Studi sul Cristianesimo Primitivo

Paolo e la profezia di distruzione(ricostruzione) del tempio

« Older   Newer »
  Share  
JohannesWeiss
view post Posted on 22/11/2008, 14:20     +1   -1




Attualmente sto leggendo i due bei libri di Paula Fredriksen, From Jesus to Christ (Yale University Press, 1988, II ed. 2000) e Jesus of Nazareth. King of the Jews (Vintage Books, 1999).
La Fredriksen è sostanzialmente un'allieva di Sanders e nel primo volume (From Jesus to Christ) la sua ricostruzione del Gesù storico segue abbastanza fedelmente quella di Sanders in Jesus and Judaism su diversi punti, tra cui quello secondo cui l'azione di Gesù nel tempio avrebbe avuto un carattere profetico (anziché di protesta morale o economico-politica), volto cioè a simboleggiare la distruzione e ricostruzione del Tempio, nell'ottica dell'imminente restaurazione di Israele, che, secondo Sanders (seguito da Fredriksen) era il centro del messaggio di Gesù.

Nel volume successivo, tuttavia, la Fredriksen cambia idea e considera la storia dell'azione nel tempio come una tradizione successiva al 70 che sfruttava l'avvenuta distruzione in un modo tale da reinforzare la fede cristiana: Gesù aveva disapprovato il tempio (Mc 11), ne aveva predetto la distruzione (Mc 13), ciò che conta è la risurrezione (Gv 2), la distruzione del tempio significa che il regno, insieme al ritorno di Gesù, è vicino (Mc 13).

Nonostante la testimonianza indipendente dell'episodio (Mc e Gv), del mutuo appoggio tra l'azione e i detti in cui si profetizza la distruzione del tempio, e della varietà di interpretazioni e di aggiustamenti con cui furono accolti nei vangeli - nonostante tutto ciò, la Fredriksen offre alcune ragioni per mettere in dubbio la realtà storica dell'episodio.
Alcuni argomenti non li trovo conclusivi e quindi li ometto. Il seguente lo trovo interessante:

"Paolo, che conobbe come minimo diversi tra i discepoli originali di Gesù e che parla lui stesso con autorità del regno che viene e del ritorno di Cristo, non menziona mai una tale profezia, allorché passa in rassegna i segni della fine. Come poteva non conoscerla? E, se la conosceva, come poteva non utilizzarla?"

Effettivamente Paolo, sebbene non si rifacesse molto spesso a detti di Gesù o a episodi della sua vita, mostra però di essere bene informato sulla visione escatologica che era propria di Gesù, come testimonian il passo di 1 Tess 4,15-17 in cui Paolo, rielaborandolo, riprende verosimilmente un detto di Gesù sulla venuta del Figlio dell'uomo.
Perché dunque, se era bene informato, non dice nulla circa la distruzione del tempio (naturalmente ancora in piedi, al tempo in cui scriveva)?

A me viene da pensare che forse Paolo, pur conoscendo tali profezie di Gesù, non le trovava utili o utilizzabili rispetto alla propria visione teologica "universalista". Gesù profetizzava l'avvento di un nuovo tempio escatologico come centro di un Israele restaurato. Paolo invece tende a de-nazionalizzare la restaurazione d'Israele: non c'è infatti più né Giudeo né Greco, e Abramo è padre di chiunque creda, Ebreo o Gentile che sia. Che utilità poteva avere in quest'ottica "universalista" richiamare la profezia su un nuovo tempio glorioso a Gerusalemme?
Oppure, non possiamo pensare che Paolo abbia in realtà già re-interpretato la profezia di Gesù sulla distruzione-ricostruzione del tempio?
In 1 Cor 3,16-17 Paolo parla della comunità come del "tempio di Dio" (Gnilka commenta: "L'immagine della comunità come tempio di Dio (...) ha come presupposto l'opposizione al tempio. In quanto tempio, la comunità è l'abitazione di Dio" (Paolo di Tarso. Apostolo e testimone, Paideia, 1998, p. 353; Gnilka nomina la comunità di Qumran come un caso analogo di "sostituzione").
E' forse questo il motivo per cui Paolo tralascia riferimenti alla profezia di Gesù? Per lui il nuovo tempio è già arrivato ed è costituito dalla comunità?

Che ne pensate, insomma, di questo silenzio paolino?
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 23/11/2008, 18:58     +1   -1




Il problema di Paolo è delicato e non può essere trattato così superficialmente (non da Johannes ma dalla Fredriksen). L'epistolario paolino non è un compendio della vita e dei fatti di Gesù ma risolve problemi contingenti di comunità già precedentemente fondate da Paolo oppure da altri (come nel caso dell'epistola ai Romani) che dunque hanno già ricevuto il kerygma di base. L'autrice si focalizza sul problema del tempio: ebbene, quanti altri aspetti dei logia e/o dei fatti di Gesù che troviamo nei sinottici, in Gv. e nella letteratura apocrifa non sono riportati nelle lettere di Paolo? Il motivo è dovuto al fatto che Paolo non dipende testualmente dai sinottici inoltre affronta problemi che sono ben oltre l'abc di base delle comunità cristiane, già dato per acquisito. Ricordiamo che solo l'altro giorno abbiamo proposto questa tesi del vangelo di Marco come dedicato ai neofiti, Paolo non si rivolge a dei neofiti che non conoscono ancora la vita di Gesù... Inoltre Paolo scrive in greco a comunità che si trovano lontano dalla Palestina (la lettera agli Ebrei è un caso a parte e, probabilmente, non è di Paolo) per le quali il simbolo del tempio ha molta meno enfasi che non per gli abitanti di Gerusalemme che vivevano in Giudea. Doveva trattare ben altri problemi, mentre la questione tempio e motivi per cui il tempio sarebbe stato distrutto (nella stessa interpretazione gesuana) poco interessano o hanno a che vedere con Efeso, Corinto, Roma, ecc..., trattavasi di un problema tutto interno al giudaismo palestinese.

Sembra difficile credere che un evangelista che abbia scritto post eventum quelle frasi dopo la distruzione del tempio e di Gerusalemme poi inserisca quelle frasi sulla fine fisica del mondo e la venuta del figlio dell'uomo, ponendole in modo così prossimo alla distruzione del tempio ("non passerà quella generazione", "subito dopo", ecc...). I sinottici, poi, hanno la celebre frase "pregate che la vostra fuga non avvenga in inverno", quando il tempio fu invece distrutto nel luglio del 70, in piena estate, uno che aveva assistito ai fatti non avrebbe probabilmente scritto quella frase (come notato da E. Lupieri). La tradizione apocalittica di una fine imminente del mondo è attestata appunto da Paolo, in 1 Tessalonicesi capitolo 4 (un brano apocalittico decisivo), in 1 Corinzi e in altri passi. Anche il grande Harnack non pensava che la profezia della distruzione del tempio nei sinottici fosse decisiva per collocare prima o dopo la stesura dei vangeli al 70, Gesù poteva benissimo averla pronunciata. Io condivido questa tesi di Harnack.

L'apocalittica a quel tempo e anche prima era un fatto vivo e reale. Ma si potrebbe citare anche l'esempio di quel Gesù (che sia un caso il nome?) figlio di un rozzo contadino che quattro anni prima dello scoppio della guerra andava predicando che Gerusalemme sarebbe stata distrutta, gridando in continuazione "Povera Gerusalemme!", tutto questo poi accadde effettivamente negli anni successivi.

Si veda anche:

https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Apocalevang.htm

La mia opinione è che in Mc. (e Mt.) la profezia non necessariamente è post eventum, mentre in Lc. è più probabile che lo sia, per quella allusione alla "Gerusalemme circondata dagli eserciti". Per Mt. probabilmente sono deicisive le tracce di elaborazione che si riscontrano nella parabola del convito.
 
Top
JohannesWeiss
view post Posted on 23/11/2008, 21:11     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 23/11/2008, 18:58)
Il problema di Paolo è delicato e non può essere trattato così superficialmente (non da Johannes ma dalla Fredriksen). L'epistolario paolino non è un compendio della vita e dei fatti di Gesù ma risolve problemi contingenti di comunità già precedentemente fondate da Paolo oppure da altri (come nel caso dell'epistola ai Romani) che dunque hanno già ricevuto il kerygma di base. L'autrice si focalizza sul problema del tempio: ebbene, quanti altri aspetti dei logia e/o dei fatti di Gesù che troviamo nei sinottici, in Gv. e nella letteratura apocrifa non sono riportati nelle lettere di Paolo? Il motivo è dovuto al fatto che Paolo non dipende testualmente dai sinottici inoltre affronta problemi che sono ben oltre l'abc di base delle comunità cristiane, già dato per acquisito.

La Fredriksen (che, ti assicuro, è una studiosa molto brava e ha scritto due libri bellissimi) concorderebbe su quanto dici. Ma poi aggiungerebbe: ma le tradizioni di carattere escatologico hanno per Paolo un'importanza fondamentale, e in 1 Tess 4 vediamo che egli mostra di conosccere la predicazione escatologica di Gesù e di utilizzarla. Perché, dunque, insieme al detto sullo squillo di tromba e la discesa del Signore/Figlio dell'uomo, non fa riferimento pure alla distruzione del tempio? (vedi più in basso)

CITAZIONE
Inoltre Paolo scrive in greco a comunità che si trovano lontano dalla Palestina (la lettera agli Ebrei è un caso a parte e, probabilmente, non è di Paolo) per le quali il simbolo del tempio ha molta meno enfasi che non per gli abitanti di Gerusalemme che vivevano in Giudea. Doveva trattare ben altri problemi, mentre la questione tempio e motivi per cui il tempio sarebbe stato distrutto (nella stessa interpretazione gesuana) poco interessano o hanno a che vedere con Efeso, Corinto, Roma, ecc..., trattavasi di un problema tutto interno al giudaismo palestinese.

Dunque, mi verrebbe da dire che il simbolo del tempio per il giudaismo della diaspora era tanto fondamentale quanto per il giudaismo palestinese, per cui non credo che si possa dire che la questione del tempio era una problema tutto interno a questo ultimo. Mi pare che Filone abbia scritto che, se Caligola non avesse desistito dal suo empio piano, avrebbe dovuto fare i conti con la protesta degli ebrei da una parte all'altra dell'impero. Si consideri inoltre l'abitudine dei giudei della diaspora di pagare la tassa del tempio, un uso talmente radicato e sentito che i romani cercarono di mantenerlo in vigore persino una volta che il tempio era stato distrutto!
Ora, Paolo certamente ha predicato anche agli ebrei della diaspora.
Tuttavia - se non erro - le lettere che abbiamo mi sembra che, in effetti, presuppongano un pubblico di destinatari a maggioranza gentile. Per cui la tua obiezione mi sembra valida. Cosa gliene fregava ai gentili di sentirsi ricordare una tradizione in cui Gesù avrebbe predetto la distruzione/ricostruzione del tempio? Che implicazioni ne avrebbero dovuto trarre? Sarebbero dovuti recarsi in pellegrinaggio in questo nuovo tempio escatologico?
Mi sembra decisamente più comprensibile che Paolo abbia piuttosto identificato il tempio di Dio con la comunità stessa, come in 1 Cor 3 (e tuttavia: perché questa immagine è così poco presente nelle sue lettere?).


CITAZIONE
Sembra difficile credere che un evangelista che abbia scritto post eventum quelle frasi dopo la distruzione del tempio e di Gerusalemme poi inserisca quelle frasi sulla fine fisica del mondo e la venuta del figlio dell'uomo, ponendole in modo così prossimo alla distruzione del tempio ("non passerà quella generazione", "subito dopo", ecc...).

Faccio l'avvocato del diavolo...
Non è detto che sia così difficile... coloro che pensano che Marco sia stato scritto dopo la distruzione del tempio, collocano comunque la composizione del vangelo negli immediati anni successivi a tale avvenimento (tipo: entro il 75), in un'atmosfera che era evidentemente ancora "bollente". In un tale contesto, potrebbe sembrare quindi naturale che l'evangelista abbia interpretato l'avvenuta distruzione del tempio come un segno che la fine del mondo era ormai prossima.

CITAZIONE
I sinottici, poi, hanno la celebre frase "pregate che la vostra fuga non avvenga in inverno", quando il tempio fu invece distrutto nel luglio del 70, in piena estate, uno che aveva assistito ai fatti non avrebbe probabilmente scritto quella frase (come notato da E. Lupieri).

Indubbiamente.

CITAZIONE
La tradizione apocalittica di una fine imminente del mondo è attestata appunto da Paolo, in 1 Tessalonicesi capitolo 4 (un brano apocalittico decisivo), in 1 Corinzi e in altri passi.

Anche la Fredriksen - che presenta un ritratto di Gesù del tutto apocalittico - ritiene che il passo di 1 Tess 4 costituisca una ulteriore attestazione dell'attesa escatologica imminente propria del Gesù storico.
Tuttavia si chiede: proprio visto che Paolo conosce (e valorizza) un detto di Gesù di questo genere (sulla venuta del Figlio dell'uomo), come si spiega che non faccia riferimento ai detti sulla distruzione del tempio, visto che dovrebbero appunto essere due tradizioni, per così dire, "sorelle"?
Come scrive in Jesus of Nazareth. King of the Jews (p. 231):
"There are plenty of places in the few letters we do have where he might have brought up this impressive, foreseen sign of the End of the Age. Consoling unhappy Thessalonians, somewhere after 4:15, "For we declare to you by the word of the Lord " that the Temple will be destroyed and established by God as a part of the Endtime events.
Or after Philippians 4:5, "The Lord is at hand! Once the Temple is no more, as he said, then it will be rebuilt and glorious by the Father
" .... (etc.)".

Insomma, Hard, la verità è che i ragionamenti che la brava Fredriksen fa per negare a Gesù la profezia di distruzione del tempio e l'azione simbolica di distruzione compiuta nel tempio stesso, a me sembrano un pochino pretestuosi.
In fin dei conti, l'argomento su Paolo è un'argomento e silentio, e lei stessa conviene che su argomenti siffatti non ci si può costruire sopra granché.
A questo aggiunge altre considerazioni poco conclusive: tipo il fatto che in un'area grande quanto 12 campi da calcio, come quella del tempio, nel mezzo di una enorme baraonda di pellegrini (come normale nella settimana di pasqua), un singolo uomo che si mette a rovesciare "profeticamente" due o tre tavoli non avrebbe mai potuto causare grande sconcerto: chi vi avrebbe fatto attenzione? solo le persone immediatamente adiacenti a Gesù.
Difficilmente il gesto di Gesù, nel mezzo di un affollamento simile, avrebbe potuto ottenere una così urgente attenzione dei sacerdoti del tempio, tale da indurli a consegnare Gesù a Pilato.
Alla fine la Fredriksen è anche disposta a concedere che Gesù abbia effettivamente compiuto questo gesto profetico. Il punto su cui insiste è che, tuttavia, tale gesto non può essere verosimilmente considerato come il fattore che ha determinato la morte di Gesù.
Gesù morì una "morte imperiale", una modalità che Roma impiegava primariamente avendo come obiettivo non tanto il povero condannato, quanto il pubblico che avrebbe assistito al grande "spot pubblicitario" dal legno: "così finisce chi trama contro Roma". Ora, secondo Fredriksen, una "piccola" protesta profetica intra-ebraica non poteva indurre Pilato a ricorrere alla crocifissione. C'erano molti altri modi di togliere di mezzo il mite profeta galileo.
La soluzione della Fredriksen è che Pilato, pur conoscendo la natura pacifica e inoffensiva del movimento di Gesù, che, secondo la cronologia giovannea, aveva potuto, in varie occasioni e tranquillamente, diffondere il suo messaggio a Gerusalemme - Pilato fu tuttavia "costretto" (senza farsi tanti scrupoli) a publicizzare Gesù dalla croce come "cattivo esempio", in quanto durante questa particolare Pasqua, le folle si erano messe a prendere molto, troppo, sul serio il messaggio escatologico di Gesù, e "regno di Dio" era divenuto uno slogan incontrollabile per lo stesso Gesù. Così, per dare a tutti una bella calmata, si dovette procedere a crocifiggere il povero Gesù, senza però che ci fosse bisogno di perseguitare il resto del suo movimento, che infatti poté rimanere e predicare indisturbato a Gerusalemme per molto tempo...cosa incomprensibile, se li si fosse considerati dei potenziali sediziosi).

A mio avviso, questa soluzione che la Fredriksen dà al "puzzle" Gesù è elegante e convincente. Il problema è che deve mettere in conto troppi dati ipotetici.

Ad ogni modo, il motivo reale per cui alla Fredriksen piacerebbe negare la storicità delle profezie di distruzione e del gesto nel tempio, è un altro. L'Autrice è proponente di un'immagine di Gesù fortemente giudaica. E che c'è di strano, direte, non fanno così anche tutti gli altri studiosi? In teoria, sì. Di fatto però alla Fredriksen sembra che le cose stiano diversamente.
Una volta il gesto nel tempio era visto, dagli studiosi cristiani, come un caso esemplare della sostanziale opposizione di Gesù al Giudaismo: Gesù purifica il tempio dalla impura religiosità "commerciale" degli ebrei, o addirittura abolisce il valore religioso del tempio stesso. Oggi questo, per fortuna, non accade più.
Secondo Fredriksen tuttavia l'opposizione Gesù vs Giudaismo si è semplicemente travestita: per Crossan il gesto nel tempio equivale allo scontro tra il buon Gesù "egualitario" e il cattivo tempio simbolo per eccellenza del sistema clienterale imposto da Roma. Per Horsley, Gesù fa valere i diritti della "piccola tradizione" galilea contro l'invadenza e lo sfruttamento perpetrato dalla "grande tradizione" dell'aristocrazia gerosolimitana. Per Borg, Gesù profetizza la distruzione del tempio in quanto centro pulsante della deleteria "politics of holiness", a cui egli contrappone la sua "politics of compassion". Per Wright, il tempio (rifugio degli zeloti) è il simbolo del dissennato nazionalismo ebraico che avrebbe presto causato il giudizio di Dio (attraverso Roma) su Israele, la cui vocazione sarebbe invece di essere "luce delle nazioni".
Ora, è per togliere il terreno sotto i piedi a queste ricostruzioni "cripto-antigiudaiche" di Gesù, che la Fredriksen cerca di mettere in dubbio la storicità del gesto di Gesù nel tempio e delle sue profezie di distruzione.
E, effettivamente, devo dire che non ha tutti i torti, anche se non è attraverso questi "mezzucci" che si devono "combattere" le ricostruzioni altrui.
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 23/11/2008, 21:58     +1   -1




Per quanto concerne le comunità paoline, si evince da alcuni dati che erano praticamente composte da pagani convertitisi alla nuova religione, di bassa estrazione sociale e culturale (cfr. 1 Corinzi). Vedi anche tutta la polemica sulla circoncisione, se fossero stati ebrei della diaspora sarebbero stati già circoncisi e il problema non si sarebbe posto. Paolo, come si evince dagli Atti, quando arrivava in un luogo cercava l'appoggio della locale comunità ebraica. Ma poi, una volta capiti i suoi intenti, che erano di proselitismo verso una fede considerata da apostati della Legge, gli ebrei solitamente lo cacciavano e non volevano sapere più nulla. Solo a prezzo di molte difficoltà e di qualche ebreo che "cadeva" nella rete poi riusciva a costruire qualcosa. Ma gli ebrei penso fossero in netta minoranza e comunque si chiedeva loro un distaccamento molto forte dalla loro religione originaria. Sicuramente un ebreo ortodosso della diaspora che mandava denaro al tempio non sarebbe mai diventato cristiano e, qualora lo fosse diventato, avrebbe smesso di mandare i doni al tempio .... a quei nemici che perseguitavano i cristiani a Gerusalemme e altrove. Nel 62 il sommo sacerdote Anano fa ammazzare Giacomo, una delle colonne della Chiesa di Gerusalemme. Vi era incompatibilità tra il sistema del tempio e le Chiese nascenti. Forse Paolo, che era dotato anche di notevole pragmatismo, si sforzava di non disprezzare eccessivamente il tempio e la classe dirigente di Gerusalemme, per esempio non mi risultano o non ricordo io particolari invettive di Paolo contro il sinedrio, discorsi duri come quelli di Gesù contro i "sepolcri imbiancati". Paolo manteva una porta aperta per evitare scontri troppo duri anche se mai e poi mai la poteva pensare come gli ebrei ortodossi e difatti non trovava spazio presso di loro. Anche nell'ottica di questi rapporti e di non temere ripercussioni, forse era meglio non andare a dire: "ecco, non vediamo l'ora che il vostro tempio sia distrutto e la vostra città sia rasa al suolo!". Diciamo che diplomaticamente sarebbe stato un disastro. Difatti Gesù pagò anche e soprattutto per queste parole. Anche il profeta Geremia quando iniziò a mantenere un linguaggio duro contro il popolo e i capi che secondo lui sbagliavano, stesse per fare una fine molto brutta...

La presunta contraddizione tra un Gesù ebreo e la profezia della distruzione di Gerusalemme e del tempio si supera ipotizzando che Gesù - come diciamo spesso - fosse di derivazione esseno-enochica. Vedi i passi di autori e libri ebrei che vengono citati nella pasina web. Il commentario al profeta Abacuc non si fa scrupolo di postulare l'imminente venuta dell'esercito dei kittim che avrebbero distrutto tutto. Un ebreo osservante quando ritiene che i capi, il popolo violino i comandamenti di D-o o non li adempiano fino in fondo ha il diritto-dovere di ammonire il popolo e profetizzare gravi sventure. D'altronde cosa profetizzava quel Gesù di cui in Giuseppe Flavio, figlio di un povero contadino? La distruzione di Gerusalemme quattro anni prima dello scoppio della guerra. Si veda anche l'attività profetica di Geremia. Gesù per qualche motivo non era d'accordo con la classe politica ebrea del suo tempo, col Sinedrio e con gli altri ebrei al potere. Per questo motivo pronuncia delle invettive durissime contro Farisei e Sadducei e ne abbiamo parlato più volte. Queste invettive che probabilmente raccoglievano consenso forse hanno convinto il presidente del sinedrio del tempo e il sommo sacerdote che quel personaggio era pericoloso. Non lontano da lì e qualche anno prima il re Erode Antipa aveva fatto uccidere Giovanni Battista (non gli seriva l'approvazione di Roma perchè, come sappiamo, lo status della regione da egli amministrata era diverso dalla Giudea). Motivo: rompeva le scatole e accusava continuamente la politica del re, fomentando molte persone più o meno direttamente. La stessa cosa compì Gesù, non in Galilea-Perea ma in Giudea. A qui tempi bastava poco per essere tolti di mezzo senza tanti rimpianti (qualche politico al potere dei nostri giorni forse rimpiange quell'epoca).
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 23/11/2008, 22:18     +1   -1




CITAZIONE
Non è detto che sia così difficile... coloro che pensano che Marco sia stato scritto dopo la distruzione del tempio, collocano comunque la composizione del vangelo negli immediati anni successivi a tale avvenimento (tipo: entro il 75), in un'atmosfera che era evidentemente ancora "bollente". In un tale contesto, potrebbe sembrare quindi naturale che l'evangelista abbia interpretato l'avvenuta distruzione del tempio come un segno che la fine del mondo era ormai prossima.

Prendiamo i testi che sicuramente sono stati composti post eventum, a partire dal vangelo di Giovanni, fine del I secolo d.C. Quale migliore occasione di mettere in bocca a Gesù una simile strabiliante profezia? Come mai non lo fanno? Per me a motivo del fatto che conteneva una buona dose di imbarazzo. Personalmente ritengo che nella corretta comprensione di questa "fine escatologica" si giochi molto della "verità" del Cristianesimo e dello stesso Gesù. Il capitolo 21 del vangelo di Giovanni molto probabilmente è stato inserito per rendere ancora più chiaro che per la venuta di Gesù si doveva ancora aspettare e dilatare il tempo. Tutto questo lavorio e imbarazzo non è casuale. Il problema esisteva ed esiste.
 
Top
pcerini
view post Posted on 23/11/2008, 23:14     +1   -1




Secondo Fredriksen tuttavia l'opposizione Gesù vs Giudaismo si è semplicemente travestita: per Crossan il gesto nel tempio equivale allo scontro tra il buon Gesù "egualitario" e il cattivo tempio simbolo per eccellenza del sistema clienterale imposto da Roma. Per Horsley, Gesù fa valere i diritti della "piccola tradizione" galilea contro l'invadenza e lo sfruttamento perpetrato dalla "grande tradizione" dell'aristocrazia gerosolimitana. Per Borg, Gesù profetizza la distruzione del tempio in quanto centro pulsante della deleteria "politics of holiness", a cui egli contrappone la sua "politics of compassion". Per Wright, il tempio (rifugio degli zeloti) è il simbolo del dissennato nazionalismo ebraico che avrebbe presto causato il giudizio di Dio (attraverso Roma) su Israele, la cui vocazione sarebbe invece di essere "luce delle nazioni".
Ora, è per togliere il terreno sotto i piedi a queste ricostruzioni "cripto-antigiudaiche" di Gesù, che la Fredriksen cerca di mettere in dubbio la storicità del gesto di Gesù nel tempio e delle sue profezie di distruzione.


Che casino,storici che la pensano in un modo e storici che la pensano in un un'altro.
 
Top
JohannesWeiss
view post Posted on 24/11/2008, 00:32     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 23/11/2008, 21:58)
Per quanto concerne le comunità paoline, si evince da alcuni dati che erano praticamente composte da pagani convertitisi alla nuova religione, di bassa estrazione sociale e culturale (cfr. 1 Corinzi). Vedi anche tutta la polemica sulla circoncisione, se fossero stati ebrei della diaspora sarebbero stati già circoncisi e il problema non si sarebbe posto. Paolo, come si evince dagli Atti, quando arrivava in un luogo cercava l'appoggio della locale comunità ebraica. Ma poi, una volta capiti i suoi intenti, che erano di proselitismo verso una fede considerata da apostati della Legge, gli ebrei solitamente lo cacciavano e non volevano sapere più nulla. Solo a prezzo di molte difficoltà e di qualche ebreo che "cadeva" nella rete poi riusciva a costruire qualcosa. Ma gli ebrei penso fossero in netta minoranza e comunque si chiedeva loro un distaccamento molto forte dalla loro religione originaria. Sicuramente un ebreo ortodosso della diaspora che mandava denaro al tempio non sarebbe mai diventato cristiano e, qualora lo fosse diventato, avrebbe smesso di mandare i doni al tempio .... a quei nemici che perseguitavano i cristiani a Gerusalemme e altrove. Nel 62 il sommo sacerdote Anano fa ammazzare Giacomo, una delle colonne della Chiesa di Gerusalemme. Vi era incompatibilità tra il sistema del tempio e le Chiese nascenti.

Concordo su tutto. La citazione della prassi dei giudei della diaspora di pagare la tassa al tempio era volta solo a precisare l'ovvio: che il tempio era un simbolo fondamentale anche per gli ebrei al di fuori della Palestina. Poi, per quanto riguarda invece la minoranza di ebrei delle comunità paoline, costoro avranno evidentemente preferito contribuire alla colletta di Paolo per la comunità cristiana di Gerusalemme, piuttosto che sovvenire al tempio.
Come ho già scritto, la tua obiezione circa l'insignificanza del tempio agli occhi dei destinatari delle lettere paoline è valida: costoro erano in netta maggioranza gentili. Tradizioni sulle sorti del tempio non erano interessanti.

CITAZIONE
Forse Paolo, che era dotato anche di notevole pragmatismo, si sforzava di non disprezzare eccessivamente il tempio e la classe dirigente di Gerusalemme, per esempio non mi risultano o non ricordo io particolari invettive di Paolo contro il sinedrio, discorsi duri come quelli di Gesù contro i "sepolcri imbiancati". Paolo manteva una porta aperta per evitare scontri troppo duri anche se mai e poi mai la poteva pensare come gli ebrei ortodossi e difatti non trovava spazio presso di loro. Anche nell'ottica di questi rapporti e di non temere ripercussioni, forse era meglio non andare a dire: "ecco, non vediamo l'ora che il vostro tempio sia distrutto e la vostra città sia rasa al suolo!". Diciamo che diplomaticamente sarebbe stato un disastro.

Sì, è possibile.

CITAZIONE
La presunta contraddizione tra un Gesù ebreo e la profezia della distruzione di Gerusalemme e del tempio si supera ipotizzando che Gesù - come diciamo spesso - fosse di derivazione esseno-enochica. Vedi i passi di autori e libri ebrei che vengono citati nella pasina web. Il commentario al profeta Abacuc non si fa scrupolo di postulare l'imminente venuta dell'esercito dei kittim che avrebbero distrutto tutto. Un ebreo osservante quando ritiene che i capi, il popolo violino i comandamenti di D-o o non li adempiano fino in fondo ha il diritto-dovere di ammonire il popolo e profetizzare gravi sventure. D'altronde cosa profetizzava quel Gesù di cui in Giuseppe Flavio, figlio di un povero contadino? La distruzione di Gerusalemme quattro anni prima dello scoppio della guerra. Si veda anche l'attività profetica di Geremia.

Approvo, ma con riserva. Gesù figlio di Anania, e prima ancora Geremia, sono certamente esempi di come anche un bravo ebreo potesse minacciare sventura sul tempio. Per cui la Fredriksen esagera nel voler eliminare le profezie contro il tempio per togliere la base di quel "Gesù cripto-antigiudaico" che percepisce nei colleghi.
Basta fare come Sanders. Per Sanders Gesù è un "giudeo comune" che approva completamente l'istituzione del tempio e che non ha particolari conflitti con i suoi correligionari. Eppure profetizza la distruzione(ricostruzione) del tempio poiché, in quanto "escatologista radicale" (cf. Gesù. La verità storica), è convinto che nell'Israele restaurato ci sarà un nuovo tempio glorioso.
Ora, la mia riserva verte appunto su questo: sembra difficile sostenere che Gesù fosse in un rapporto di opposizione al tempio vigente, sia perché vi sono tradizioni evangeliche che sembrano mostrare proprio il contrario, ma soprattutto perché tale presunto conflitto andrebbe a cozzare contro il fatto che, dopo la morte di Gesù, i discepoli continuarono a frequentare il tempio, e non certo per mere ragioni di "marketing".
A mostrare ostilità verso il tempio fu casomai la fazione degli "ellenisti" della comunità gerosolimitana, e tale ostilità la pagarono con la pelle e con la fuga. Ma la fazione "giudaica", quella delle "colonne", non furono per nulla toccati da tale persecuzione, per cui dobbiamo dedurre che di essi si sapeva che riconoscevano il tempio. Ora, se Gesù fosse stato avverso al tempio vigente, non è possibile spiegare come i suoi più stretti discepoli continuarono a frequentarlo.
Questa riserva, tuttavia, credo che non riguardi la tua posizione del Gesù esseno-enochico. Se non ho capito male, infatti, gli esseni non-qumranici - pur non offrendo i sacrifici comuni - accettavano nell'attuale ordine delle cose il tempio erodiano, ed è soltanto per il nuovo eone che ne annunciavano la sostituzione. Una posizione questa che mi pare simile alla tesi di Sanders (ma anche di Meier).

CITAZIONE
Gesù per qualche motivo non era d'accordo con la classe politica ebrea del suo tempo, col Sinedrio e con gli altri ebrei al potere. Per questo motivo pronuncia delle invettive durissime contro Farisei e Sadducei e ne abbiamo parlato più volte. Queste invettive che probabilmente raccoglievano consenso forse hanno convinto il presidente del sinedrio del tempo e il sommo sacerdote che quel personaggio era pericoloso. Non lontano da lì e qualche anno prima il re Erode Antipa aveva fatto uccidere Giovanni Battista (non gli seriva l'approvazione di Roma perchè, come sappiamo, lo status della regione da egli amministrata era diverso dalla Giudea). Motivo: rompeva le scatole e accusava continuamente la politica del re, fomentando molte persone più o meno direttamente. La stessa cosa compì Gesù, non in Galilea-Perea ma in Giudea. A qui tempi bastava poco per essere tolti di mezzo senza tanti rimpianti (qualche politico al potere dei nostri giorni forse rimpiange quell'epoca).

Qui invece sono meno d'accordo. Anzitutto mi sembra che bisogna distinguere le invettive contro farisei e quelle (quali?) contro i sadducei. Quelle con i farisei sono abbondanti e, pur essendo possibile che rispecchino gli scontri della chiesa successiva, sembra sensato riconoscervi almeno un nucleo storico. Però ci sono due problemi.
1) Non sembra affatto che si possano identificare tranquillamente i farisei con "gli ebrei al potere". Certo, all'interno dell'aristocrazia sacerdotale ci saranno stati anche dei farisei, tuttavia sembra che sociologicamente, nel complesso, essi fossero dei retainers. Come scrive Anthony Saldarini: "Generalmente non esercitavano direttamente il potere come gruppo e nell'insieme non avevano parte alla classe dominante. Erano un'associazione istruita, strutturata e volontaria, costantemente mirante ad esercitare ascendente sulla classe dominante. In quanto tali appartenevano alla classe degli addetti ai servizi, gruppo che si poneva al di sopra dei contadini e delle altre classe inferiori ma il cui ruolo nella società dipendeva dalla classe dominante e dal sovrano. Si trovavano a Gerusalemme e svolgevano verosimilmente nella società in certi tempi incarichi amministrativi o burocratici " (A.J. Saldarini, Farisei, scribi e sadducei nella società palestinese, Paideia, 2003, p. 261).
2) Dalle testimonianze evangeliche, è evidente che i farisei non giocano pressoché alcun ruolo negli eventi che conduco all'esecuzione di Gesù. Come scrive Theissen "la connessione tra i farisei e la sentenza di morte contro Gesù, che viene stabilita tramite Mc 3,6, nacque soltanto nel momento in cui le contese con i farisei della Galilea furono unite alla storia della passione e si cercò di creare un nesso tra i conflitti di Gesù e la sua morte" (G. Theissen - A. Merz, Il Gesù storico, Queriniana, 1996, p. 289).
Insomma, è vero che Gesù ebbe conflitti con i farisei (probabilmente a causa del fatto che Gesù, pur non essendo lontano dalle loro posizioni, con il suo grande successo tra la popolazione interferiva con il raggio d'azione dei farisei; una situazione, insomma, da "due galli in un pollaio"), ma è certo che non furono questi conflitti a portarlo al patibolo.
Quanto ai sadducei, certamente la lontananza di Gesù rispetto a loro era massima (e la loro presenza nei vangeli minima). E tuttavia non mi pare che nei vangeli troviamo grandi invettive. La disputa sulla risurrezione sembra un caso isolato. Possiamo pensare che sadducei siano anche i "sommi sacerdoti", e allora abbiamo l'interessante controversia sull'autorità di Gesù, in cui mi sembra che Gesù, riferendosi al Battista, introduca un elemento di possibile polemica. A questa segue la parabola "al vetriolo" dei vignaioli omicidi. In entrambe i sommi sacerdoti stanno insieme agli anziani e agli scribi, che più o meno sono anche coloro di cui si dice che organizzano il complotto e che mandano ad arrestare Gesù.
In sintesi: con i farisei abbiamo controversie incendiarie, ma per nulla fatali; con i sadducei non abbiamo quasi nulla, oppure, associandoli al calderone sacerdoti-anziani-scribi (dentro a cui ci poteva essere anche qualche fariseo), abbiamo un'ostilità fatale, ma senza grandi controversie.
Direi quindi che non è così semplice sostenere che Gesù avesse qualcosa contro l'establishment gerosolimitano. Abbiamo l'importante episodio del tempio, ma il suo significato è lontano dall'essere chiaro o univoco (una protesta squisitamente politica? una polemica più per questioni religiose? o una non-polemica, bensì un semplice segno profetico (alla Sanders)?.
Ma ammettiamo pure che Gesù avesse un'inimicizia palese e pubblica verso l'establishment templare, e che quest'ultimo non vedesse quindi l'ora di levarselo dalle scatole. Ok, i sacerdoti corrono da mamma-Pilato e si mettono a frignare. Perché Pilato accetta di far fuori il loro "tafano"? Perché Gesù divergeva su questioni religiose? Assolutamente improbabile: se ne sarebbe fregato altamente delle scaramucce intra-ebraiche. Perché quei furbastri di sacerdoti gli avevano raccontato la balla che Gesù era un pretendente messianico? Anche ammettendo che Pilato si facesse abbindolare così e non avesse le sue proprie informazioni, l'ipotesi è da scartare: se avesse davvero creduto a questa balla, avrebbe senza dubbio cercato di far fuori anche il resto del movimento.
Allora, forse semplicemente perché una profezia contro il tempio era comunque un atto di potenziale destabilizzazione dello status quo? In effetti le sue frustate, Gesù figlio di Anania se le beccò proprio dai romani. Non fu però crocifisso. Lo sarebbe stato, se non lo avessero giudicato pazzo? Mah.
Tuttavia una parte di ragione la Fredriksen ce l'ha: il gesto di rovesciare i tavoli dei cambiavalute - qualunque cosa significasse - era sufficiente da solo a condurre Gesù alla croce? Mi sembra che oltre a questo, insieme a questo, sia necessario mettere in conto il rilievo dell'annuncio di Gesù sull'imminenza del regno di Dio. Regno di Dio. Queste erano le parole che potevano veramente interessare Pilato, che potevano indurlo a sfoderare la croce.
E tuttavia egli doveva sapere che il movimento di Gesù in realtà non costituiva di per sé una minaccia politica. Altrimenti non li avrebbe mai lasciati gironzolare tranquillamente per Gerusalemme.
E' questa l'anomalia che la Fredriksen cerca di risolvere: che Gesù morì come sedizioso e i suoi discepoli no.
E pur dovendo riconoscere alla sua ricostruzione un certo grado di "speculazione", mi sembra che faccia "fuoco" o almeno "fuochino"...

CITAZIONE (pcerini @ 23/11/2008, 23:14)
Che casino,storici che la pensano in un modo e storici che la pensano in un un'altro.

Puoi dirlo forte: un gran casino. Almeno su questo, direi che esiste un consenso universale.
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 24/11/2008, 08:41     +1   -1




L'episodio della cacciata dei mercanti dal tempio nei vangeli è visto in termini minimalisti come un fatto isolato e simbolico ma alcuni storici, che identificano Gesù con il classico combattente messianico antiromano del tempo, ritengono che sia stato attenuato notevolmente e ridimensionato mentre in realtà Gesù e/o i suoi seguaci tentarono una azione militare di conquista del tempio. Il testimonium slavorum (ma qui abbiamo un enorme problema di attendibilità storica) e Lattanzio ci presentano un movimento di Gesù fortemente propenso a conquistare militarmente il potere.

Nota sul tempio: i montanisti credevano che il nuovo tempio sarebbe disceso dal cielo sopra Pepuza. Sono seguaci radicali della dottrina di ricostruzione simbolica e metafisica del tempio distrutto dai Romani. Forse radicalizzarono una tradizione di idee religiose che risalivano al Gesù storico.
 
Top
JohannesWeiss
view post Posted on 24/11/2008, 11:57     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2008, 08:41)
L'episodio della cacciata dei mercanti dal tempio nei vangeli è visto in termini minimalisti come un fatto isolato e simbolico ma alcuni storici, che identificano Gesù con il classico combattente messianico antiromano del tempo, ritengono che sia stato attenuato notevolmente e ridimensionato mentre in realtà Gesù e/o i suoi seguaci tentarono una azione militare di conquista del tempio. Il testimonium slavorum (ma qui abbiamo un enorme problema di attendibilità storica) e Lattanzio ci presentano un movimento di Gesù fortemente propenso a conquistare militarmente il potere.

Come già osservato, se Gesù fosse stato un rivoluzionario anti-romano (e il gesto nel tempio fosse stato un tentativo di "presa"), si deve spiegare per quale incomprensibile ragione Pilato dovrebbe essersi limitato a decapitare la "testa" di un movimento rivoluzionario, lasciando che il "corpo" continuasse a circolare liberamente per la città. Questo non era il modo d'agire romano.
Allora che si fa? Si ipotizza che la crocifissione, lungi dal comprendere il solo Gesù più due altri banditi, fu una crocifissione di massa?
Ma le fonti non dicono nulla del genere!!
E alla fine il punto delle ricostruzioni che propongono un Gesù rivoluzionario mi sembra che sia proprio questo: possono farlo solo al prezzo di ritenere le fonti radicalmente inquinate, al punto da essere pressoché del tutto inaffidabili.
Si tratta di uno scetticismo radicale che non mi sembra condivisibile (e che, di fatto, la stragrande maggioranza degli studiosi accademici - cristiani, agnostici o atei che siano - non condivide).

CITAZIONE
Nota sul tempio: i montanisti credevano che il nuovo tempio sarebbe disceso dal cielo sopra Pepuza. Sono seguaci radicali della dottrina di ricostruzione simbolica e metafisica del tempio distrutto dai Romani. Forse radicalizzarono una tradizione di idee religiose che risalivano al Gesù storico.

Questo non lo sapevo proprio. E' interessantissimo!
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 24/11/2008, 12:24     +1   -1




CITAZIONE
Questo non lo sapevo proprio. E' interessantissimo!

Il Montanismo è un fenomeno del II secolo. In realtà mi sono sbagliato, i Montanisti credevano che a Pepuza sarebbe discesa la Gerusalemme celeste (probabilmente con anche un ... tempio nuovo!).

Molto interessante è invece il rotolo del tempio (11QT) di Qumran dove ci sono informazioni su come sarebbe stato un "altro" tempio, che i giusti avrebbero divuto costruire, che ne pensi? Gira e rigira torniamo sempre a Qumran e dintorni! Perchè si erano posti il problema di un altro tempio?
 
Top
JohannesWeiss
view post Posted on 24/11/2008, 14:26     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2008, 12:24)
Molto interessante è invece il rotolo del tempio (11QT) di Qumran dove ci sono informazioni su come sarebbe stato un "altro" tempio, che i giusti avrebbero divuto costruire, che ne pensi? Gira e rigira torniamo sempre a Qumran e dintorni! Perchè si erano posti il problema di un altro tempio?

Secondo Sanders il tempio idealizzato che viene minuziosamente descritto nel Rotolo del tempio non è ancora quello finale. Esso lascerà infatti posto al santuario definitivo, creato da Dio stesso, come si dice nel seguente passo:

"Santificherò il mio santuario con la mia gloria; farò sì che la mia gloria abiti in esso fino al giorno della Benedizione; a quel tempo Io stesso creerò il mio santuaro, stabilendolo per sempre per me stesso, come l'alleanza che stipulai con Giacobbe a Bet-El" (11 Q Tempio 29,8-10)

Sanders elenca tutta una serie di ulteriori attestazioni dell'attesa di un nuovo tempio.

Tob 14,5: “Essi ricostruiranno la casa di Dio, ma non uguale alla prima, finché sarà completo il computo dei giorni. Dopo, dai luoghi della loro cattività torneranno tutti, e ricostruiranno Gerusalemme nella sua magnificenza e il tempio di Dio sarà ricostruito là con un edificio glorioso per tutte le generazioni per sempre, proprio come di esso avevano detto i profeti”.

1 En 90,28s: “E stetti ad osservare fin quando [il fuoco] attinse a quella vecchia casa; e fecero uscire tutte le colonne, e tutte le travi e gli ornamenti di quella casa si avvilupparono con esso [fuoco] e la fecero uscire. E vidi il Signore delle pecore fin quando fece venire una casa nuova, più grande e alta di quella precedente e la pose nel luogo della prima… e tutte le pecore stavano in mezzo ad essa”.

Nell’Apocalisse delle settimane (1 En 91,13) si dice che nell’ottava settimana “sarà costruita la casa per il gran Re, a gloria, in eterno”. Sanders commenta: “L’ottava settimana appartiene alla fine dei tempi e perciò qui abbiamo un chiaro riferimento alla costruzione di un tempio escatologico” (Gesù e il giudaismo, p. 111)

Libro dei Giubilei 1,15-17.27: “Io li radunerò di fra tutti i popoli (…) Ed io costruirò il mio santuario in mezzo a loro e risiederò con loro (…)”; “Scrivi per Mosé: dalla prima creazione fino a quando sarà costruito, in mezzo a loro, il mio santuario, per l’eternità”.

I Testamenti dei Dodici Patriarchi (che vanno usati con cautela, visto le interpolazioni cristiane), nel Testamento di Beniamino 9,2 si dice che: “Il tempio di Dio sarà vostra porzione e l’ultimo sarà più glorioso del primo: qui si raduneranno le dodici tribù e tutti i popoli, al tempo in cui l’Altissimo manderà la sua salvezza per mezzo del [la visita del] profeta [unigenito”].

Nei Salmi di Salomone, si dice che il messia figlio di Davide, dopo aver purificato Gerusalemme dalle genti, aver radunato un popolo santo e giudicato le tribù, “glorificherà il Signore in un posto tale da essere visto da tutta la terra” (17,32). Il che sembra riferisi chiaramente l’esaltazione del Monte Sion e del tempio.

Sanders cita, infine, gli Oracoli Sibillini: “In 5,414-433 un ‘uomo benedetto’ dal cielo distrugge gli empi, riedifica Gerusalemme, così che essa è ‘più raggiante delle stelle e del sole e della luna’ e costruisce un tempio dalle dimensioni di molte centinaia di metri e dotato di una torre gigantesca ‘che tocca le stesse nubi ed è vista da tutti’ (Gesù e il giudaismo, p. 116).

Da ultimo, c’è la testimonianza “negativa” dell’Apocalisse di Giovanni (21,22): “Non vidi alcun tempio nella città perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio”. Sanders commenta: “Ciò rappresenta una chiara polemica contro la normale attesa giudaica. (…) La vera nuova Gerusalemme, a differenza di quella dell’attesa giudaica, non avrà tempio”. (…) L’affermazione dell’autore a proposito del tempio sembra indicare un desiderio di contrastare la naturale ipotesi che ‘nuova Gerusalemme’ significhi ‘nuovo tempio’, e che faccia ciò sulla base della teologia cristiana: non c’è bisogno del luogo di espiazione per i peccati d’Israele” (Gesù e il giudaismo, p. 117).

Da questa rassegna, sembra che l'attesa di un nuovo tempio escatologico, pur caratterizzando in modo dominante la tradizione essena (sia qumranica che enochica), fosse però diffusa anche in altri ambienti (vedi Tobia, Salmi di Salomone e Oracoli Sibillini).
Interessante è soprattutto l'osservazione di Sanders sul Rotolo del tempio. I qumraniti sicuramente rifiutavano l'attuale tempio gerosolimitano, e guardavano avanti al nuovo tempio in cui sarebbero stati loro ad officiare, e non il falso sacerdozio vigente. E tuttavia pare che che questo "loro tempio" a cui anelavano, non fosse ancora quello definitivo, che sarebbe stato "creato" da Dio stesso successivamente al loro reinsediamento.
Se ne dovrebbe dedurre che anche a Qumran l'attesa del temio escatologico è una cosa distinta (sebbene connessa) alla loro opposizione al tempi erodiano.

Edited by JohannesWeiss - 24/11/2008, 15:07
 
Top
view post Posted on 24/11/2008, 15:58     +1   -1
Avatar

www.ufoforum.it/viewtopic.php?f=44&t=18168

Group:
Member
Posts:
8,427
Reputation:
0
Location:
Gotham

Status:


CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2008, 08:41)
L'episodio della cacciata dei mercanti dal tempio nei vangeli è visto in termini minimalisti come un fatto isolato e simbolico ma alcuni storici, che identificano Gesù con il classico combattente messianico antiromano del tempo, ritengono che sia stato attenuato notevolmente e ridimensionato mentre in realtà Gesù e/o i suoi seguaci tentarono una azione militare di conquista del tempio. Il testimonium slavorum (ma qui abbiamo un enorme problema di attendibilità storica) e Lattanzio ci presentano un movimento di Gesù fortemente propenso a conquistare militarmente il potere.

Nota sul tempio: i montanisti credevano che il nuovo tempio sarebbe disceso dal cielo sopra Pepuza. Sono seguaci radicali della dottrina di ricostruzione simbolica e metafisica del tempio distrutto dai Romani. Forse radicalizzarono una tradizione di idee religiose che risalivano al Gesù storico.

.

solo per i neofiti : al post di Rain e per la risposta di Weiss ,
ne abbiamo parlato qui :

http://forumbiblico.forumfree.net/?t=23776605&st=120

... per il resto seguo in ammirato silenzio questo 3d.




zio ot :mf_bookread.gif:
 
Top
JohannesWeiss
view post Posted on 25/11/2008, 11:05     +1   -1




Hard, che dici della osservazione di Sanders sul Rotolo del Tempio? (tu conosci bene i Rotoli, io no...)

Intanto, cercando cercando, ho trovato anche un passaggio di J.J. Collins (massimo esperto di apocalittica) che mi pare dire la stessa cosa:

"Il Rotolo del Tempio (...) Viene spesso considerato una legge per la "fine dei tempi", ma in effetti non sembra che sia così. (...) Il re ivi descritto non è un messia, e non è visto come il compimento della profezia messianica. Il Rotolo del Tempio deve essere considerato un documento riformistico, per quell'epoca, piuttosto che per il futuro escatologico.
(...) Gran parte del Rotolo del Tempio è dedicato al tempio provvisorio che deve durare fino al giorno della nuova creazione, ma non è però il tempio escatologico. Questo nuovo tempio si distingue per le sue dimensioni gigantesche: è grande circa tre volte la superficie del tempio costruito da Erode e si distingue anche per la severità delle leggi sulla purezza e delle regole rituali. E' chiaramente un tempio utopico e non è mai effettivamente esistito. Ciononostante è un tempio per quell'epoca più che per il futuro escatologico
".

(J.J. Collins, L'apocalittica nei rotoli del Mar Morto, Massimo, Milano, 1999, p. 92 - ed. or. ing. 1977)
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 25/11/2008, 11:40     +1   -1




Johannes in questi giorni sono impegnato su altri temi (Marco greco e inno alla carità di Paolo in 1 Corinzi e significato di agapè in Paolo e nel cristianesimo primitivo). Comunque le frasi: "Il Rotolo del Tempio deve essere considerato un documento riformistico" e "è un tempio per quell'epoca più che per il futuro escatologico" sono significative. Pare poi che per Gesù e Paolo la "loro epoca" coincidesse con la fine dei tempi riconosciuta imminente, no? "Non passerà questa generazione prima che queste cose siano accadute" dice Gesù.

Edited by Hard-Rain - 25/11/2008, 12:33
 
Top
a_ntv
view post Posted on 4/12/2008, 20:58     +1   -1





Dal testo di P.Sacchi "Gesù e la sua gente": La letteratura interstamentaria, a partire dal Libro dei Sogni scritto intorno al 160 ac, presentà più volte la profezia della distruzione del Tempio di Gerusalemme. Era una profezia-desiderio espressa da enochici e da qumranici, e al tempo di Gesù, era un motivo noto e diffuso. Sulla sua base pertanto non si può costruire alcuna datazione, perché la profezia della Distruzione del Tempio non fu solo di Gesù.

Tale profezia-desiderio era collegato non tanto ad un aspetto politico o di previsione del futuro, quanto era un sottolineare che i sacrifici nel secondo Tempio erano corrotti.
Non era quindi motivo di particolare interesse per le comunità di gentili di Paolo, le quali erano presumibilmente poco addentro alle polemiche cultuali inter-giudaiche. Paolo può quindi non toccare il problema della distruzione del Tempio.

PS riguardo l'episodio della cacciata dei mercanti dal tempio nei vangeli, probabilmente è da sottolineare non tanto che il Tempio e il suo culto fossero importanti per Gesù, ma che Gesù si arroga il potere, tipico sacerdotale e levitico, della gestione del Tempio. Con lo scacciare il mercanti dal Tempio, Gesù proclama di avere un'autorità superiore al sommo sacerdote che li aveva autorizzati a vendere lì.
 
Top
14 replies since 22/11/2008, 14:20   532 views
  Share