CITAZIONE (Hard-Rain @ 23/11/2008, 21:58)
Per quanto concerne le comunità paoline, si evince da alcuni dati che erano praticamente composte da pagani convertitisi alla nuova religione, di bassa estrazione sociale e culturale (cfr. 1 Corinzi). Vedi anche tutta la polemica sulla circoncisione, se fossero stati ebrei della diaspora sarebbero stati già circoncisi e il problema non si sarebbe posto. Paolo, come si evince dagli Atti, quando arrivava in un luogo cercava l'appoggio della locale comunità ebraica. Ma poi, una volta capiti i suoi intenti, che erano di proselitismo verso una fede considerata da apostati della Legge, gli ebrei solitamente lo cacciavano e non volevano sapere più nulla. Solo a prezzo di molte difficoltà e di qualche ebreo che "cadeva" nella rete poi riusciva a costruire qualcosa. Ma gli ebrei penso fossero in netta minoranza e comunque si chiedeva loro un distaccamento molto forte dalla loro religione originaria. Sicuramente un ebreo ortodosso della diaspora che mandava denaro al tempio non sarebbe mai diventato cristiano e, qualora lo fosse diventato, avrebbe smesso di mandare i doni al tempio .... a quei nemici che perseguitavano i cristiani a Gerusalemme e altrove. Nel 62 il sommo sacerdote Anano fa ammazzare Giacomo, una delle colonne della Chiesa di Gerusalemme. Vi era incompatibilità tra il sistema del tempio e le Chiese nascenti.
Concordo su tutto. La citazione della prassi dei giudei della diaspora di pagare la tassa al tempio era volta solo a precisare l'ovvio: che il tempio era un simbolo fondamentale anche per gli ebrei al di fuori della Palestina. Poi, per quanto riguarda invece la minoranza di ebrei delle comunità paoline, costoro avranno evidentemente preferito contribuire alla colletta di Paolo per la comunità cristiana di Gerusalemme, piuttosto che sovvenire al tempio.
Come ho già scritto, la tua obiezione circa l'insignificanza del tempio agli occhi dei destinatari delle lettere paoline è valida: costoro erano in netta maggioranza gentili. Tradizioni sulle sorti del tempio non erano interessanti.
CITAZIONE
Forse Paolo, che era dotato anche di notevole pragmatismo, si sforzava di non disprezzare eccessivamente il tempio e la classe dirigente di Gerusalemme, per esempio non mi risultano o non ricordo io particolari invettive di Paolo contro il sinedrio, discorsi duri come quelli di Gesù contro i "sepolcri imbiancati". Paolo manteva una porta aperta per evitare scontri troppo duri anche se mai e poi mai la poteva pensare come gli ebrei ortodossi e difatti non trovava spazio presso di loro. Anche nell'ottica di questi rapporti e di non temere ripercussioni, forse era meglio non andare a dire: "ecco, non vediamo l'ora che il vostro tempio sia distrutto e la vostra città sia rasa al suolo!". Diciamo che diplomaticamente sarebbe stato un disastro.
Sì, è possibile.
CITAZIONE
La presunta contraddizione tra un Gesù ebreo e la profezia della distruzione di Gerusalemme e del tempio si supera ipotizzando che Gesù - come diciamo spesso - fosse di derivazione esseno-enochica. Vedi i passi di autori e libri ebrei che vengono citati nella pasina web. Il commentario al profeta Abacuc non si fa scrupolo di postulare l'imminente venuta dell'esercito dei kittim che avrebbero distrutto tutto. Un ebreo osservante quando ritiene che i capi, il popolo violino i comandamenti di D-o o non li adempiano fino in fondo ha il diritto-dovere di ammonire il popolo e profetizzare gravi sventure. D'altronde cosa profetizzava quel Gesù di cui in Giuseppe Flavio, figlio di un povero contadino? La distruzione di Gerusalemme quattro anni prima dello scoppio della guerra. Si veda anche l'attività profetica di Geremia.
Approvo, ma con riserva. Gesù figlio di Anania, e prima ancora Geremia, sono certamente esempi di come anche un bravo ebreo potesse minacciare sventura sul tempio. Per cui la Fredriksen esagera nel voler eliminare le profezie contro il tempio per togliere la base di quel "Gesù cripto-antigiudaico" che percepisce nei colleghi.
Basta fare come Sanders. Per Sanders Gesù è un "giudeo comune" che approva completamente l'istituzione del tempio e che non ha particolari conflitti con i suoi correligionari. Eppure profetizza la distruzione(ricostruzione) del tempio poiché, in quanto "escatologista radicale" (cf. Gesù. La verità storica), è convinto che nell'Israele restaurato ci sarà un nuovo tempio glorioso.
Ora, la mia riserva verte appunto su questo: sembra difficile sostenere che Gesù fosse in un rapporto di opposizione al tempio vigente, sia perché vi sono tradizioni evangeliche che sembrano mostrare proprio il contrario, ma soprattutto perché tale presunto conflitto andrebbe a cozzare contro il fatto che, dopo la morte di Gesù, i discepoli continuarono a frequentare il tempio, e non certo per mere ragioni di "marketing".
A mostrare ostilità verso il tempio fu casomai la fazione degli "ellenisti" della comunità gerosolimitana, e tale ostilità la pagarono con la pelle e con la fuga. Ma la fazione "giudaica", quella delle "colonne", non furono per nulla toccati da tale persecuzione, per cui dobbiamo dedurre che di essi si sapeva che riconoscevano il tempio. Ora, se Gesù fosse stato avverso al tempio vigente, non è possibile spiegare come i suoi più stretti discepoli continuarono a frequentarlo.
Questa riserva, tuttavia, credo che non riguardi la tua posizione del Gesù esseno-enochico. Se non ho capito male, infatti, gli esseni non-qumranici - pur non offrendo i sacrifici comuni - accettavano
nell'attuale ordine delle cose il tempio erodiano, ed è soltanto per il nuovo eone che ne annunciavano la sostituzione. Una posizione questa che mi pare simile alla tesi di Sanders (ma anche di Meier).
CITAZIONE
Gesù per qualche motivo non era d'accordo con la classe politica ebrea del suo tempo, col Sinedrio e con gli altri ebrei al potere. Per questo motivo pronuncia delle invettive durissime contro Farisei e Sadducei e ne abbiamo parlato più volte. Queste invettive che probabilmente raccoglievano consenso forse hanno convinto il presidente del sinedrio del tempo e il sommo sacerdote che quel personaggio era pericoloso. Non lontano da lì e qualche anno prima il re Erode Antipa aveva fatto uccidere Giovanni Battista (non gli seriva l'approvazione di Roma perchè, come sappiamo, lo status della regione da egli amministrata era diverso dalla Giudea). Motivo: rompeva le scatole e accusava continuamente la politica del re, fomentando molte persone più o meno direttamente. La stessa cosa compì Gesù, non in Galilea-Perea ma in Giudea. A qui tempi bastava poco per essere tolti di mezzo senza tanti rimpianti (qualche politico al potere dei nostri giorni forse rimpiange quell'epoca).
Qui invece sono meno d'accordo. Anzitutto mi sembra che bisogna distinguere le invettive contro farisei e quelle (quali?) contro i sadducei. Quelle con i farisei sono abbondanti e, pur essendo possibile che rispecchino gli scontri della chiesa successiva, sembra sensato riconoscervi almeno un nucleo storico. Però ci sono due problemi.
1) Non sembra affatto che si possano identificare tranquillamente i farisei con "gli ebrei al potere". Certo, all'interno dell'aristocrazia sacerdotale ci saranno stati anche dei farisei, tuttavia sembra che sociologicamente, nel complesso, essi fossero dei retainers. Come scrive Anthony Saldarini: "
Generalmente non esercitavano direttamente il potere come gruppo e nell'insieme non avevano parte alla classe dominante. Erano un'associazione istruita, strutturata e volontaria, costantemente mirante ad esercitare ascendente sulla classe dominante. In quanto tali appartenevano alla classe degli addetti ai servizi, gruppo che si poneva al di sopra dei contadini e delle altre classe inferiori ma il cui ruolo nella società dipendeva dalla classe dominante e dal sovrano. Si trovavano a Gerusalemme e svolgevano verosimilmente nella società in certi tempi incarichi amministrativi o burocratici " (A.J. Saldarini, Farisei, scribi e sadducei nella società palestinese, Paideia, 2003, p. 261).
2) Dalle testimonianze evangeliche, è evidente che i farisei non giocano pressoché alcun ruolo negli eventi che conduco all'esecuzione di Gesù. Come scrive Theissen "
la connessione tra i farisei e la sentenza di morte contro Gesù, che viene stabilita tramite Mc 3,6, nacque soltanto nel momento in cui le contese con i farisei della Galilea furono unite alla storia della passione e si cercò di creare un nesso tra i conflitti di Gesù e la sua morte" (G. Theissen - A. Merz, Il Gesù storico, Queriniana, 1996, p. 289).
Insomma, è vero che Gesù ebbe conflitti con i farisei (probabilmente a causa del fatto che Gesù, pur non essendo lontano dalle loro posizioni, con il suo grande successo tra la popolazione interferiva con il raggio d'azione dei farisei; una situazione, insomma, da "due galli in un pollaio"), ma è certo che non furono questi conflitti a portarlo al patibolo.
Quanto ai sadducei, certamente la lontananza di Gesù rispetto a loro era massima (e la loro presenza nei vangeli minima). E tuttavia non mi pare che nei vangeli troviamo grandi invettive. La disputa sulla risurrezione sembra un caso isolato. Possiamo pensare che sadducei siano anche i "sommi sacerdoti", e allora abbiamo l'interessante controversia sull'autorità di Gesù, in cui mi sembra che Gesù, riferendosi al Battista, introduca un elemento di possibile polemica. A questa segue la parabola "al vetriolo" dei vignaioli omicidi. In entrambe i sommi sacerdoti stanno insieme agli anziani e agli scribi, che più o meno sono anche coloro di cui si dice che organizzano il complotto e che mandano ad arrestare Gesù.
In sintesi: con i farisei abbiamo controversie incendiarie, ma per nulla fatali; con i sadducei non abbiamo quasi nulla, oppure, associandoli al calderone sacerdoti-anziani-scribi (dentro a cui ci poteva essere anche qualche fariseo), abbiamo un'ostilità fatale, ma senza grandi controversie.
Direi quindi che non è così semplice sostenere che Gesù avesse qualcosa contro l'establishment gerosolimitano. Abbiamo l'importante episodio del tempio, ma il suo significato è lontano dall'essere chiaro o univoco (una protesta squisitamente politica? una polemica più per questioni religiose? o una non-polemica, bensì un semplice segno profetico (alla Sanders)?.
Ma ammettiamo pure che Gesù avesse un'inimicizia palese e pubblica verso l'establishment templare, e che quest'ultimo non vedesse quindi l'ora di levarselo dalle scatole. Ok, i sacerdoti corrono da mamma-Pilato e si mettono a frignare. Perché Pilato accetta di far fuori il loro "tafano"? Perché Gesù divergeva su questioni religiose? Assolutamente improbabile: se ne sarebbe fregato altamente delle scaramucce intra-ebraiche. Perché quei furbastri di sacerdoti gli avevano raccontato la balla che Gesù era un pretendente messianico? Anche ammettendo che Pilato si facesse abbindolare così e non avesse le sue proprie informazioni, l'ipotesi è da scartare: se avesse davvero creduto a questa balla, avrebbe senza dubbio cercato di far fuori anche il resto del movimento.
Allora, forse semplicemente perché una profezia contro il tempio era comunque un atto di potenziale destabilizzazione dello status quo? In effetti le sue frustate, Gesù figlio di Anania se le beccò proprio dai romani. Non fu però crocifisso. Lo sarebbe stato, se non lo avessero giudicato pazzo? Mah.
Tuttavia una parte di ragione la Fredriksen ce l'ha: il gesto di rovesciare i tavoli dei cambiavalute - qualunque cosa significasse - era sufficiente
da solo a condurre Gesù alla croce? Mi sembra che oltre a questo, insieme a questo, sia necessario mettere in conto il rilievo dell'annuncio di Gesù sull'imminenza del regno di Dio. Regno di Dio. Queste erano le parole che potevano veramente interessare Pilato, che potevano indurlo a sfoderare la croce.
E tuttavia egli
doveva sapere che il movimento di Gesù in realtà non costituiva di per sé una minaccia politica. Altrimenti non li avrebbe mai lasciati gironzolare tranquillamente per Gerusalemme.
E' questa l'anomalia che la Fredriksen cerca di risolvere: che Gesù morì come sedizioso e i suoi discepoli no.
E pur dovendo riconoscere alla sua ricostruzione un certo grado di "speculazione", mi sembra che faccia "fuoco" o almeno "fuochino"...
CITAZIONE (pcerini @ 23/11/2008, 23:14)
Che casino,storici che la pensano in un modo e storici che la pensano in un un'altro.
Puoi dirlo forte: un gran casino. Almeno su questo, direi che esiste un consenso universale.