsificato per paura? O da quelli che avevano motivi di risentimento? Una cosa è certa: Tacito scrive gli Annales tra il 110 e il 115 (questa la datazione degli storici per i libri I-III). Antichità Giudaiche fu pubblicata verso il 93 d.C. quindi doveva essere nota a Tacito. Ora, sappiamo, dal momento che lo scrive lui stesso, che Tacito consultò (almeno) Guerre Germaniche di Plinio il vecchio, i Commentari di Agrippina minore, Cluvio Rufo, Fabio Rustico, Plinio il Vecchio (altre opere), Aufidio Basso, forse Servilio Noniano, gli Acta Senatus (citati una volta), gli Acta diurna (citati una volta) e varie fonti orali di cui parla egli stesso. Nessuna menzione di Giuseppe Flavio. Negli Annales in effetti parla poco di cose giudaiche, tuttavia non menziona questa incongruenza con Giuseppe Flavio. Eppure sempre negli Annales Tacito scrive: "Ci proponiamo di attenerci all'opinione degli storici quando essi sono concordi, mentre, nel caso in cui le loro versioni divergano, le riferiremo citando i nomi dei singoli scrittori". Come mai non ha segnalato questa differenza con Giuseppe? Forse non considerava l'opera di Giuseppe degna di valore rispetto alle fonti romane? Però nelle Historiae mi sembra che ne tenga conto, quando parla della guerra giudaica. O forse perchè quando furono composti gli Annales l'espulsione dei giudei si trovava al posto giusto e non c'era alcuna anomalia da segnalare?

Fatte queste premesse, Giuseppe Flavio e Tacito sembrano parlare proprio dello stesso episodio di espulsione dei Giudei a Roma, che coinvolse anche la Sardegna. Tacito sembra collocarlo proprio nel 19, mentre Giuseppe Flavio, sebbene sia indubbiamente meno preciso, lo colloca al tempo di Pilato, che in teoria sarebbe stato in carica dal 26 al 36 dopo Cristo all'incirca una decina di anni. Sappiamo la fine del mandato di Pilato dallo stesso Giuseppe Flavio, praticamente quando fu destituito Tiberio era morto.

A questo punto, nella storia abbiamo notizia di altri decreti di espulsione e anche per questi ci sono contraddizioni. Sarebbero avvenuti al tempo di Claudio. Ne parlano Svetonio, nella Vita di Claudio, in quel celebre passo che dice: "Espulse da Roma i Giudei che per istigazione di Cresto erano continua causa di disordine" e che alcuni interpretano come espulsione di cristiani ed altri no, dipende tutto da quel Chresto e da tante altre cose che ben sappiamo. Qui, in teoria, siamo negli anni '40. Anche gli Atti degli Apostoli, in 8:1-2, parlano di un ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Dione Cassio parla anch'egli di un provvedimento di Claudio contro i Giudei di Roma, però dice: "Egli (Claudio) non li scacciò ma ordinò loro di non tenere più riunioni, pur continuando nel loro tradizionale stile di vita", qui sembra essere un provvedimento diverso del quale però non parlano gli altri. Mi pare, se ho letto bene, che Giuseppe Flavio non accenni minimamente a questo ulteriore provvedimento (o provvedimenti, se quello di Dione è una cosa diversa), come mai? Quandi provvedimenti sono avvenuti? Esistette un solo provvedimento che i vari storici collocano a casaccio sotto Tiberio, Claudio, al tempo di Germanico o a quello di Pilato? Ne sono esistiti due, uno al tempo della morte di Germanico (Giuseppe si sarebbe sbagliato) e uno al tempo di Claudio (nell'ipotesi che Dione e Svetonio parlino della stessa cosa)? Si riesce a trovare la quadratura del cerchio senza supporre che almeno uno di questi storici sia in errore? O va postulato lo sbaglio di (almeno) uno di loro (o interpolazione, se del caso)? Ma il colmo dei colmi è che Dione Cassio parla di quei provvedimenti contro i Giudei a Roma (per Svetonio come ho detto bisogna prima mettersi d'accordo se parlava di cristiani o di ebrei), sembrerebbe dunque che Claudio sia stato ostile nei confronti dei giudei. Invece Giuseppe Flavio ci dipinge un'altro scenario, nella lite tra i Greci e i Giudei avvenuta ad Alessandria d'Egitto scrive che Claudio prese posizione a favore dei Giudei e promulgò un decreto nel quale era scritto: "Perciò è bene che i Giudei, in tutto il mondo a noi sottoposto, custodiscano gli usi dei loro padri, senza alcuna opposizione". Allora i casi sono due: o Svetonio intese parlare realmente di cristiani e Chresto non era un personaggio giudeo (sebbene li chiami però giudei) oppure Giuseppe Flavio ricorda male quegli eventi o non dice la verità fino in fondo e per qualche motivo voleva far passare Claudio come un sovrano favorevole ai giudei (del resto fu colui che nominò Agrippa, un re che Giuseppe considera molto favorevolmente). Francamente quando non ci sono due fonti che possano definirsi concordi, si fa fatica a stabilire cosa sia realmente successo (tanto per aggiungere confusione, tornando al tempo di Pilato, Giuseppe Flavio omette di citare un episodio, quello degli scudi votivi, di cui abbiamo notizia invece attraverso Filone di Alessandria).

Ad integrazione di quanto sopra, riporto il punto di vista di Giorgio Jossa, professore di storia della chiesa antica all'Università Federico II di Napoli. Parlando del provvedimento di espulsione dei giudei che si agitavano a causa di Chresto, di cui abbiamo attestazione nel noto passo di Svetonio, scrive Jossa:

CITAZIONE
Che l'episodio sia da assegnare, come, sulla base di una asserita testimoninaza di Giuseppe, vuole Orosio, al 49, e che sia quindi da distinguere dal provvedimento preso da Claudio nel 41 nei confronti dei Giudei, non vi è motivo di dubitare.

(da: G. Jossa, I Cristiani e l'impero romano, Carocci, Roma, ediz. 2006, pag. 35)

Jossa, quindi, ritiene che sotto Claudio vi furono due decreti distinti, quello del 41 menzionato da Dione Cassio secondo cui fu impedito ai Giudei di riunirsi, quello del 49 che secondo Jossa riguarderebbe i Cristiani. Giuseppe Flavio non menziona nè l'uno nè l'altro, così come anche Tacito è silente. L'Orosio citato da Jossa è Paulus Orosius, apologeta e storico cristiano del IV secolo, il quale in Hist. Adv. Pag., VII,6,15-16 scrive, citando anche il nome di Giuseppe (Flavio):

CITAZIONE
"Anno eiusdem nono expulsos per Claudium Urbe Iudaeos Iosephus refert; sed me magis Svetonius movet qui ait hoc modo: “Claudius Iudaeos inpulsore Christo adsidue tumultuantes Roma expulit”.

Ma in Giuseppe oggi non abbiamo traccia di altro che quel passo del tempo di Tiberio, riguardante l'espulsione dei Giudei in Sardegna e il confino di quattromila in Sardegna. Qui si aprono le scommesse: Paolo Orosio leggeva un testo di Giuseppe diverso dall'attuale oppure in buona o cattiva fede ha parlato di un passo di Giuseppe che non è mai esistito? (Io voto per la seconda ipotesi).

CITAZIONE
Hard Rain, sai dirmi chi è Lucio Troiani? Mai sentito nominare.

Francis, questo Lucio Troiani è professore ordinario di storia romana all'Università di Pavia, pare sia anche un collaboratore del sito www.christianisumus.it di A. Nicolotti, ecco il link:

http://www.christianismus.it/modules.php?n...=article&sid=68

Proprio in quel sito compare la sua strana analisi sul lessico nel testimonium, intitolata "Ancora sul cosiddetto Testimonium Flavianum", a me sembra abbastanza ardita:

http://www.christianismus.it/modules.php?n...=article&sid=96

In vari punti tiene conto di possibili significati delle parole che effettivamente hanno attinenza nella lingua greca però non sono sempre l'uso normale e inoltre Giuseppe Flavio non le utilizza altrove in quel modo. Infatti bisogna tenere conto del modo di scrivere e di esprimersi di Giuseppe Flavio, non della lingua greca in senso astratto.

Edited by Hard-Rain - 29/12/2007, 22:21
 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/12/2007, 10:56     +1   -1




Un'altra osservazione relativa a Giuseppe Flavio.

In Bell. 1.401 ci parla dell'anno in cui Erode il grande iniziò i lavori di ristrutturazione del tempio di Gerusalemme:

CITAZIONE
Così [Erode] nel quindicesimo anno di regno non solo restaurò il tempio, ma ne raddoppiò anche
l'area circostante mediante la costruzione di nuovi bastioni, con una spesa ingente e con una magnificenza
insuperabile

Poi, anni dopo, in Ant. 15.380 corregge il tiro e scrive:

CITAZIONE
Fu in questo tempo, nel diciottesimo anno del suo regno, dopo gli eventi sopra menzionato, che Erode diede inizio a un lavoro straordinario, la ricostruzione del tempio di Dio a sue proprie spese, allargandone i recinti ed elevandolo a una altezza più imponente.

Giorgio Faro sosteneva sulla base di suoi calcoli che Erode, in realtà, sarebbe morto nell 1 a.C. e dal 4 all'1 a.C. ci sarebbe stata un coreggenza che avrebbe generato errori come questi. Secondo la sua opinione nel 4 a.C. ci fu solo l'investitura dei figli ma poi Erode continò a regnare per altri tre anni. Se davvero ci fu coreggenza allora questo potrebbe spiegare la differenza di tre anni, a seconda che si computino gli anni dal passaggio misto di consegne del 4 oppure della morte effettiva del sovrano. Quello delle coreggenze è un annoso problema, come sa chi si occupa delle cronologie dei re babilonesi e persiani (a me, purtroppo, è capitato).

Però altri sono fermamente convinti del 4 a.C. come data unica della soluzione del regno di Erode il Grande. Per esempio, parlando di questa data fatidica, J.P. Meier scrive:

CITAZIONE
"I tentativi di alcuni storici di dimostrare che Erode il Grande morì in qualche anno non hanno incontrato generale accoglienza. Per esempio, W.E. FILMER, The Chronology of the Reign of Herod the Great, in JTS 17 (1966) 238-298, utilizza argomentazioni contorte per stabilire che Erode morì invece nell'anno 1 a.C. Come efficacemente chiarisce TIMOTHY D. BARNES, The Date of Herod's Death, in JTS 19 (1968) 204-209, la tesi di Filmer urta contro due elementi principali di prova: i) Tutti i successori di Erode calcolarono i loro regni a partire dal 5-4 a.C.; ii) I sincronismi con avvenimenti databili nel più ampio contesto della storia dell'impero romano - sincronismi resi possibili dal racconto di Flavio Giuseppe delle circostanze concomitanti alla morte di Erode - rendono l'1 a.C. quasi impossibile da sostenere. Barnes continua suggerendo che, forse, come data della morte di Erode, il dicembre del 5 a.C. può essere un miglior candidato rispetto al marzo/aprile del 4 a.C. Come altre alternative, anche quest'innovazione non ha incontrato un generale successo"

(da: J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol. 1, pag. 361, nota 18).

La discrepanza dei quindici e dei diciotto anni, infatti, potrebbe essere motivata dal fatto che Erode fu nominato re dal senato romano nel 40 a.C. ma potè materialmente prendere possesso del suo regno solo quando venne scacciato Antigono, nel 37 a.C. Questo potrebbe aver generato il diverso sistema di numerare gli anni a partire dall'investitura nominale (40 a.C.) oppure dalla presa di possesso materiale (37 a.C.), Giuseppe non sarebbe molto coerente in quanto in un'opera usa un sistema e in un'altra ancora un sistema diverso. E' possibile che abbiamo una traccia in Ant. 17.191 in cui Giuseppe scrive: "Regnò per trentaquattro anni dal tempo in cui mise a morte Antigono e per trentasette anni dal tempo in cui era stato dichiarato re dai Romani" ma non ci aiuta oltre a capire come computare esattamente gli anni del suo regno.

Ma Giorgio Faro fa notare che Erode il Grande morì, stando al racconto di Giuseppe Flavio, sicuramente tra una eclissi lunare e la Pasqua che seguì, qualche mese dopo, l'eclissi. L'eclissi è citata in Ant. 17.167, la morte e la Pasqua (al tempo della quale era già stato nominato Archelao) sono descritte nei versi successivi. Ora, nel marzo del 4 a.C. ci fu una eclissi parziale di luna, molto debole essendo parziale, inoltre questa piccola eclissi lascerebbe pochissimo spazio per tutti gli eventi successivi descritti da Giuseppe Flavio, soltanto qualche settimana, prima della Pasqua successiva (la Pasqua cadeva sempre in marzo-aprile del nostro corrispondente calendario). Invece il caso vuole che proprio nel gennaio dell' 1 a.C. ci fu una eclissi totale di Luna, visibile in Giudea, essendo totale fu notata certamente con più facilità, essa cadeva tre quattro mesi prima della Pasqua, dunque in un periodo più compatibile, nel senso che, almeno, lascerebbe più spazio per lo svolgersi degli eventi successivi. Questo è uno degli indizi citati da Faro, ce ne sono anche altri legati alle varie cariche consolari e alla possibilità che abbiano compiuto certi atti nel 4 piuttosto che nell 1 a.C. Nota: le eclissi sono predicibili matematicamente, quelle citate sono state ricostruite con i simulatori astronomici (vedi il sito della NASA, ad esempio).

E' anche strano che del regno di Filippo siano state ritrovate diverse monete, ma la più antica che si conosca è stata coniata nel terzo anno del suo regno, vi è scritto sopra "TER", non è mai stata ritrovata alcuna moneta del primo e del secondo anno. Questo viene spiegato da Faro supponendo che Filippo sia stato nominato tetrarca (assieme agli altri) tre anni prima della morte di Erode ma in questo periodo non poteva battere moneta, perchè questo diritto spettava ancora ad Erode il grande, fino alla sua morte.

Edited by Hard-Rain - 30/12/2007, 09:26
 
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Frances Admin
view post Posted on 30/12/2007, 00:14     +1   -1




CITAZIONE
Così [Erode] nel quindicesimo anno di regno non solo restaurò il tempio, ma ne raddoppiò anche
l'area circostante mediante la costruzione di nuovi bastioni, con una spesa ingente e con una magnificenza
insuperabile

Poi, anni dopo, in Ant. 15.380 corregge il tiro e scrive:

CITAZIONE
Fu in questo tempo, nel diciottesimo anno del suo regno, dopo gli eventi sopra menzionato, che Erode diede inizio a un lavoro straordinario, la ricostruzione del tempio di Dio a sue proprie spese, allargandone i recinti ed elevandolo a una altezza più imponente.

Per ricostruzione di edifici imponenti come il Tempio di Gerusalemme sarebbero occorsi alcuni anni. Questo sfasamento di tre anni non mi sembra poi così eccezionale. Giuseppe Flavio per Antichità Giudaiche ha usufruito di fonti suppletive che non aveva a disposizione per la compilazione del Bellum. Può darsi che negli anni '90 abbia rettificato questa notizia in base a una documentazione più precisa o semplicemente, diversa e abbia deciso di accordale valore.

CITAZIONE
Però altri sono fermamente convinti del 4 a.C. come data unica della soluzione del regno di Erode il Grande. Per esempio, parlando di questa data fatidica, J.P. Meier scrive:

CITAZIONE
"I tentativi di alcuni storici di dimostrare che Erode il Grande morì in qualche anno non hanno incontrato generale accoglienza. Per esempio, W.E. FILMER, The Chronology of the Reign of Herod the Great, in JTS 17 (1966) 238-298, utilizza argomentazioni contorte per stabilire che Erode morì invece nell'anno 1 a.C. Come efficacemente chiarisce TIMOTHY D. BARNES, The Date of Herod's Death, in JTS 19 (1968) 204-209, la tesi di Filmer urta contro due elementi principali di prova: i) Tutti i successori di Erode calcolarono i loro regni a partire dal 5-4 a.C.; ii) I sincronismi con avvenimenti databili nel più ampio contesto della storia dell'impero romano - sincronismi resi possibili dal racconto di Flavio Giuseppe delle circostanze concomitanti alla morte di Erode - rendono l'1 a.C. quasi impossibile da sostenere. Barnes continua suggerendo che, forse, come data della morte di Erode, il dicembre del 5 a.C. può essere un miglior candidato rispetto al marzo/aprile del 4 a.C. Come altre alternative, anche quest'innovazione non ha incontrato un generale successo"

Anche se ho notato che Meier in molti casi si lascia andare a commenti personali contro altri studiosi (ma ciò è dovuto anche alle traduzioni italiane, negli articoli in inglese non si ravvisano commenti poco lusinghieri contro terzi), mi sembra che quella di Faro, Barnes - di cui ho letto l'articolo - sia una tesi interessante, ma non del tutto convincente. Comunque, finora pochi studiosi hanno messo in dubbio la datazione classica della morte di Erode. In futuro, invece, credo che assisteremo all'ampliamento di questa ricerca.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 30/12/2007, 09:22     +1   -1




CITAZIONE
finora pochi studiosi hanno messo in dubbio la datazione classica della morte di Erode. In futuro, invece, credo che assisteremo all'ampliamento di questa ricerca.

Giorgio faro mi citava spesso il lavoro di FILMER, che vedo criticato qui da Meier. Mi piacerebbe poter vedere le risposte a Filmer, sulla base di cosa avrebbe torto.

Ci sono poi tante altre considerazioni legate alle cariche consolari, per esempio nel 4 a.C. Gaio avrebbe avuto solo quattordici anni e si sarebbe dovuto recare in Giudea per l'incarico che ricevette, questa cosa è impossibile e incompatibile con la sua età, mentre sarebbe possibile tre anni dopo, come si può dimostrare. A meno che non sia sbagliata dagli storici la data di nascita di Gaio.

Giorgio Faro doveva scrivere un articolo per il mio sito su queste cose, purtroppo è sparito dalle scene da molti mesi e non so più nulla. Ho cercato in rete per vedere se aveva scritto qualcos'altro e ho trovato alcune sue considerazioni, poche righe, in un sito filocattolico, dove ci sono una parte delle cose che mi aveva raccontato privatamente:

http://innomedimaria.it/date.htm
 
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G. Tranfo
view post Posted on 30/12/2007, 12:08     +1   -1




Accidenti che bella discussione che sta uscendo fuori... era proprio quello che speravo!
Anche se considero di estremo interesse quanto detto in merito al confronto tra fonti sulle esplusioni dei giudei da Roma e sulla morte di Erode (e ci ritornerò con calma per riflettere e consultare tutto ciò che ho a mia disposizione), mi permetto di ritornare solo per un momento sul Testimonium per evidenziare un aspetto:
CITAZIONE
per denunzia degli uomini notabili fra noi...

Tagliando... tagliando, questa frase resta sempre in quanto probabilmente ritenuta autentica, eppure, secondo me, non solo non lo è affatto, ma è addirittura illuminante sulla portata delle falsificazioni operate sull'intero corpus degli scritti (successivamente assemblati, come fa notare giustamente Gianluigi) delle Antichità Giudaiche.

Mi spiego meglio: perchè Giuseppe ricorre a questo curioso giro di parole per indicare il Sinedrio? Chi sono gli "uomini notabili tra noi" se non i componenti del Sinedrio?

Estendendo l'angolo di ripresa e andiando a verificare il resto dell'opera si fa una scoperta strordinaria (per la quale, in tutta onestà, devo ringraziare uno studioso toscano che me l'ha segnalata al quale le mie ricostruzioni storiche devono molto). Con la solita premessa del "copyright", quindi, mi permetto di riportare quello che ho scritto nel mio libro:
CITAZIONE
"... dal 15 al 18 d.c., vengono nominati ben quattro Sommi Sacerdoti l’ultimo dei quali è Caifa che resterà in carica fino al 36 d.c. e che nei Vangeli appare nei panni dell’accusatore di Gesù.
Se l’iniziale avvicendamento di ben quattro sacerdoti voluto da Valerio Grato, in un periodo così limitato appare serrato se non frenetico, la permanenza in carica dell’ultimo di essi per ben 18 anni è istituzionalmente poco credibile in quanto di regola un simile incarico non durava mai per più di qualche anno.
Se poi volessimo indagare i motivi per i quali il suddetto personaggio fu onorato da cotanta fiducia da meritare l’ibernazione in un ruolo di tale prestigio per un tempo così lungo, non riusciremmo a trovare nei resoconti di Giuseppe, alcuna nota di merito.
Nessun cenno, nessun commento né su Caifa né sull’amministrazione del suo ufficio e, più in generale, sull’intera storia della più importante istituzione giudiziaria e amministrativa del mondo ebraico.
Nei racconti di F. Giuseppe, o sarebbe meglio dire in quello che degli stessi resta, per 66 anni (dal 4 a.c. al 62 d.c.) il Sinedrio di Gerusalemme è un teatro popolato da mimi silenti che si avvicendano senza lasciare la traccia di una decisione, la riga di un verbale.
Un lungo periodo di silenzio assoluto sulla vita, le attività di primo piano, i processi, le deliberazioni del principale organo giurisdizionale ebraico (cosa che non accade per il periodo precedente e per quello successivo ai riferiti anni).
Conosciamo i nomi e la cronologia degli incarichi dei Sommi Sacerdoti, sappiamo quanto peso tale organo avesse avuto in tema di fede e di fatti ad essa connessi, ci rendiamo conto che un’infinità di eventi narrati con grande precisione dallo storico dovettero per forza passare dai banchi del Sinedrio, ma con sorpresa, dalla presunta nascita di Cristo fino alla lapidazione di Giacomo, lo troviamo silente sul palcoscenico della storia di Gerusalemme!
Settantuno rappresentanti dell’ordine sacerdotale rimasti a girarsi i pollici per settant’anni mentre incalzavano gli eventi, esplodevano le ribellioni nascevano e morivano i “Kristos” e con essi le tensioni e i sogni di un popolo convinto di essere il prediletto da Dio.
Il Sinedrio appare invece ben vivo e attivo nelle narrazioni dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli, dove assume un ruolo da protagonista in vicende di primaria importanza!
Peccato perché avremmo voluto porre a raffronto molti episodi narrati dagli Evangelisti con la versione degli stessi risultante dalle deliberazioni del Sinedrio, sulle quali ci saremmo aspettati dettagliati resoconti di Flavio Giuseppe.
....omississ...
Avremmo voluto fare questo, se non altro per meglio comprendere aspetti oscuri di vicende e decisioni che secondo il Nuovo Testamento dipesero dal Sinedrio … ma non possiamo farlo e, allo stato dei fatti, non ci resta che fidarci della “parola di Dio” perché F. Giuseppe, a causa di un imperdonabile e inspiegabile errore di distrazione, ha dimenticato per decine di pagine di riferire le vicende del Sinedrio… oppure perché un’oscura regia successiva ha preferito che a parlarcene fosse una “sola campana”…
Chi avrebbe avuto interesse a censurare la presenza del Sinedrio dalle pagine di Giuseppe?
La risposta è semplice: coloro che non avrebbero saputo come giustificare l’assenza di qualsiasi pronuncia su un fatto che non avvenne o meglio… che avvenne sulla base di motivazioni ideologiche ben diverse, per le quali l’unica autorità legittimata a pronunciarsi fu quella romana.
A chi, se non alla Chiesa, tornò utile fare sparire il Sinedrio dagli scritti di Giuseppe per farlo apparire soltanto nei sacri testi a recitare incontrastato un ruolo non credibile in una storia inverosimile?
A chi, se non alla Chiesa, avrebbe recato imbarazzo la presenza negli scritti di Giuseppe di un Sinedrio “in tutt’altre faccende affaccendato” mentre secondo i Vangeli nello stesso momento avrebbe dovuto essere impegnato ad istruire (di notte e durante la pasqua) un assurdo processo contro il “Figlio Unigenito di Dio”, nonostante gli straordinari e prodigiosi segni della sua divinità?
Se il Sinedrio del Nuovo Testamento non avesse avuto nulla da temere dal confronto con quello di Antichità Giudaiche, le “pie forbici” non avrebbero infierito sugli scritti dello storico ebreo che, anzi, si sarebbero trasformati in “cartina tornasole” dei sacri testi.
Invece il Sinedrio fu fatto sparire e si fece addirittura in modo che nelle narrazioni di Giuseppe relative a quegli anni non fosse mai nominato, nemmeno quando sarebbe stato indispensabile farlo!
A titolo di esempio si consideri il più volte citato “Testimonium” dove, per evitare di nominare il Sinedrio, si ricorre ad un oscuro giro di parole: “Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato” (37)?
Il silenzio di Giuseppe è ancora più inverosimile se pensiamo che lo stesso ebbe accesso agli archivi pubblici, tanto è vero che vi trovò registrata la genealogia della sua famiglia (38), nonché a libri sacri e documenti che, per “graziosa concessione di Tito”, gli fu dato raccogliere dopo la grande distruzione del 70 d.c. (39).
Sappiamo, dal Contro Apione (40), che l’insigne collegio ha sempre redatto “Annali degni di fede, per trasmettere il ricordo degli eventi pubblici” e che tale uso continuò ad essere ininterrottamente osservato fino agli anni in cui visse Flavio Giuseppe (41).
Dove sono finite le tracce di tali Annali a proposito dei quali lo storico ebreo affermò che le sue Antichità Giudaiche “ne sono un estratto fedele” (42)?
Non sono forse questi indizi così evidenti da smascherare i falsari e palesarne gli intenti?

Chiusa la parentesi dell'autocitazione (aperta non per megalomania ma per non scrivere nuovamente e con parole diverse ciò che altrove avevo già scritto), vi esorto a smentirmi (magari grazie alla vostra conoscenza della lingua greca e alle versioni in vostro possesso). Nella versione in italiano in mio possesso non c'è nulla che, per gli anni in questione, somigli alla parola "sinedrio" o che in qualche modo ne richiami l'attività.
Spero di aver lanciato un bel "sassolino" nello stagno... e passo oltre.
CITAZIONE
Ma per Giuseppe l'epoca di Cristo non esiste, è una espressione priva di significato, al massimo si può dire l'epoca di Pilato oppure quella di Tiberio. Sta raccontando infatti accadimenti di quel periodo, che ricopre vari anni.

Giustissimo, ma io dicendo "all'epoca di Cristo" intendevo "a quella che- a posteriori- secondo la storiografia cristiana fu l'epoca di Cristo"
CITAZIONE
Ebbene, in Ant. 18.89, senza alcun preavviso, senza nessuna altra precisazione, Giuseppe attacca a dire: "Ora Tiberio inviò una lettera a Vitellio..." Tiberio? Ma non era morto prima che Pilato mettesse piede a Roma? E a quando risale questo fatto? Mesi prima, un anno, non si sa niente. La cosa diventa poi tragicomica poco dopo con tutte le vicende della guerra di Antipa con Areta e il continuo ritorno indietro nel tempo di cui ho parlato altrove non ricordo più se con te o con Tigerman.

Forse sto per dire una banalità: oggi abbiamo le email, la posta prioritaria, gli espressi, il telefono, la radio ecc.
Proviamo ad immaginare un tempo nel quale le notizie per andare e tornare richiedevano talvolta giorni (come minimo) e spesso settimane o mesi: non possiamo spiegare tali apparenti contraddizioni con i ritmi estremamente rallentati (rispetto alla nostra epoca) negli sviluppi dei fatti, nella loro conoscenza e nelle reazioni ad essi?
CITAZIONE
Gnilka è professore di esegesi neotestamentaria ed ermeneutica biblica all'Università di Monaco di Baviera, non è un pinco pallino qualunque (come me, per intenderci).

Caro Gianluigi, se tu sei "un pinco pallino qualunque" io sono un "ponco pallocchio". Avessi io le tue capacità di approfondimento... (e soprattutto la conoscenza della lingua greca che avete tu e Frances).
CITAZIONE
Scusa se faccio un po' il bastian contrario, però hai chiesto tu un po' di opposizione, se così si può dire, del resto sta per uscire il tuo libro, se qualche professore o specialista di storia del cristianesimo dovesse avanzare delle obiezioni, queste sarebbero le minime che potrebbero esserti mosse. E noi vogliamo che tu sia preparato fin nei minimi dettagli.

Di questo non posso che ringraziarti: ottima palestra, spero in un massacro anche di questa mia (con particolare riguardo alla latitanza del sinedrio).

Passo ad alcune osservazioni di Frances:
CITAZIONE
Io credo che Giuseppe abbia effettivamente parlato di Gesù in termini piuttosto concisi, nella modalità "reportage", come quando si limita a registrare la morte dei due figli di Giuda il Galilelo, senza commenti benevoli o malevoli. De Testimonium emendato proposto da Meier:

Frances, sei sicura che in origine Giuseppe abbia registrato la morte dei figli di Giuda il Galileo senza "commenti benevoli o malevoli"?
Premessa: sono certo che tu abbia già capito che secondo me Simone e Giacomo crocifissi da Tiberio Alessandro sono gli stessi Simone e Giacomo degli Atti uccisi di spada per volontà di Agrippa (nonostante lo scarto di due anni).
Posso anche sbagliare ma sinceramente non penso che Giuseppe non abbia lanciato i suoi strali contro i figli di colui che considera come una specie di nemico pubblico...
CITAZIONE
E' invece vero (ma nessuno ne parla) che durante il medioevo, i cronisti dell'epoca riferiscono di copie di Antichità Giudaiche e di Guerra Giudaica in cui non c'è nessun riferimento su Gesù.

Frances, c'è un'altra cosa della quale nessuno parla: sappiamo che Origene, oltre ad ignorare l'esistenza del Testimonium, affermava che Giuseppe non credeva alla qualità messianica di Cristo. Questo vuol dire che Origene era a conoscenza di uno o più passi di Giuseppe (che noi non conosciamo) nei quali tale qualità era esplicitamente confutata! Per me questa considerazione è ancora più importante della "non conoscenza" del Testimonium.
Un'altra ipotesi è che conoscesse proprio il Testimonium ma in una versione così diversa dalle varie che noi conosciamo (ritrovate o presunte) da esprimere concetti antitetici a quelli in esse riportati.
Praticamente potrebbe aver parlato di Gesù Cristo (o di colui che noi così chiamiamo) usando gli stessi toni ai quali ricorre parlando di "truffatori" che seducono il popolo nei panni di sedicenti messia.
Se è così ci sto pure io a dire che la base del Testimonium è vera: magari soltanto nelle parole "ci fu in quel tempo un uomo... attirò molti giudei... Pilato lo punì di croce" e tutto il resto lo possiamo solo immaginare ispirandoci, ad esempio, a quanto detto a proposito dell'egiziano...
CITAZIONE
Ovviamente, con queste osservazioni si deve presupporre che la narrazione verta più sul regno di Tiberio nell'ambito degli affari in cui vennero coinvolti giudei, piuttosto che su Pilato e le sue malefatte.

Bè... dovrei cimentarmi nuovamente in una full immersion e rileggere gran parte dell'opera per verificare quello che sto per dire: credo che l'esposizione di Giuseppe segua grosso modo i periodi di incarico di prefetti e procuratori come fossero unità temporali definite. Non mi sembra che si riferisca agli anni di regno dei singoli imperatori (però, ripeto, posso sbagliare).
CITAZIONE
L'analisi del lessico dei passi riferiti a Gesù, Giovanni Battista e Giacomo fa parte della ricerca che sto conducendo. Però vorrei accertarmi fin nei minimi dettagli e compilare un documento formale che poi potrete leggere e scaricare dal mio sito.

A quando Frances? Sono sicuro che sarà preziosissimo per noi tutti.
Passo ad una citazione di Tacito da parte di Gianluigi :
CITAZIONE
"La storia, invece, di Tiberio, di Gaio, di Claudio e di Nerone fu falsificata per paura, finchè essi furono in auge, mentre, dopo la loro fine, fu composta sotto l'influenza di ancor freschi motivi di risentimento. Perciò mi sono proposto di narrare in sintesi solo gli ultimi momenti della vita di Augusto, per trattare poi il principato di Tiberio e le vicende successive con assoluta imparzialità, senza avversione nè simpatia, sentimenti per cui non nutro nel mio animo alcun motivo"

Gianluigi, puoi darmi i riferimenti? E' un'affermazione di importanza estrema!!!!
Non l'avevo mai notata (è nella Historiae o in Annales?).
E' incredibile: più leggi e spulci più trovi cose che non avevi mai visto!
CITAZIONE
Forse non considerava l'opera di Giuseppe degna di valore rispetto alle fonti romane? Però nelle Historiae mi sembra che ne tenga conto, quando parla della guerra giudaica. O forse perchè quando furono composti gli Annales l'espulsione dei giudei si trovava al posto giusto e non c'era alcuna anomalia da segnalare?

Avete fatto caso che non parla mai nemmeno del trattato di pace dell'anno 37 (mi sembra) tra Vitellio e Artebano sul fiume Eufrate?
Accidenti: era una trattato di pace tra due "superpotenze", com'è possibile che Tacito non ne faccia alcun riferimento (forse non l'ho trovato io)?
CITAZIONE
Giorgio Faro sosteneva sulla base di suoi calcoli che Erode, in realtà, sarebbe morto nell 1 a.C. e dal 4 all'1 a.C. ci sarebbe stata un coreggenza che avrebbe generato errori come questi.

W il monaco Dionigi originaro della Scizia... con l'anno di nascita di Cristo aveva quasi indovinato!!!! (scherzo).

Mi sono dilungato ma dovevo dire tantissime cose (spero possiate perdonarmi...).

Un caro saluto.

Giancarlo


 
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Hard-Rain
view post Posted on 30/12/2007, 12:41     +1   -1




CITAZIONE
Mi spiego meglio: perchè Giuseppe ricorre a questo curioso giro di parole per indicare il Sinedrio? Chi sono gli "uomini notabili tra noi" se non i componenti del Sinedrio?

Questo è il punto cruciale, Giancarlo. In questi giorni sto conducendo delle ricerche approfondite in collaborazione con il forum biblico di Avraham Israel. Cancelliamo pure la tradizionale immagine che abbiamo del Sinedrio quale organo giudicante. I trattati talmudici dicono cose diversissime. Quella di Gesù non fu affatto una riunione del Sinedrio. Quasi tutti gli studiosi occidentali affermano per esempio che il sommo sacerdote era il capo del Sinedrio. Cosa sbagliatissima, il sommo sacerdote non era a capo di nulla se non al tempo della dinastia Asmonea. Il sinedrio era presieduto da altre figure, il nasi del sinedrio ne era il capo. Inoltre non esiste un solo sinedrio, quello di 71 elementi è la massima corte di Gerusalemme, esistevano nella varie città e nella stessa Gerusalemme altre corti di 23 membri. Il Sinedrio propriamente detto, inoltre, poteva giudicare solo il sommo sacerdote e il caso di falso profeta. C'è un passo del Sanhedrin che afferma che proprio al termpo di Gesù (lett. il testo dice quarant'anni prima della distruzione del tempio, siamo quindi negli anni '30 del I secolo) la sede del sinedrio fu trasferita lontano dal quartiere del tempio e perdette la possibilità della condanna a morte. Questa interpretazione del passaggio è ebraica, non cristiana.

Alla luce di quel che ho scritto sopra, io non mi meraviglio che Giuseppe Flavio abbia, giustamente, usato quelle parole e non utilizzato il termine Sinedrio. Sinedrio è una parola greca, è utilizzato dai vangeli, ma il suo senso non identifica neppure correttamente il solo sinedrio ebraico. Uno storico romano usa sinedrio per designare il senato romano. Altri scrittori greci la usano abbastanza comunemente per dseignare un tribunale, un consiglio qualunque. In un altro post ho citato le fonti. Di sinedrio parlano i vangeli, ma siamo sicuri che intendessero dire il Gran Sinedrio di Gerusalemme? E' altamente imporbabile che l'evangelista intendesse dire proprio il Grande Sinedrio. Per fare un paragone, il Grande Sinedrio, quello descritto nel trattato Sanhedrin, sta alle corte di giustizia (dipendente dal Sinedrio) come il Ministero della giustizia sta al tribunale nel nostro odrinamento. Uno non viene giudicato direttamente dal ministro della giustizia, ma dai vari tribunali. Inoltre io mi chiedo da dove sia sorta la leggenda, tutta occidentale, del sommo sacerdote presidente del sinedrio. Non sta nè in cielo e nè in terra. I vangeli non dicono mai che il sommo sacerdote era capo del sinedrio. Dicono che interroga Gesù, pone delle questioni, "sembra" dirigere il processo, ma in realtà queste sono proprio le funzioni che non spettavano al nasi (presidente o capo) del sinedrio, sono le funzioni dell'accusa, che è parte in causa e deve dimostrare che un accusato ha torto. Infatti nel forum biblico si sono meravigliati quando ho detto che in tutti i libri "occidentali", di storici e biblisti autorevoli è scritto che il sommo sacerdote presiedeva il Sinedrio di Gerusalemme. Non è affatto così.

Un'altra cosa interessante è data dal fatto che il sommo sacerdote, di giorno, non poteva mai abbandonare l'area del tempio, viveva confinato lì dentro e ne usciva solo dopo il tramonto. Che possa avere a che fare con la riunione notturna di Gesù, solo di notte il sommo sacerdote poteva recarsi in zone lontane dal tempio.

Prima di analizzare bene la questione del processo a Gesù mi sto chiarendo esattamente come funzionavano le corti di giudstizia ebraiche secondo i trattati talmudici, con l'aiuto degli esperti del forum biblico. Vi farò sapere i risultati.

CITAZIONE
Questo vuol dire che Origene era a conoscenza di uno o più passi di Giuseppe (che noi non conosciamo) nei quali tale qualità era esplicitamente confutata! Per me questa considerazione è ancora più importante della "non conoscenza" del Testimonium.

Come non li conosciamo Giancarlo? Ancora oggi abbiamo la frase:

CITAZIONE
Guerra Giudaica, Libro VI, Cap. V, 312-313 – “Ma quello che maggiormente li incitò alla guerra fu un’ambigua profezia, ritrovata ugualmente nelle sacre scritture, secondo cui in quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo. Questa essi la intesero come se alludesse a un loro connazionale, e molti sapienti si sbagliarono nella sua interpretazione, mentre la profezia in realtà si riferiva al dominio di Vespasiano, acclamato imperatore in Giudea.”

Uno che scrive che le profezie messianiche si sono adempiute in Vespasiano, ben difficilmente può credere alla messianicità di Gesù Cristo. Notare che questa affermazione di Giuseppe era talmente nota che Tacito, nelle Historiae, la riprende pari pari:

CITAZIONE
Tacito, Historiae, Libro V, 13 - "Alcuni videro un significato spaventoso in quegli eventi ma nella maggioranza vi era la convinzione che negli antichi libri dei loro sacerdoti fosse contenuta la profezia che l'oriente sarebbe diventato molto potente e dei condottieri provenienti dalla Giudea erano destinati a conquistare il mondo. Queste misteriose profezie erano relative a Vespasiano e Tito ma la gente comune, con la solita cecità dovuta all'ambizione, aveva interpretato questi grandi destini a loro stessi e neppure i disastri avevano il potere di portarli a credere alla realtà."

Non ho verificato se anche in Antichità Giudaiche ci siano affermazioni simili, tuttavia il passo del Bellum Iudaicum mi sembra eloquente. Ovviamente, poi, Origene leggeva probabilmente il testimonium flavianum senza quelle tre evidenti interpolazioni. Conoscendo il resto del pensiero di Giuseppe, si faceva presto a dedurre che non poteva certo pensare che Gesù, così come nessun'altro all'infuori di Vespasiano, potesse essere il Messia (o il Cristos in greco).

Edited by Hard-Rain - 30/12/2007, 13:01
 
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Frances Admin
view post Posted on 30/12/2007, 13:25     +1   -1




CITAZIONE
Frances, sei sicura che in origine Giuseppe abbia registrato la morte dei figli di Giuda il Galileo senza "commenti benevoli o malevoli"?

Il richiamo ai figli di Giuda il Galileo in Antichità Giudaiche (20:102)è il seguente:

CITAZIONE
Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro (Tiberio) vennero crocefissi; questi era il Giuda che, come ho spiegato sopra, aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea.

Il lessico greco impiegato da Giuseppe per descrivere l'epilogo dei due discendenti di Giuda è strettamente aderente al suo stile, specialmente l'ultima subordinata, in cui l'autore esplicita che in precedenza aveva già parlato di Giuda il Galileo. In questo passo non riscontro nessuna ipotesi di interpolazione.

CITAZIONE
Posso anche sbagliare ma sinceramente non penso che Giuseppe non abbia lanciato i suoi strali contro i figli di colui che considera come una specie di nemico pubblico...

Non sono molto d'accordo. Giuseppe Flavio conduce i suoi strali contro gli zeloti di Giovanni di Giscala, i ciarlatani e i briganti generici, ma nel caso di Giuda il Galileo e il suo movimento in genere mantiene un atteggiamento neutrale, cronachistico. Il motivo è facile intuirlo: la setta fondata da Giuda era una delle quattro in cui si divideva il giudaismo . Giuda era un dottore della legge, non un brigante generico. Giuseppe Flavio, affetto da pedante formalismo verso tutto ciò che ha diritto di albergare nel sistema ebraico, ha una grande riverenza per i dottori della legge, anche contro quelli che in un certo momento hanno complottato contro di lui (come Gamaliele). Per questo io sostengo, orientandomi nella stessa direzione della critica odierna, che tra il movimento edificato da Giuda il Galileo e gli zeloti di Giovanni di Giscala, così come gli altri movimenti guidati da impostori (parole di Flavio) hanno poco in comune, se non l'originario risentimento verso il dominio romano.
CITAZIONE
Frances, c'è un'altra cosa della quale nessuno parla: sappiamo che Origene, oltre ad ignorare l'esistenza del Testimonium, affermava che Giuseppe non credeva alla qualità messianica di Cristo. Questo vuol dire che Origene era a conoscenza di uno o più passi di Giuseppe (che noi non conosciamo) nei quali tale qualità era esplicitamente confutata! Per me questa considerazione è ancora più importante della "non conoscenza" del Testimonium.
Un'altra ipotesi è che conoscesse proprio il Testimonium ma in una versione così diversa dalle varie che noi conosciamo (ritrovate o presunte) da esprimere concetti antitetici a quelli in esse riportati.
Praticamente potrebbe aver parlato di Gesù Cristo (o di colui che noi così chiamiamo) usando gli stessi toni ai quali ricorre parlando di "truffatori" che seducono il popolo nei panni di sedicenti messia.
Se è così ci sto pure io a dire che la base del Testimonium è vera: magari soltanto nelle parole "ci fu in quel tempo un uomo... attirò molti giudei... Pilato lo punì di croce" e tutto il resto lo possiamo solo immaginare ispirandoci, ad esempio, a quanto detto a proposito dell'egiziano...

Il caso di Origine è emblematico e meriterebbe un discorso approfondito. Nella mia ricerca che sto affrontando, ho dovuto esaminare tutti i padri della chiesa che citano o alludono a Giuseppe Flavio. Ebbene, c'è una tale confusione col titolo in greco col quale viene citata "Guerra Giudaica" che si potrebbe ipotizzare una doppia edizione di quest'opera. Ma questo discorso, appunto è valide per Guerra Giudaica e non per Antichità Giudaiche.

CITAZIONE
A quando Frances? Sono sicuro che sarà preziosissimo per noi tutti.
Passo ad una citazione di Tacito da parte di Gianluigi :

All'inizio, circa due mesi fa, contavo di pubblicarlo a Gennaio, ma mentre proseguo mi rendo conto che ci sono tantissimi aspetti da approfondire e il documento sta crescendo tanto che supererà le 170 pagine. Se poi aggiungiamo il Testimonium Flavianum contenuto nei manoscritti greci, allora si arriverà a più di 200 pagine. Escluso quest'ultimo capitolo, conto di terminarlo per Febbraio. Il documento completo non sarà disponibile per tutti, nel senso che mi riverserò la scelta a chi farlo scaricare. Invece, il capitolo concernente il paragrafo su Gesù contenuto nella versione in russo antico di Guerra Giudaica, sarà scaricabile direttamente dal mio sito.

CITAZIONE
Come non li conosciamo Giancarlo? Ancora oggi abbiamo la frase:

CITAZIONE
Guerra Giudaica, Libro VI, Cap. V, 312-313 – “Ma quello che maggiormente li incitò alla guerra fu un’ambigua profezia, ritrovata ugualmente nelle sacre scritture, secondo cui in quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo. Questa essi la intesero come se alludesse a un loro connazionale, e molti sapienti si sbagliarono nella sua interpretazione, mentre la profezia in realtà si riferiva al dominio di Vespasiano, acclamato imperatore in Giudea.”

Uno che scrive che le profezie messianiche si sono adempiute in Vespasiano, ben difficilmente può credere alla messianicità di Gesù Cristo. Notare che questa affermazione di Giuseppe era talmente nota che Tacito, nelle Historiae, la riprende pari pari:

La critica ha dimostrato che i riferimenti alla profezia messianica di Giuseppe e Tacito, così come Svetonio, sono indipendenti le une dalle altre. In realtà, la profezia messianica aveva avuto molta risonanza in Occidente come nel medio-oriente, tant'è che la sua circolazione produsse altrettante interpretazioni della stessa. Fu Vespasiano, che non avendo discendenti e dovendo legittimare la sua ascesa al trono, utilizzò la profezia come espediente per la sua conferma. A riguardo, c'è una monografia, bellissima, estremamente precisa e documentata:

Lucrezi Francesco, Messianismo, Regalità, Impero: Idee Religiose e Idea Imperiale nel Mondo Romano, Giuntina, Fireneze, 1996.
 
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