Continuo una discussione intrapresa in questo topic:
http://cristianesimoprimitivo.forumfree.net/?t=22581449...rispondendo ad alcune domande interessanti poste da Hard Rain:
CITAZIONE (Hard-Rain @ 22/11/2007, 22:23)
Commento: cosa ci faceva lo Zaccaria assassinato dagli zeloti tra il santuario e l'altare, nel recinto dei sacedoti, in una zona a lui vietata essendo un comune cittadino? Chi avrebbe avuto l'ardire davanti a Dio di assassinarlo pubblicamente proprio in quella zona? E' molto più probabile che lo Zaccaria gesuano fosse un sacerdote ucciso durante una congiura di sacerdoti, candidati possibili sono lo Zaccaria del secondo libro delle Cronache (un sacerdote) oppure lo Zaccaria padre di Giovanni Battista che era sacerdote e secondo certa tradizione apocrifa fu proprio assassinato.
Del resto se leggiamo il contesto in cui Gesù dice quella frase su Zaccaria figlio di Barachia ucciso tra il santuario e l'altare cosa comprendiamo? Che essa è pronunciata nel contesto di una invettiva contro i sacerdoti di Gerusalemme che operavano nel tempio. Ora, cosa si evince invece dalla lettura del racconto di Giuseppe Flavio relativo all'assassinio di Zaccaria figlio di Barachia? Che il Sinedrio tentò fino all'ultimo di salvare Zaccaria dalla condanna a morte. Dunque i sacerdoti cercano di salvare quello Zaccaria. A parte le date che non tornano, che senso avrebbe mettere in bocca a Gesù una frase nel contesto di un discorso contro la classe sacerdotale imputando ai sacerdoti di aver ucciso una persona che invece essi cercarono di salvare? Sarebbe contro ogni logica, no?
In aggiunta a questo: Zaccaria figlio di Barachia ucciso dagli Zeloti era un collaborazionista filoromano. Se Gesù lo cita come martire, cosa ne dedurremmo? Che Gesù non era un rivoluzionario antiromano e ce l'aveva con gli zeloti.
Ipotesi, calcoli delle probabilità, viaggi nel campo dell’immaginario…..ma insomma!
Quando la gente, gli studiosi ( te compreso) e gli accademici si metteranno a fare una ricerca storica e scientifica partendo dai dati reali e cioè quelli esistenti e registrati sui libri di storia?
La morte di Zaccaria è stata registrata da Giuseppe Flavio, altri Zaccaria, il cui corpo non fu trovato, morti “fra il Tempio e l’altare” e con personaggi di contorno quali Giovanni ( di Giscala), Giacomo ( figlio di Sosas), Niger ( soprannome di Simeone) non esistono!
La ricerca storica deve partire da quello che esiste, non da quello che si pensa possa essere esistito, perché ……. perché c’è scritto sui Vangeli!
La morte di Zaccaria, è stato un evento accaduto a mio avviso durante il periodo di vita del Cristo, un periodo non identificabile, che non si chiude ai tempi di Pilato come molti studiosi superficiali affermano.
Del resto tuttora esistono diverse testimonianze che attestano che Gesù fu sostituito sulla croce da Simone, che morì a tarda età o che comunque visse oltre al periodo di Pilato.
Prima del 325 d.C., sicuramente c’erano in circolazione più Vangeli e tradizioni che testimoniavano ciò e questa….ATTENZIONE….non è una mia ipotesi, ma un dato di fatto ribadito anche dallo stesso Ireneo.
Infatti IRENEO scrisse:
4. Avendo 30 anni al battesimo, e con la giusta età da Maestro, Egli venne a Gerusalemme. Essendo un Maestro, di conseguenza aveva l'età di un Maestro, sensa disdegnare alcuna condizione umana, ma santificando ogni età... Dal momento che Egli è venuto per salvare tutti per mezzo di Lui, tutti coloro che attraverso Lui sono rinati a Dio -fanciulli, ragazzi, giovani e anziani. Perciò Egli ha attraversato ogni età, divenendo un fanciullo per i fanciulli, così santificando i fanciulli; un ragazzo per i ragazzi, santificando così coloro di quell'età, per essere un esempio di pietà, onestà e sottomissione; giovane per i giovani, divenendone un esempio e santificandoli per il Signore. Allo stesso modo fu un anziano per gli anziani, così da essere un Maestro perfetto per tutti... Ora, che la prima parte della vita abbracci i trenta anni e si estenda fino ai 40 lo ammette chiunque; ma dal quarantesimo al cinquantesimo anno un uomo si avvia verso la vecchiaia, che il nostro Signore aveva mentre ancora adempiva al suo ministero, come anche i Vangeli e gli anziani testimoniano; e coloro che parlarono in Asia con Giovanni, il discepolo del Signore, il quale aveva trasmesso loro queste notizie...
Perché dunque accentrare tutte le ricerche storiche sul Cristo dall’anno -7 fino al 33 d.C., se non si sa con certezza ne quando sia nato e ne quando sia morto?
Stessa cosa dicasi per i personaggi di contorno, come i discepoli e gli apostoli del Cristo, morti secondo la tradizione stranamente dopo il Cristo.
Dico stranamente perché, per arrivare a catturare un capo della mafia ( IL PESCE GRANDE), bisogna prima catturare, far parlare ed eliminare i pesci più piccoli!
Una mente non condizionata, non aberrata e razionale, deve tenere per forza presente questi dati, che per fortuna non sono gli unici, ed è ovvio che poi estenda le proprie ricerche anche fino al 70 d.C. ( data della caduta di Gerusalemme e del suo Tempio), con lo scopo di scoprire chi fossero realmente i primi cristiani, da quali capi erano guidati e chi era tra questi “ IL CAPO DEI CAPI”.
Passiamo adesso ai dettagli:
XXXCommento: cosa ci faceva lo Zaccaria assassinato dagli zeloti tra il santuario e l'altare, nel recinto dei sacedoti, in una zona a lui vietata essendo un comune cittadino? Chi avrebbe avuto l'ardire davanti a Dio di assassinarlo pubblicamente proprio in quella zona? E' molto più probabile che lo Zaccaria gesuano fosse un sacerdote ucciso durante una congiura di sacerdoti, candidati possibili sono lo Zaccaria del secondo libro delle Cronache (un sacerdote) oppure lo Zaccaria padre di Giovanni Battista che era sacerdote e secondo certa tradizione apocrifa fu proprio assassinato.XXX
E’ inutile fossilizzarsi sul dove sia stato precisamente ucciso Zaccaria, visto che sia Giuseppe Flavio che gli evangelisti non erano presenti e non erano dunque dei testimoni oculari.
E’ chiaro che chi ha descritto la morte di Zaccaria, non era presente all’evento e quindi è ovvio che il punto preciso dove fosse stato ucciso, non lo conosceva con precisione nessuno degli scrittori, dato che comunque il suo corpo non fu trovato nel luogo del delitto, ma lo fecero sparire.
Da dove lo fecero sparire?
Giuseppe Flavio ci dice che il suo corpo lo gettarono nel burrone sottostante al tempio:
Libro IV:343 due dei più facinorosi si avventarono su Zaccaria, LO UCCISERO IN MEZZO AL TEMPIO e ne schernirono il cadavere dicendo: “Eccoti anche il nostro voto per essere più sicuro di andartene”; poi dall'alto del tempio LO GETTARONO NEL SOTTOSTANTE BURRONE.
A riguardo avevi anche aperto un post, per capire dove fosse situato questo”burrone sottostante al Tempio” e io tra le cose che postai, ti riportai all’attenzione anche questo passo abbastanza chiaro:
Libro VI:192 Il giorno dopo anche i romani incendiarono l'intero portico settentrionale fino a quello orientale; l'angolo formato dal loro incontro si elevava a picco sullo strapiombo del Cedron, che perciò in quel luogo era terribilmente profondo. Questa era la situazione intorno al tempio.
A prescindere da tutto, è chiaro che se qualcuno veniva assassinato nei pressi del Tempio, l’unico modo per far sparire il suo corpo, era gettarlo nel burrone sottostante al Tempio: questa era l’unica maniera per portare un cadavere fuori alle mura di Gerusalemme, senza rischiare di essere visti dalle guardie, dai romani o dalla popolazione!
Nel proto-vangelo di Giacomo si attesta che qualcuno è riuscito a far sparire il corpo di Zaccaria dal Tempio e io mi ripeto: l’unica maniera per portare un cadavere fuori alle mura di Gerusalemme, senza rischiare di essere visti dalle guardie, dai romani o dalla popolazione, era buttarlo nel burrone sottostante al Tempio ( magari chiuso in un sacco).
Passiamo adesso nello specifico:
XXXcosa ci faceva lo Zaccaria assassinato dagli zeloti tra il santuario e l'altare, nel recinto dei sacedoti, in una zona a lui vietata essendo un comune cittadino?XXX
Il Santuario e l’altare era occupato da Lazzaro figlio di Simone ( “l’apostolo da Gesù amato” secondo il Vangelo di Giovanni, ma che nella realtà fu amato soltanto da Giovanni di Giscala stando alle testimonianze di Giuseppe Flavio):
Libro V:5 - 1, 2. Infatti Eleazar figlio di Simone, colui che all'inizio aveva separato dal popolo gli Zeloti facendoli penetrare nel tempio, FINGENDO ora di essere sdegnato per le quotidiane ribalderie di Giovanni, che non metteva termine alle sue stragi, ma in realtà perché non soffriva di sottostare a un tiranno più giovane,
Libro V:6 essendo spinto dal desiderio di comandare e di stabilire un suo potere personale, si distaccò dagli altri prendendo seco due dei notabili, Giuda figlio di Chelchia e Simone figlio di Esron, nonché Ezechia figlio di Chobaris, un personaggio di un certo rilievo.
Libro V:7 Ciascuno di costoro si tirò dietro non pochi Zeloti, ed essi presero possesso della parte più interna del tempio collocando le loro armi sopra alle sacre porte sulla facciata santa.
xxxChi avrebbe avuto l'ardire davanti a Dio di assassinarlo pubblicamente proprio in quella zona?xxx
Lo assassinarono gli Zeloti di Lazzaro figlio di Simone, il capo di Gerusalemme e degli Zeloti:
Libro II:564 A Eleazar figlio di Simone, sebbene avesse il controllo del bottino fatto sui romani e dei denari presi a Cestio, non assegnarono una carica di governo, sia perché scorgevano in lui una tendenza a fare il tiranno, sia perché i più fanatici dei suoi seguaci si atteggiavano a guardie del corpo.
Libro II:565 Ma un po' alla volta il bisogno di denaro e gli intrighi di Eleazar indussero il popolo a riconoscergli il comando supremo.
Zaccaria quindi non fu ucciso in pubblico, ma fu ucciso nei pressi del Tempio ( precisamente non si sa) dagli zeloti di Lazzaro figlio di Simone, che era uno dei capi della rivolta ( una specie di capo famiglia della mafia) ma che dipendeva dal “CAPO DEI CAPI” che era Giovanni di Giscala.
Tutto il tempio era dunque occupato da loro, il resto della popolazione, compresi molti sacerdoti, furono cacciati in parte da Lazzaro figlio di Simone e definitivamente dal “ CAPO DEI CAPI” che si fingeva suo nemico:
- Libro IV:208 - 3, 13. Tutti questi uomini perirono per colpa di Giovanni, di cui abbiamo ricordato la fuga da Giscala: un uomo quanto mai subdolo, dominato da una terribile sete di potere, che già da tempo manovrava per impadronirsene.
Libro IV:209 In quel momento egli FECE FINTA di stare dalla parte dei cittadini e, messosi al seguito di Anano, che di giorno si incontrava con i notabili per deliberare e di notte ispezionava gli uomini di guardia, riferiva poi i segreti agli Zeloti, e ogni progetto del popolo veniva per suo mezzo a conoscenza dei nemici prima ancora di essere stato definitivamente approvato.
Libro IV:210 Adoperandosi per non destare sospetti, mostrava una devozione esagerata verso Anano e i personaggi più eminenti del popolo.
Libro IV:211 Ma un tal fare ossequioso sortì per lui l'effetto contrario; infatti le adulazioni fuor di luogo accrebbero i sospetti a suo carico, e il fatto che senza essere convocato si presentava dovunque costituiva un indizio che fosse lui a rivelare i loro segreti.
Libro IV:212 Avevano infatti notato che i nemici erano al corrente di tutti i loro piani, e nessuno più di Giovanni si prestava al sospetto di essere una spia.
Libro IV:213 Però non era facile liberarsi di lui, che faceva paura per la sua scelleraggine e per di più non era uno qualunque, con un largo seguito fra quelli che partecipavano alle pubbliche deliberazioni, e allora decisero di fargli confermare la sua fedeltà mediante un giuramento.
Libro IV:214 Prontamente Giovanni giurò che sarebbe stato fedele alla causa del popolo, che non avrebbe rivelato ai nemici né un loro progetto né una loro mossa, e avrebbe contribuito col consiglio e con l'azione ad abbattere gli avversari.
Libro IV:215 I consiglieri di Anano credettero al giuramento e, deposto ormai ogni sospetto, lo invitarono a partecipare alle deliberazioni, e anzi lo inviarono dagli Zeloti a trattare la resa; si preoccupavano infatti, per quanto stava in loro, di evitare che il santuario fosse profanato e che qualcuno dei connazionali venisse ucciso fra le sue mura.
Libro IV:216 - 3, 14. Giovanni, come se avesse giurato fedeltà agli Zeloti, e non contro di essi, entrato nel tempio prese posto in mezzo a quelli e ricordò di aver spesso rischiata la vita per loro, perché fossero informati di tutte le segrete deliberazioni adottate contro di loro dagli uomini di Anano.
Libro IV:217 Ora poi stava per affrontare insieme con tutti loro il più grave dei pericoli, a meno che non fosse intervenuto qualche aiuto divino.
E ancora:
Libro V:99 Arrivata infatti la festa degli Azzimi il giorno quattordici del mese di Xanthico, quando secondo i giudei essi si liberarono per la prima volta dagli egiziani, gli uomini di Eleazar spalancarono le porte e ammisero nel tempio chiunque del popolo volesse entrare a pregare.
Libro V:100 Allora Giovanni, approfittando della festa per ordire nascostamente un tranello, scelse i meno noti fra i suoi partigiani, che per lo più erano in stato d'impurità, e con le armi ben celate li mandò in tutta fretta a impadronirsi del tempio. Quelli, appena furono dentro, si liberarono delle vesti e all'improvviso si vide che erano guerrieri.
Libro V:101 Nel tempio scoppiò immediatamente un'enorme confusione, e il popolo estraneo alle fazioni credette che quelli volessero assalire tutti indiscriminatamente, mentre invece gli Zeloti compresero che l'attacco era rivolto soltanto contro di loro.
Libro V:102 Questi abbandonarono la guardia alle porte e, saltati giù dai merli, prima che lo scontro potesse cominciate si rifugiarono nei sotterranei del tempio; i popolani, raccoltisi impauriti attorno all'altare e ammassandosi nei pressi del santuario, vennero calpestati e malmenati senza pietà a legnate e a colpi di spada.
Libro V:103 Molti pacifici cittadini per odio o inimicizie private vennero allora uccisi dai loro avversari con la scusa che erano della fazione avversa, e chiunque una volta aveva avuto a che dire contro qualcuno dei rivoluzionari, se riconosciuto, veniva allora condotto al supplizio come Zelota.
Libro V:104 Dopo aver inflitto un trattamento così spietato agli innocenti, concessero invece una tregua ai colpevoli, che poterono risalire dai sotterranei e svignarsela. Impadronitisi così anche della parte più interna del tempio e delle provviste che vi erano riposte, si sentivano ormai più sicuri nel duello contro Simone,
Libro V:105 e la lotta delle fazioni, che prima era stata a tre, si ridusse così a una lotta a due.
Da quello che emerge in questi passi è evidente che gli uomini di Giovanni uccisero tutti, tranne Lazzaro e i suoi seguaci zeloti (che erano suoi complici), che si alzarono e scapparono nelle vie sotterranee del Tempio.
Fu così che Giovanni di Giscala, facendo finta di scacciare gli zeloti di Lazzaro, divenne padrone del Tempio e delle provviste che vi erano riposte.
Non solo!
Giovanni ( e non Gesù) fu l’unico personaggi storico che scacciò i mercanti del tempio addetti alla vendita degli animali, che servivano per i riti sacrificali ( altro dato importantissimo, per identificare chi fosse nella realtà il Cristo presentato nei Vangeli):
Libro VI:94 Aveva saputo che da quel giorno, era il diciassette di Panemo, il cosiddetto sacrificio perenne in onore del Dio era stato interrotto per mancanza di uomini, e che di ciò il popolo era rimasto profondamente turbato;
Libro VI:95 allora fece ripetere a Giovanni il precedente ammonimento, che se cioè egli era in preda a una criminosa smania di combattere poteva farsi avanti con chi volesse e ingaggiare la lotta senza coinvolgere nella sua rovina la città e il tempio. Perciò la smettesse di profanare il santuario e di offendere il Dio, anzi avrebbe potuto far celebrare i sacrifici interrotti per mezzo di quei giudei che egli stesso avrebbe designati.
Libro VI:96 Giuseppe, collocatosi in modo da essere udito non soltanto da Giovanni, ma anche dalla massa,
Libro VI:97 trasmise in ebraico il messaggio di Cesare e concluse con un lungo appello perché volessero risparmiare la patria, disperdere le fiamme che già lambivano il santuario e rendere al Dio i sacrifici espiatori.
Libro VI:98 Le sue parole furono accolte dal popolo con sgomento e silenzio mentre il tiranno, dopo aver scagliato un'infinità d'ingiurie e di maledizioni contro Giuseppe, terminò dicendo che non temeva la conquista della città perché questa apparteneva al Dio.
Libro VI:99 Allora Giuseppe esplose: “Veramente pura hai conservato la città per il Dio, e intatto rimane il tempio, e nessuna offesa hai arrecato a colui che speri di aver alleato, ed egli riceve le consuete offerte!
Libro VI:100 Se a te, maledetto empio, qualcuno togliesse il tuo cibo quotidiano, tu lo giudicheresti un nemico: come puoi illuderti di avere dalla tua parte nella guerra colui che hai privato del culto che durava da sempre?
Libro VI:101 E attribuirai le tue colpe ai romani, che finora si son dati cura delle nostre leggi e cercano di restaurare per il Dio i riti sacrificali interrotti per causa tua?
Libro VI:102 Chi non compiangerebbe amaramente la città per lo strano capovolgimento subito, dato che degli stranieri, e per di più nemici, si preoccupano di mettere riparo alla tua empietà, mentre tu, che sei un giudeo e sei stato educato all'osservanza delle nostre leggi, le offendi assai più gravemente di loro?
Libro VI:103 Eppure, Giovanni, non soltanto è bello pentirsi delle proprie colpe, sia pure all'ultimo momento, ma se tu volessi risparmiare alla patria la rovina avresti un magnifico esempio da seguire, quello di Ieconia RE DEI GIUDEI.
In questi passi è anche interessante notare che chi era ossessionato ( storicamente ) dell’arrivo del regno di Dio, era Giovanni e non Gesù.
Infatti nonostante fosse diventato il Re dei Giudei e di Gerusalemme e che avesse in pugno il Tempio, cosa disse….che Gerusalemme fosse sua?
No!
Ma disse :
“terminò dicendo che non temeva la conquista della città perché questa apparteneva al Dio”.
In ogni modo chi comandò l’uccisione di Zaccaria fu sicuramente Giovanni di Giscala, gli esecutori materiali furono invece gli zeloti di Lazzaro figlio di Simone, che soltanto dopo decisero di smettere di fare finta di essere nemici e di dichiarare pubblicamente la loro alleanza con Giovanni:
Libro V:250 Giovanni quando occupò il tempio aveva seimila uomini sotto venti capitani, ma allora anche gli Zeloti, superati i motivi di contrasto, si erano uniti a lui, ed erano duemilaquattrocento con a capo l'Eleazar di prima e Simone figlio di Arino.
Questo è un altro dato importante per identificare chi fosse storicamente il Cristo presentato nei Vangeli, in quanto è evidente che soltanto Giovanni e non Gesù, storicamente riuscì a convertire alla sua “Via” molti Zeloti.
In ogni modo, per chi non fosse ancora convinto che Lazzaro prendesse segretamente ordini da Giovanni, basta leggere il passo che segue, scritto proprio dopo le uccisioni effettuate per mano degli zeloti di Lazzaro figlio di Simone, per convincersi:
Libro IV:208 - 3, 13. Tutti questi uomini perirono per colpa di Giovanni, di cui abbiamo ricordato la fuga da Giscala: un uomo quanto mai subdolo, dominato da una terribile sete di potere, che già da tempo manovrava per impadronirsene.
Libro IV:357 Le loro vittime erano specialmente i coraggiosi e i nobili, che venivano colpiti gli uni per invidia gli altri per paura; reputavano infatti che l'unica loro salvezza fosse riposta nell'eliminazione di tutti i personaggi di rilievo.
In poche parole Giovanni ordinava a Lazzaro di uccidere chiunque non volesse che diventasse Re, Lazzaro figlio di Simone eseguiva i suoi ordini mandando i suoi seguaci.
Questo è quello che ci dice Giuseppe Flavio, che tra l’altro non è per niente diverso da quello che ci dicono i Vangeli!
Infatti Gesù disse:
Luca 19:27 E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me"».
Giovanni 12:10 Ma i capi dei sacerdoti deliberarono di far morire anche Lazzaro,
Giovanni 12:11 perché, a causa sua, molti Giudei andavano e credevano in Gesù.
Passiamo alla seconda parte:
XXXDel resto se leggiamo il contesto in cui Gesù dice quella frase su Zaccaria figlio di Barachia ucciso tra il santuario e l'altare cosa comprendiamo? Che essa è pronunciata nel contesto di una invettiva contro i sacerdoti di Gerusalemme che operavano nel tempio. Ora, cosa si evince invece dalla lettura del racconto di Giuseppe Flavio relativo all'assassinio di Zaccaria figlio di Barachia? Che il Sinedrio tentò fino all'ultimo di salvare Zaccaria dalla condanna a morte. Dunque i sacerdoti cercano di salvare quello Zaccaria. A parte le date che non tornano, che senso avrebbe mettere in bocca a Gesù una frase nel contesto di un discorso contro la classe sacerdotale imputando ai sacerdoti di aver ucciso una persona che invece essi cercarono di salvare? Sarebbe contro ogni logica, no?XXX
Innanzi tutto tengo a precisare che GESU’ ERA CONTRO LA CLASSE SACERDOTALE e lo si evince da questi passi che introducono la morte di Zaccaria:
Matteo 23:13 «Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare.
Matteo 23:14 [Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché divorate le case delle vedove e fate lunghe preghiere per mettervi in mostra; perciò riceverete maggior condanna.]
Matteo 23:15 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché viaggiate per mare e per terra per fare un proselito; e quando lo avete fatto, lo rendete figlio della geenna il doppio di voi.
Matteo 23:16 Guai a voi, guide cieche, che dite: Se uno giura per il tempio, non importa; ma se giura per l'oro del tempio, resta obbligato.
Matteo 23:17 Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che santifica l'oro?
Matteo 23:18 E se uno, voi dite, giura per l'altare, non importa; ma se giura per l'offerta che c'è sopra, resta obbligato.
Matteo 23:19 Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che santifica l'offerta?
Matteo 23:20 Chi dunque giura per l'altare, giura per esso e per tutto quello che c'è sopra;
Matteo 23:21 e chi giura per il tempio, giura per esso e per Colui che lo abita;
Matteo 23:22 e chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi siede sopra.
Matteo 23:23 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre.
Matteo 23:24 Guide cieche, che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello.
Matteo 23:25 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e d'intemperanza.
Matteo 23:26 Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere e del piatto, affinché anche l'esterno diventi pulito.
Matteo 23:27 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d'ossa di morti e d'ogni immondizia.
Matteo 23:28 Così anche voi, di fuori sembrate giusti alla gente; ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
Matteo 23:29 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché costruite i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti
Matteo 23:30 e dite: "Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nello spargere il sangue dei profeti!"
Matteo 23:31 In tal modo voi testimoniate contro voi stessi, di essere figli di coloro che uccisero i profeti.
Matteo 23:32 E colmate pure la misura dei vostri padri!
Matteo 23:33 Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna?
Matteo 23:34 Perciò ecco, io vi mando dei profeti, dei saggi e degli scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città,
Matteo 23:35 affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi uccideste fra il tempio e l'altare.
Matteo 23:36 Io vi dico in verità che tutto ciò ricadrà su questa generazione.
[Troviamo lo stesso contenuto con qualche variante in Mr 12:40 e Lu 11:38-52]
ATTENZIONE ai passi che vanno da Matteo 23:16 fino a 23:22: Gesù ribadisce alla classe sacerdotale quello che Giovanni di Giscala ribadisce a Giuseppe Flavio ( e ad alcuni membri della classe sacerdotale che riuscirono a fuggire da Gerusalemme durante il suo discorso) in Guerre giudaiche a riguardo dell’importanza delle offerte e dei doni votivi rispetto al Tempio e al suo altare:
Libro VI:93 - 2, 1. Tito ordinò ai suoi soldati di abbattere dalle fondamenta l'Antonia e di spianare una via per farvi salire facilmente tutto l'esercito; quindi affidò un incarico a Giuseppe.
Libro VI:94 Aveva saputo che da quel giorno, era il diciassette di Panemo, il cosiddetto sacrificio perenne in onore del Dio era stato interrotto per mancanza di uomini, e che di ciò il popolo era rimasto profondamente turbato;
Libro VI:95 allora fece ripetere a Giovanni il precedente ammonimento, che se cioè egli era in preda a una criminosa smania di combattere poteva farsi avanti con chi volesse e ingaggiare la lotta senza coinvolgere nella sua rovina la città e il tempio. Perciò la smettesse di profanare il santuario e di offendere il Dio, anzi avrebbe potuto far celebrare i sacrifici interrotti per mezzo di quei giudei che egli stesso avrebbe designati.
Libro VI:96 Giuseppe, collocatosi in modo da essere udito non soltanto da Giovanni, ma anche dalla massa,
Libro VI:97 trasmise in ebraico il messaggio di Cesare e concluse con un lungo appello perché volessero risparmiare la patria, disperdere le fiamme che già lambivano il santuario e rendere al Dio i sacrifici espiatori.
Libro VI:98 Le sue parole furono accolte dal popolo con sgomento e silenzio mentre il tiranno, dopo aver scagliato un'infinità d'ingiurie e di maledizioni contro Giuseppe, terminò dicendo che non temeva la conquista della città perché questa apparteneva al Dio.
Libro VI:99 Allora Giuseppe esplose: “Veramente pura hai conservato la città per il Dio, e intatto rimane il tempio, e nessuna offesa hai arrecato a colui che speri di aver alleato, ed egli riceve le consuete offerte!
Libro VI:100 Se a te, maledetto empio, qualcuno togliesse il tuo cibo quotidiano, tu lo giudicheresti un nemico: come puoi illuderti di avere dalla tua parte nella guerra colui che hai privato del culto che durava da sempre?
Libro VI:101 E attribuirai le tue colpe ai romani, che finora si son dati cura delle nostre leggi e cercano di restaurare per il Dio i riti sacrificali interrotti per causa tua?
Libro VI:102 Chi non compiangerebbe amaramente la città per lo strano capovolgimento subito, dato che degli stranieri, e per di più nemici, si preoccupano di mettere riparo alla tua empietà, mentre tu, che sei un giudeo e sei stato educato all'osservanza delle nostre leggi, le offendi assai più gravemente di loro?
Libro VI:103 Eppure, Giovanni, non soltanto è bello pentirsi delle proprie colpe, sia pure all'ultimo momento, ma se tu volessi risparmiare alla patria la rovina avresti un magnifico esempio da seguire, quello di Ieconia re dei giudei.
Libro VI:104 Quando per causa sua l'esercito babilonese gli mosse guerra, egli, prima che la città fosse espugnata, ne venne fuori senza che alcuno lo costringesse e preferì affrontare volontariamente la schiavitù insieme con la sua famiglia piuttosto che consegnare ai nemici questi luoghi santi e vedere la casa del Dio in preda alle fiamme.
Libro VI:105 Per questo tutti i giudei lo esaltano nella loro storia sacra e il ricordo sempre fresco presso i posteri attraverso i secoli lo rende immortale.
Libro VI:106 Un magnifico esempio, Giovanni, anche se per seguirlo dovessi affrontare qualche pericolo; io, comunque, ti assicuro anche il perdono dei romani,
Libro VI:107 e poiché si deve badare chi è a dare un consiglio e da dove viene, ricordati che è un connazionale ad esortarti, che sono un giudeo io che ti do questa assicurazione. Preferirei morire anziché trasformarmi in uno di quegli schiavi abbietti che rinnegano la loro stirpe e si dimenticano della patria.
Libro VI:108 Ma tu di nuovo vai sulle furie e mi gridi le tue ingiurie, che del resto ben mi merito perché con i miei consigli voglio contrastare il destino e mi sforzo di salvare quelli che il Dio ha condannato.
Libro VI:109 Chi ignora ciò che fu scritto dagli antichi profeti, e l'oracolo che incombe su questa misera città e che sta ormai per avverarsi? Predissero che essa sarebbe stata espugnata quando qualcuno avesse cominciato a far strage dei suoi connazionali.
Libro VI:110 La città e il tempio intero non sono ora ricolmi dei cadaveri delle vostre vittime? E’ il Dio, è certamente il Dio in persona che insieme coi romani? vi porta il fuoco purificatore e distrugge la città con il suo enorme carico di nefandezze”.
Libro VI:111 - 2, 2. Mentre Giuseppe così parlava fra gemiti e lacrime, i singhiozzi gli troncarono la voce.
Libro VI:112 I romani provarono a un tempo compassione per il suo dolore e ammirazione per il suo modo di pensare; invece gli uomini di Giovanni s'ina¬sprirono ancor più contro i romani per la voglia che avevano di mettere le mani addosso a Giuseppe.
Libro VI:113 Il discorso di costui impressionò molti dei nobili, fra i quali taluni per paura della vigilanza dei ribelli non si mossero, sebbene fossero sicuri della fine che attendeva loro e la città, mentre altri, approfittando di qualche buona occasione per fuggire, ripararono presso i romani.
Libro VI:114 Fra gli altri fuggirono i sommi sacerdoti Giuseppe e Gesù, e alcuni figli di sommi sacerdoti come tre figlia dell'Ismaele che fu decapitato a Cirene, quattro di Mattia e uno di un altro Mattia; questi era fuggito dopo la rovina del padre, che, come sopra abbiamo detto, Simone figlio di Ghiora aveva fatto uccidere insieme con tre figli. Con i sommi sacerdoti fuggirono anche numerosi altri nobili.
Libro VI:115 Cesare non soltanto li accolse benevolmente, ma sapendo che per la diversità delle abitudini non avrebbero avuto un soggiorno piacevole tra gente straniera, li mandò a Gofna invitandoli per il momento a trattenersi colà; dopo la fine della guerra, appena gli fosse stato possibile, avrebbe reintegrato ciascuno nei suoi beni.
Libro VI:116 Quelli, dunque, si ritirarono ben volentieri e tranquillamente nella cittadina loro assegnata; ma, poiché erano scomparsi dalla circolazione, i ribelli sparsero nuovamente la voce che i disertori erano stati trucidati dai romani, evidentemente per scoraggiare con tale paura chiunque altro pensasse alla fuga.
Libro VI:117 Come già prima, l'astuzia per un poco fece effetto perché il timore trattenne chi voleva disertare.
Libro VI:118 - 2, 3. Più tardi però Tito li richiamò da Gofna e volle che insieme con Giuseppe girassero attorno alle mura per farsi vedere dal popolo, e allora furono moltissimi quelli che fuggirono presso i romani.
Libro VI:119 Raccoltisi tutti insieme e collocatisi dinanzi alle linee dei romani, con gemiti e lacrime supplicavano i ribelli di voler anzitutto far entrare i romani in tutta quanta la città e salvare così la patria;
Libro VI:120 o se no, di abbandonare il tempio e di conservarselo per loro, giacché i romani non avrebbero ardito di appiccare il fuoco ai luoghi santi se non in caso di estrema necessità.
Libro VI:121 A tali parole quelli s'irritarono ancora di più, e rispondendo ai disertori con molte grida ingiuriose collocarono sopra alle sacre porte gli scorpioni, le catapulte e le macchine lanciamissili, sì che l'area circostante il tempio per il gran numero dei morti sembrava un cimitero, e il tempio un fortilizio.
Libro VI:122 Entro quei luoghi santi e inaccessibili essi penetravano con le armi in pugno e le mani ancora calde del sangue dei connazionali uccisi, e giunsero a tal punto di scelleratezza, che lo sdegno che ben a ragione i giudei avrebbero concepito contro i romani se costoro si fossero macchiati di simili nefandezze a loro danno, lo concepivano allora i romani contro i giudei per la profanazione che essi facevano dei loro luoghi santi.
Libro VI:123 E in realtà non v'era soldato romano che non volgesse lo sguardo al tempio senza un sentimento di religioso timore, di venerazione e di augurio che i ribelli si ravvedessero prima di un disastro irreparabile.
Libro VI:124 - 2, 4. Tito, in preda alla più viva costernazione, rivolse ancora una volta le sue rampogne agli uomini di Giovanni: “Non foste proprio voi, sporchi profanatori, a innalzare questa balaustra dinanzi ai luoghi sacri?
Libro VI:125 A mettervi tutte le lapidi che recano inciso in lingua greca e in lingua nazionale il divieto per chiunque di oltrepassarla?
Libro VI:126 E non vi abbiamo noi permesso di mettere a morte chi l'avesse oltrepassata, anche se si fosse trattato di un romano? E perché ora, o infami, calpestate all'interno di essa perfino i morti? Perché contaminate il tempio con sangue straniero e nazionale?
Libro VI:127 Io chiamo a testimoni gli dei patri e quel Dio che proteggeva un tempo questo luogo, ma ora non più, credo, e chiamo anche a testimoni il mio esercito e i giudei che si sono rifugiati presso di me e voi stessi, che non sono io che vi costringo a profanare questi luoghi santi!
Libro VI:128 Se voi cambierete il campo di battaglia, nessun romano s'avvicinerà al tempio e lo profanerà, ed io preserverò il vostro santuario anche a vostro dispetto”.
Libro VI:129 - 2, 5. Giuseppe tradusse queste parole di Cesare, ma i ribelli e il loro capo non se ne curarono, pensando che l'esortazione fosse frutto non di benevolenza, ma di paura.
Libro VI:130 E allora Tito, quando vide che quelli né provavano pietà per sé stessi, né intendevano risparmiare il santuario, riprese suo malgrado le operazioni di guerra.
Entrambi questi discorsi (che troviamo sia sui Vangeli che in Guerre Giudaiche per bocca di Giovanni di Giscala) avvennero guarda caso subito dopo la morte di Zaccaria, ed eccezionale il fatto che sia Gesù che Giovanni di Giscala ( che per me sono la stessa persona), trovino superflui i doni votivi a Dio ( precisamente i sacrifici di animali a Dio) rispetto al Tempio e al suo altare che li santificano.
Infatti nei vangeli leggiamo:
Matteo 23:19 Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che santifica l'offerta?
Matteo 23:20 Chi dunque giura per l'altare, giura per esso e per tutto quello che c'è sopra;
Risposta di Giuseppe Flavio a Giovanni di Giscala:
Libro VI:100 Se a te, maledetto empio, qualcuno togliesse il tuo cibo quotidiano, tu lo giudicheresti un nemico: come puoi illuderti di avere dalla tua parte nella guerra colui che hai privato del culto che durava da sempre?
Libro VI:101 E attribuirai le tue colpe ai romani, che finora si son dati cura delle nostre leggi e cercano di restaurare per il Dio i riti sacrificali interrotti per causa tua?
Libro VI:102 Chi non compiangerebbe amaramente la città per lo strano capovolgimento subito, dato che degli stranieri, e per di più nemici, si preoccupano di mettere riparo alla tua empietà, mentre tu, che sei un giudeo e sei stato educato all'osservanza delle nostre leggi, le offendi assai più gravemente di loro?
Inoltre è da notare che mentre Giovanni imprecava Giuseppe Flavio ( anche lui discendente da una ricca famiglia sacerdotale ), molti altri sacerdoti e figli di sacerdoti, ne approfittarono per fuggire da Gerusalemme.
E’ chiaro che le sue imprecazioni fossero dirette nei confronti della classe sacerdotale, che desideravano restaurare per il Dio i riti sacrificali interrotti da Giovanni.
Stesse imprecazioni troviamo nei confronti della classe sacerdotale in Matteo 23:13 fino a 23:36 e per giunta per gli stessi motivi ( per le offerte e sacrifici).
Ma andiamo avanti!
Nei Vangeli troviamo altri passi dove Gesù istiga i suoi seguaci a non credere agli insegnamenti dei farisei e de sadducei e quindi della classe sacerdotale:
Matteo 16:6 E Gesù disse loro: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei e dei sadducei».
Matteo 16:11 Come mai non capite che non è di pani che io vi parlavo? Ma guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei».
Matteo 16:12 Allora capirono che non aveva loro detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento dei farisei e dei sadducei.
Marco 8:15 Egli li ammoniva dicendo: «Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!»
Luca 12:1 Nel frattempo la gente si era riunita a migliaia, così da calpestarsi gli uni gli altri. Allora Gesù cominciò a dire prima di tutto ai suoi discepoli: «Guardatevi dal lievito dei farisei, che è ipocrisia.
In un altro post vi dissi che Gesù meritava di morire almeno per 3 motivazioni gravi e contro la Legge ( romana ed ebraica)…..questa è un'altra motivazione, che sicuramente istigò la classe sacerdotale a volerlo morto a tutti i costi!
Ma passiamo nei dettagli, per capire quando e con chi, la classe sacerdotale fu concretamente attaccata e distrutta dai seguaci del Cristo.
Incominciamo con il primo attacco effettuato “dal discepolo da egli amato” e cioè Lazzaro figlio di Simone uno dei più ricchi capi di Gerusalemme ( e per giunta capo degli zeloti secondo Giuseppe Flavio):
Giovanni 12:10 Ma i capi dei sacerdoti deliberarono di far morire anche Lazzaro,
Giovanni 12:11 perché, a causa sua, molti Giudei andavano e credevano in Gesù.
Quest’attacco subito dalla classe sacerdotale è storico ed è stato registrato da Giuseppe Flavio:
Libro IV:136 La città non aveva un comando militare e per antica tradizione era aperta senza riserve a ogni connazionale: tanto più allora, quando generalmente si credette che tutta quella gente arrivasse spinta dal desiderio di partecipare alla difesa.
Libro IV:137 Il che, a prescindere dalla rivolta, fu poi causa della rovina della città; infatti quella massa inutile e oziosa consumò le riserve che avrebbero potuto mantenere i combattenti, ed essa attirò così su di sé, oltre la guerra, anche la rissa e la fame.
Libro IV:138 - 3, 4. Provenienti dal contado entrarono poi nella città altri briganti e, aggregatisi ai peggiori di quelli che già stavano dentro,
Libro IV:139 non si astennero più da alcuna infamia; non limitarono la loro audacia al furto e alla rapina, ma si spinsero fino all'assassinio, e non di notte o nascostamente o a danno di chi capitava, ma apertamente e in pieno giorno e cominciando dalle persone più eminenti.
Libro IV:140 Per primo infatti presero e imprigionarono Antipa, uno dei membri della famiglia reale e fra i più potenti della città, tanto che gli era stato affidato il pub¬blico tesoro;
Libro IV:141 poi Levia, uno dei notabili, e Sifa figlio di Aregete, anch'essi di stirpe regia, e inoltre quelli che nel paese avevano una posizione eminente.
Libro IV:142 Il popolo fu preso da un grande sbigottimento e, come se la città fosse stata conquistata in guerra, nessuno si preoccupò di altro che della propria salvezza.
Libro IV:143 - 3, 5. Ai rivoluzionari non bastò di mettere in catene i prigionieri e stimarono malsicuro di tenere così rinchiusi per lungo tempo dei personaggi di primo piano;
Libro IV:144 infatti le loro numerose casate erano in grado di farne vendetta, e poi poteva accadere che il popolo insorgesse contro tale iniquità.
Libro IV:145 Decisero dunque di assassinarli e ne incaricarono un tal Giovanni, il più sanguinario fra loro, che nella lingua del paese era chiamato “figlio di Dorcade”. Assieme a lui entrarono nel carcere altri dieci uomini armati e fecero strage dei detenuti.
Libro IV:146 Per un tale enorme misfatto essi inventarono anche un'infame giustificazione, dicendo che quelli avevano trattato con i romani per la consegna di Gerusalemme e che loro li avevano eliminati come traditori della comune libertà; insomma, menavano vanto della loro criminosa audacia come se fossero stati i benefattori e i salvatori della città.
Libro IV:147 - 3, 6. Alla fine il popolo giunse a tale estremo di impotenza e di terrore, e quelli di follia, da voler prendere nelle loro mani anche l'elezione dei sommi sacerdoti.
Libro IV:148 Pertanto abolirono i privilegi delle famiglie da cui si erano sempre presi a turno i sommi sacerdoti, e nominarono individui comuni e di bassa estrazione per averli alleati nelle loro empie ribalderie; infatti,
Libro IV:149 chi senza meriti aveva ottenuto la più alta dignità era necessariamente asservito a coloro che gliel'avevano fatta raggiungere.
Libro IV:150 Inoltre, con varie manovre a base di menzogne, misero in urto tra loro le autorità di governo, traendo vantaggio dal contrasto di chi avrebbe potuto tenerli a freno, e alla fine, sazi dei delitti consumati contro gli uomini, rivolsero la loro violenza contro la divinità e con i loro piedi impuri entrarono nel santuario.
Libro IV:151 - 3, 7. Poiché il popolo ormai insorgeva contro di loro, incitato da Anano, il più anziano dei sommi sacerdoti, che forse sarebbe riuscito a salvare la città se fosse scampato alle mani dei cospiratori, quelli trasformarono il tempio del Dio nel loro fortilizio e in un baluardo contro le sommosse popolari, sì che il santuario diventò il loro comando generale.
Libro IV:152 A queste infamie si aggiunse anche lo scherno, più doloroso dei misfatti.
Libro IV:153 Mettendo a prova lo smarrimento del popolo e dando la misura della loro potenza, essi vollero infatti introdurre il sorteggio per la scelta dei sommi sacerdoti mentre la successione di costoro, come abbiamo detto, era regolata in base alle famiglie.
Libro IV:154 A giustificazione di tale progetto addussero un'antica usanza, affermando che anche anticamente il sommo sacerdozio si assegnava mediante sorteggio, mentre in realtà miravano a distruggere un sistema ben radicato e il loro era un artificio per dominare, giacché erano essi che manovravano l'attribuzione delle cariche.
Libro IV:155 - 3, 8. Pertanto convocarono uno dei casati dei sommi sacerdoti, di nome Eniachin, e ne estrassero a sorte un sommo sacerdote. Uscì per caso un individuo tale che nessuno meglio di lui avrebbe potuto mettere in luce la loro soperchieria: si chiamava Fanni, figlio di Samuele, del villaggio di Aftia, il quale non solo non discendeva da sommi sacerdoti, ma era tanto rozzo da non sapere nemmeno che cosa forse il sommo sacerdozio.
Libro IV:156 Comunque, lo strapparono contro il suo volere dalla campagna e lo travestirono come chi interpreta un personaggio sulle scene facendogli indossare i sacri paramenti e insegnandogli che cosa dovesse fare per l'occasione.
Libro IV:157 Una tale empietà era per loro una burla e uno scherzo, ma agli altri sacerdoti che assistevano da lontano alla derisione della legge veniva da piangere, ed essi gemevano sulla fine dei sacri onori.
Libro IV:158 - 3, 9. Questa loro prepotenza il popolo non poté tollerarla, e tutti insorsero come per abbattere un governo dispotico.
Libro IV:159 Le personalità più eminenti, quali Gorion figlio di Giuseppe e Simeone figlio di Gamaliel, li incitavano infatti sia tutt'insieme nelle assemblee, sia recandosi a visitarli ad uno ad uno, perché una buona volta punissero i traditori della libertà e purificassero il santuario da quegli empi assassini.
Libro IV:160 Nello stesso tempo i più autorevoli dei sommi sacerdoti, Gesù figlio di Gamala e Anano figlio di Anano, biasimando senza posa nelle assemblee il popolo per la sua apatia, lo istigarono contro gli Zeloti;
Libro IV:161 tale, infatti, era il nome che quelli si erano dati, quasi fossero zelatori di opere buone e non invece al massimo grado delle più turpi.
Libro IV:162 - 3, 10. Una volta che il popolo era raccolto in assemblea e tutti erano indignati per l'occupazione del santuario, per le ruberie e per le uccisioni, ma non avevano ancora intrapreso alcuna azione di resistenza perché ritenevano, e a ragione, che non sarebbe stato facile mettere a posto gli Zeloti, si levò a parlare tra la folla Anano e, rivolgendo ripetutamente lo sguardo al tempio con gli occhi pieni di lacrime, così disse:
Libro IV:163 “Come sarebbe stato bello per me morire prima di vedere la casa del Dio ricolma di tanti empi misfatti e i luoghi inaccessibili e sacri violati da piedi tanto scellerati!
Libro IV:164 E invece, rivestito dei paramenti del sommo sacerdozio, e insignito del più venerando dei titoli sacri, io vivo e sono attaccato alla vita, senza il coraggio di affrontare una morte gloriosa in cambio della mia vecchiaia. Se è necessario, andrò io solo e, come in un deserto, offrirò la mia sola vita in sacrificio per il Dio.
Libro IV:165 A che, infatti, vivere tra un popolo insensibile alle sventure, e fra gente che ha perduto la forza di opporsi ai mali che l'assalgono? Infatti vi spogliano e voi lasciate fare, vi battono e voi non fiatate, e sugli uccisi nessuno osa piangere apertamente.
Libro IV:166 Oh amara tirannide! Ma perché rimproverare i tiranni? Non sono essi cresciuti per colpa vostra e della vostra sopportazione?
Libro IV:167 Non foste voi, lasciando che i primi si riunissero quand'erano pochi, a farli diventate di più col vostro tacere, e ad attirare contro di voi le loro armi mentre essi si armavano senza che voi abbandonaste la vostra inerzia?
Libro IV:168 Allora invece bisognava stroncare i loro primi assalti, quando si scagliarono con le loro ingiurie sui nobili e voi, col non dare importanza alla cosa, incoraggiaste quegli empi alle ruberie, e non una voce si levò mentre le case venivano saccheggiate; poi essi misero le mani sulle persone dei padroni e, mentre questi venivano trascinati attraverso la città, nessuno accorse in loro aiuto.
Libro IV:169 Ed essi inflissero il disonore del carcere a coloro che voi avevate tradito, e tralascio di dire quanti e quali erano quelli che, sebbene non fossero stati né incolpati né processati, restarono in catene senza che alcuno li soccorresse.
Libro IV:170 Inevitabile conclusione doveva essere lo spettacolo della loro strage, e anche a questo abbiamo assistito, come quando da un gregge di bestie se ne traggono una dopo l'altra le migliori come vittime sacrificali, e nessuno disse una parola e tanto meno mosse un dito.
Libro IV:171 E allora, sopportate pazientemente di vedere calpestati i luoghi santi, e dopo aver voi stessi fatto salire a quegli empi tutti i gradini dell'audacia criminosa, non vi sia grave che essi abbiano raggiunto il limite estremo. Certo ora si sarebbero spinti ancora oltre se avessero avuto da far scempio di qualche cosa di ancora più importante.
Libro IV:172 Si sono impadroniti del luogo più forte della città (infatti ora del tempio si deve parlare come di una rocca o di una fortezza); e allora, con tali oppressori trincerati nella città, e vedendo i nemici che vi minacciano dall'alto, che cosa pensate di fare e con quali speranze riscaldate i vostri cuori?
Libro IV:173 Aspettate i romani, perché siano essi a riscattare i nostri luoghi santi? La città è dunque ridotta in tali condizioni e siamo arrivati a tanta miseria, che anche i nemici debbono muoversi a pietà per noi?
Libro IV:174 Non vi scuoterete, o gente anche troppo paziente, e rivoltan¬dovi contro i colpi, come fanno le belve, non vi difenderete da chi vi colpisce? Non vi ricorderete ognuno delle sue sofferenze e, tenendo dinanzi agli occhi quanto avete patito, non infiammerete gli animi a trarre vendetta su di loro?
Libro IV:175 E’ svanito, dunque, in voi il più nobile e naturale dei sentimenti, l'amore per la libertà, e siamo diventati desiderosi di servire e di aver un padrone come se dagli antenati avessimo ricevuto in retaggio la schiavitù.
Libro IV:176 Essi, invece, sostennero numerose e aspre guerre in difesa della libertà, e resistettero alla dominazione degli Egiziani e dei Medi rifiutandosi di sotto¬stare ai loro comandi. Ma perché parlare degli antenati?
Libro IV:177 Anche l'attuale guerra contro i romani - lasciando da parte se sia utile e giovevole oppure no - qual è il suo motivo? Non è la libertà?
Libro IV:178 E allora, noi che non tolleriamo di sottostare ai padroni del mondo saremo soggetti all'oppressione di nostri connazionali?
Libro IV:179 Eppure la soggezione allo straniero potrebbe attribuirsi a un colpo avverso della fortuna, mentre il piegare la schiena di fronte alla prepotenza di connazionali è da vigliacchi e da consenzienti.
Libro IV:180 Poiché ho accennato ai romani, non voglio tenervi celato un pensiero che mi ha attraversato la mente mentre parlavo: se anche dovessimo cadere nelle loro mani - e lungi sia che le mie parole risultino vere - non avremo a patire sofferenze più gravi di quelle che ci hanno inflitte costoro.
Libro IV:181 Come non piangere a vedere nel santuario perfino dei doni votivi offerti dai romani e, accanto ad essi, le spoglie che i connazionali hanno raccolto depredando e sterminando la nobiltà della metropoli? Come non piangere per la strage di persone che finanche i romani avrebbero risparmiato in caso di vittoria?
Libro IV:182 Come non piangere se, mentre i romani non hanno mai varcato il limite imposto ai profani né violato alcuno dei sacri riti, contemplando da lontano con timore reverenziale il recinto dei luoghi santi,
Libro IV:183 viceversa gente nata in questi luoghi e cresciuta secondo i nostri usi, e che porta il nome di giudei, si aggira nel santuario con le mani ancora calde del sangue dei connazionali?
Libro IV:184 E dopo tutto ciò qualcuno avrà timore di combattere contro gli stranieri, che al paragone dei connazionali sono verso di noi assai più miti? In verità, se dobbiamo dare alle cose il loro vero nome, si troverà forse che i difensori delle nostre istituzioni sono i romani, mentre gli eversori ne sono i connazionali.
Libro IV:185 Che i traditori della libertà sono gente perniciosa, che non si po¬trebbe inventare per loro un castigo adeguato alle colpe, ritengo che già tutti lo sapeste prima di venire qui dalle vostre case, e che già prima delle mie parole voi foste esasperati contro di loro per le violenze che vi hanno costretti a subire.
Libro IV:186 Forse i più di voi tremeranno al pensiero del loro numero, della loro audacia e per di più del vantaggio della loro posizione.
Libro IV:187 Ma questa situazione, come si è creata per la vostra inerzia, così si aggraverà maggiormente se voi indugerete. Il loro numero si accresce ogni giorno perché ogni farabutto va ad unirsi ai suoi simili,
Libro IV:188 il loro ardire aumenta perché finora non ha trovato ostacoli e, se gliene daremo il tempo, al vantaggio della posizione dominante aggiungeranno quello di poter fare preparativi.
Libro IV:189 Credete pure che, se muoveremo contro di loro, i rimorsi di coscienza li renderanno meno baldanzosi e la riflessione sulle loro colpe annullerà il vantaggio della posizione dominante.
Libro IV:190 Forse la divinità offesa ritorcerà contro di essi i loro dardi, e gli empi saranno sterminati dalle loro stesse armi. Basterà solo che ci vedano, e saranno finiti.
Libro IV:191 Se pure si dovrà affrontare qualche pericolo, sarà bello cadere presso le sacre porte e sacrificare le nostre vite, anche se non per le mogli e i figli, per il Dio e per il santuario.
Libro IV:192 Io vi guiderò col senno e con la mano, e non mancherò di avere ogni cura per la vostra sicurezza, né mi vedrete risparmiare la mia persona”.
Libro IV:193 - 3, 11. Con queste parole Anano incitò il popolo contro gli Zeloti, pur non ignorando che sarebbe stato difficile batterli e per il numero e per il vigore giovanile e per l'ardimento, ma soprattutto per la consapevolezza dei loro misfatti. Infatti, disperando del perdono per ciò che avevano commesso, quelli avrebbero resistito fino all'ultimo.
Libro IV:194 Ma egli preferiva di affrontare ogni sofferenza piuttosto che acconciarsi a una situazione tanto rovinosa.
Libro IV:195 Anche il popolo gli gridò di guidarlo a dare addosso a chi egli diceva, e tutti erano prontissimi a marciare in prima fila.
Libro IV:196 - 3, 12. Mentre Anano raccoglieva e organizzava gli uomini atti alle armi, gli Zeloti, informati di tali preparativi da gente venuta a riferire tutto ciò che faceva il popolo, andarono sulle furie e, precipitandosi fuori del tempio in schiere o in piccoli gruppi, trucidarono tutti quelli in cui s'imbatterono senza risparmiare nessuno.
Libro IV:197 Anano radunò prontamente le forze del popolo, che erano superiori come numero agli Zeloti, ma inferiori come armi e per mancanza di addestramento.
Libro IV:198 Gli uni e gli altri supplivano con l'ardore a ciò di cui mancavano: i cit¬tadini erano armati di un furore più potente delle armi, quelli del tempio di un coraggio più forte di ogni superiorità numerica;
Libro IV:199 gli uni comprendevano che la città sarebbe diventata per loro inabitabile se non ne avessero snidato i briganti, gli Zeloti sapevano che, se non avessero vinto, sarebbero stati sottoposti a ogni sorta di pena. Spinti da tali sentimenti, vennero alle mani.
Libro IV:200 Dapprincipio si scontrarono nella città e davanti al tempio scambiandosi a distanza colpi di pietra e giavellotti, e in caso di fuga i vincitori usavano le spade; molti caddero uccisi dalle due parti e parecchi furono i feriti.
Libro IV:201 Quelli del popolo i parenti se li trascinavano nelle case, mentre gli Zeloti colpiti si ritiravano nel tempio imbrattando di sangue il sacro pavimento, e si può dire che solamente il loro sangue contaminò il santuario.
Libro IV:202 Nelle mischie che si creavano con le loro sortite i banditi ebbero sempre la meglio finché quelli del popolo s'inferocirono e, divenuti sempre più numerosi, presero a colpire i compagni che indietreggiavano e, premendo da tergo in modo da non lasciare via di scampo a chi voleva fuggire, rovesciarono tutta la loro massa contro gli avversari.
Libro IV:203 Questi non poterono più resistere alla loro spinta e si ritirarono un po' alla volta nel tempio tallonati dagli uomini di Anano.
Libro IV:204 Demoralizzati per la perdita del primo recinto, gli Zeloti si rifugiarono nel secondo e sbarrarono precipitosamente le porte.
Libro IV:205 Ma Anano non volle dar l'assalto ai sacri portali, anche perché gli avversari scagliavano proiettili dall'alto, e riteneva che anche in caso di vittoria sarebbe stata un'empietà che la folla dei suoi entrasse prima di aver partecipato a un rito di purificazione.
Libro IV:206 Egli perciò scelse a sorte seimila uomini e li collocò a guardia dei portici,
Libro IV:207 e costoro ebbero poi il cambio da altri; a ognuno toccava un turno di guardia, ma molti dei cittadini più in vista, ottenuta licenza dai comandanti, ne ingaggiarono a pagamento fra i più poveri e li inviarono a montar di guardia in loro vece.
Libro IV:208 - 3, 13. TUTTI QUESTI UOMINI PERIRONO PER COLPA DI GIOVANNI, di cui abbiamo ricordato la fuga da Giscala: un uomo quanto mai subdolo, dominato da una terribile sete di potere, che già da tempo manovrava per impadronirsene.
Libro IV:209 In quel momento egli fece finta di stare dalla parte dei cittadini e, messosi al seguito di Anano, che di giorno si incontrava con i notabili per deliberare e di notte ispezionava gli uomini di guardia, riferiva poi i segreti agli Zeloti, e ogni progetto del popolo veniva per suo mezzo a conoscenza dei nemici prima ancora di essere stato definitivamente approvato.
Lazzaro figlio di Simone fu quindi storicamente l’unico che tentò di attaccare la classe sacerdotale ( pagandone le relative conseguenze), con lo scopo di abbatterla, ma lo fece in segreto e non per Gesù, ma per Giovanni di Giscala, l’unico Re dei Giudei registrato dalla storia prima della caduta del Tempio, che riuscì ( questo è il dato più importante) a farsi Re di Gerusalemme appoggiato dal consenso del popolo.
Sia ben chiaro, diventare Re di Gerusalemme significava comandare tutta Israele: questo per farvi capire quali fossero le reali intenzioni ( escludendo quelle teologiche) di Gesù e di Giovanni di Giscala ( che ripeto….per me erano la stessa persona).
Tornando a noi, i vangeli e Paolo di Tarso concludo attestando simbolicamente che “con Gesù la storia della mediazione fra Dio e gli uomini viene eliminata, non c'è più bisogno di nessun mediatore e quindi di nessun sommo sacerdote”, come del resto viene attestato e provato da padre Giuseppe Galliano:
http://www.acquaviva2000.com/CATECHESI/chi%20cercate.htmGesù quindi riuscì a dare il colpo di grazia alla classe sacerdotale, tramite Simone bar Giona detto Pietro, il sovvertitore del piano divino, che Gesù chiama addirittura Satana.
Pensate, Pietro il traditore non viene considerato “ convertito” da Gesù, nemmeno negli ultimi scorci della sua vita:
Luca 22:31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano;
Luca 22:32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, QUANDO SARAI CONVERTITO, fortifica i tuoi fratelli».
Eppure secondo i padri della chiesa fu proprio lui quello che eliminò simbolicamente la mediazione tra Dio e i sommi sacerdoti.
Il come lo spiega padre Giuseppe Galliano attraverso i Vangeli, il quando ve lo dice Giuseppe Flavio.:
Libro IV:570 Nel frattempo la massa degli Zeloti che era dispersa nella città si raccolse nel tempio unendosi a quelli che erano stati messi in fuga, e Giovanni si preparò a guidarli giù contro il popolo e gli Idumei.
Libro IV:571 Questi ebbero paura non tanto del loro attacco, essendo più forti in combattimento, quanto della loro follia, pensando che quelli di nottetempo potevano fare una sortita dal tempio, ucciderli e dar fuoco alla città.
Libro IV:572 Si radu¬narono allora a consiglio con i sommi sacerdoti per deliberare come difendersi dal loro assalto.
Libro IV:573 Ma il Dio sconvolse le loro menti ed essi pensarono di ricorrere a un rimedio peggiore del male; infatti per liberarsi di Giovanni decisero di far entrare Simone ( bar Giora detto Pietro), cioè di attirarsi un secondo padrone, e per di più sollecitandolo con le preghiere.
Libro IV:574 La decisione venne eseguita e il sommo sacerdote Mattia fu inviato a pregare quel Si¬mone, che tanto avevano temuto, di voler entrare in città. Unirono le loro insistenze anche tutti quelli che erano stati costretti a fuggire da Gerusalemme per gli Zeloti e che desideravano di recuperare case e averi.
Libro IV:575 Simone acconsentì con grande degnazione di far loro da padrone e fece il suo ingresso come per liberare la città dagli Zeloti, acclamato dal popolo quale salvatore e protettore;
Libro IV:576 ma quando fu dentro col suo esercito non pensò che al suo potere, considerando quelli che l'avevano invocato non meno nemici di coloro contro cui era stato invocato.
Libro IV:577 - 9, 12. Così il mese di Xanthico del terzo anno di guerra Simone si fece signore di Gerusalemme mentre Giovanni e la banda degli Zeloti, impediti di uscire dal tempio e perduto tutto ciò che avevano in città e che era stato immediatamente saccheggiato dagli uomini di Simone, cominciavano a dispe¬rare della loro sorte.
=
Giovanni 18:15 Intanto Simon Pietro e un altro discepolo seguivano Gesù; e quel discepolo era noto al sommo sacerdote, ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote;
Giovanni 18:16 Pietro invece stava fuori, alla porta. Allora quell'altro discepolo che era noto al sommo sacerdote, uscì, parlò con la portinaia e fece entrare Pietro.
Giovanni 18:17 La serva portinaia [Mattia] dunque disse a Pietro: «Non sei anche tu dei discepoli di quest'uomo?» Egli rispose: «Non lo sono».
Giovanni 18:18 Ora i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e stavano là a scaldarsi; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
Qui segue la fine del portinaio che stando ai Vangeli, riconobbe Pietro come un seguace del Cristo:
Libro V:527 - 13, 1. Simone non lasciò morire senza supplizi nemmeno Mattia, che aveva consegnato nelle sue mani la città. Costui era figlio di Boeto, discendente di sommi sacerdoti, uno degli uomini più stimati e onorati dal popolo.
Libro V:528 Quando la città era angariata dagli Zeloti, cui s'era unito anche Giovanni, egli aveva persuaso il popolo a far entrare in loro aiuto Simone, senza stringere in precedenza alcun accordo con lui e senza sospettare alcun tiro da parte sua.
Libro V:529 Ma quando Simone mise piede in città e se ne fece padrone, considerò Mattia nemico al pari degli altri, anche se aveva perorato la sua causa, giudicando che lo aveva fatto per stolta ingenuità.
Libro V:530 Così allora se lo fece trascinare al suo cospetto e con l'accusa di parteggiare per i romani lo condannò a morte, senza permettergli di difendersi, insieme con tre figli, perché il quarto aveva fatto in tempo a rifugiarsi presso Tito. E quando Mattia lo supplicò di ucciderlo prima dei figli, chiedendogli questa grazia in ricompensa di avergli fatto aprire le porte della città, Simone lo fece uccidere per ultimo.
Libro V:531 Così egli fu ammazzato sopra ai suoi figli, che già erano stati trucidati sotto i suoi occhi, e dopo essere stato condotto in un luogo dove i romani potevano vederlo; tale fu infatti l'ordine che Simone diede ad Anano figlio di Bagadate, il più spietato dei suoi scherani, aggiungendo ironicamente che così si sarebbe visto se gli avrebbero dato qualche aiuto coloro dalla cui parte voleva passare; e alla fine vietò di dar sepoltura ai cadaveri.
Contemporaneamente al tradimento di Simone bar Giora (e subito dopo l’uccisione del portinaio Mattia), avvenne come da Vangelo quello di Giude figlio di Giude ( detto l’Iscariota):
Libro V:534 - 13, 2. Al veder ciò un certo Giude, figlio di Giude, che era uno dei subalterni di Simone e ne aveva avuto l'incarico di far la guardia a una torre, un po' forse per compassione verso le vittime uccise con tanta ferocia, ma specialmente preoccupato di quella che sarebbe stata la sua sorte, chiamò a sé dieci fra gli uomini più fidati che aveva e disse loro:
Libro V:535 “Fino a quando sopporteremo queste malefatte? Che speranza di salvarci abbiamo se restiamo fedeli a un farabutto?
Libro V:536 Non abbiamo già la fame addosso, i romani sul punto di entrare in città, mentre Simone non rispetta nemmeno chi gli ha fatto del bene, sì che c'è da temere che da un momento all'altro egli ci metta a morte quando invece ci si può fidare della parola dei romani? Orsù, consegniamo le mura e salviamo noi stessi e la città!
Libro V:537 Non sarà un gran male per Simone pagare più presto il fio dal momento che non ha speranza di salvarsi”.
Libro V:538 Persuasi i dieci, allo spuntar del giorno Giude inviò gli altri suoi uomini chi da una parte, chi dall'altra, per evitare che si scoprisse il complotto, e verso l'ora terza si mise a chiamare dall'alto della torre i romani.
Libro V:539 Ma di questi alcuni non gli badarono, altri non se ne fidarono mentre i più non si mossero pensando che tra breve avrebbero avuto in mano la città senza correre pericolo.
Libro V:540 E quando alla fine Tito si apprestava ad avvicinarsi al muro alla testa di un reparto, Simone raggiunto dalla notizia accorse a prendere sotto controllo la torre; catturati i traditori, li uccise sotto gli occhi dei romani e, mutilati i cadaveri, li scaraventò davanti alle mura.
Non sappiamo se questo Giuda fu pagato segretamente, come da Vangelo, dai sommi sacerdoti, ma di sicuro il suo tradimento avvenne dopo l’uccisione del portinaio Mattia ( discendente di sommi sacerdoti).
Non sappiamo nemmeno se segretamente questo Giuda fu contattato dal “ CAPO DEI CAPI” e cioè da Giovanni di Giscala, con lo scopo di sbarazzarsi di Simone bar Giora, visto che proprio nei Vangeli troviamo scritto:
Per cui Gesù gli disse [ a Giuda]: «Quel che fai, fallo presto».
In ogni modo il vero motivo del tradimento non lo sa nemmeno Giuseppe Flavio, visto che Giuda e i suoi complici furono tutti uccisi da Simone bar Giora….. e non poteva saperlo, dato che i morti non parlano!
Simone bar Giora fu quindi l’ultima speranza della classe sacerdotale. I sacerdoti pensavano che con il suo tradimento sarebbero riusciti a scacciare Giovanni e Lazzaro figlio di Simone ( l’apostolo che Giovanni amava) dal Tempio, ma ben presto capirono di aver sbagliato, perché Simone si pentì, prese in affidamento i seguaci del Cristo ( Giovanni) e continuò a combattere per la sua stessa causa: difendere Gerusalemme, il suo Tempio ed eliminare definitivamente la classe sacerdotale:
Giovanni 21:15 Quand'ebbero fatto colazione, Gesù [NON FIDANDOSI TROPPO] disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami più di questi?» Egli rispose: «Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Giovanni 21:16 Gli disse di nuovo, una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami?» Egli rispose: «Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pastura le mie pecore».
Giovanni 21:17 Gli disse la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?» Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: «Mi vuoi bene?» E gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene». Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore.
Giovanni 21:18 In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti».
Giovanni 21:19 Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse: «Seguimi».
Il discepolo che Gesù amava
1Co 15:51-52; 1Te 4:14-18
Giovanni 21:20 Pietro, voltatosi, vide venirgli dietro il DISCEPOLO che Gesù amava; quello stesso che durante la cena stava inclinato sul seno di Gesù e aveva detto: «Signore, chi è che ti tradisce?»
Giovanni 21:21 Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: «Signore, e di lui che sarà?»
Giovanni 21:22 Gesù gli rispose: «Se voglio che rimanga finché io venga, che t'importa? Tu, seguimi».
Giovanni 21:23 Per questo motivo si sparse tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto; Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga finché io venga, che t'importa?»
[ Ho sottolineato “discepolo” perché Lazzaro figlio di Simone non è elencato tra gli apostoli. Questo spiega che non era affatto Giovanni l’evangelista “ colui che amava”, perché l’evangelista è elencato tra gli apostoli.]
=
Libro V:277 All'improvviso da tre parti un immenso fragore rimbombò per la città; contemporaneamente si levò il grido degli abitanti e un grande terrore invase i ribelli. Questi, vedendosi esposti a un comune pericolo, si decisero finalmente a unire le forze per la difesa.
Libro V:278 Gli uomini delle fazioni avverse presero a gridarsi l'un l'altro che ciò che stavano facendo era tutto a vantaggio dei nemici, mentre invece, anche se il Dio non concedeva loro una durevole concordia, era necessario almeno deporre per il momento le scambievoli rivalità e combattere uniti contro i romani. Così Simone fece sapere a quelli del tempio che potevano senza timore uscire per difendere le mura, e Giovanni, PUR NON FIDANDOSI TROPPO, li lasciò andare.
Passiamo ad un’altra domanda:
XXXIn aggiunta a questo: Zaccaria figlio di Barachia ucciso dagli Zeloti era un collaborazionista filoromano. Se Gesù lo cita come martire, cosa ne dedurremmo? Che Gesù non era un rivoluzionario antiromano e ce l'aveva con gli zeloti.XXX
Zaccaria non era filoromano era una persona che amava la libertà e se amava la libertà, sicuramente non gli piaceva sottostare ne ai romani e ne al regime monarchico di Giovanni:
Libro IV:335 Si erano prefissi di eliminare uno dei personaggi più in vista, Zaccaria figlio di Baris, contro il quale li avevano inveleniti la sua grande avversione al male e l’AMORE PER LA LIBERTA’; inoltre era anche ricco, sì che non solo speravano di appropriarsi dei suoi beni, ma anche di liberarsi di un avversario potente e temibile.
Chi era?
Sicuramente era uno dei capi più potenti di Gerusalemme, prima dell’arrivo di Giovanni in città.
Infatti dopo la sua uccisione, i padroni assoluti di Gerusalemme divennero Giovanni ( il Re dei giudei) e il suo braccio destro Lazzaro figlio di Simone ( il capo degli zeloti).
Questo lo si evince benissimo nel passo che segue, scritto subito dopo l’uccisione di Zaccaria:
Libro IV:344 I giudici li percossero ignominiosamente col rove¬scio delle spade scacciandoli dal tempio, e li risparmiarono soltanto perché, ritornandosene alle loro case, FACESSERO SAPERE A TUTTI CHI ERANO I PADRONI.
Zaccaria, essendo uno dei capi più potenti di Gerusalemme, non è da escludersi che convocò proprio lui l’assemblea nel Tempio di Gerusalemme, per nominare un maggior numero di capi per la condotta della guerra:
Libro II:562 - 209 3. Quando gli inseguitori di Cestio arrivarono a Gerusalemme, attirarono dalla loro parte i filoromani, alcuni con la violenza altri con la persuasione, e radunatisi in assemblea nel tempio nominarono un maggior numero di capi per la condotta della guerra.
Libro II:563 Giuseppe figlio di Gorion e il sommo sacerdote Anano furono eletti a reggere con poteri assoluti il governo della città, con l'incarico di curare specialmente che venisse aumentata l'altezza delle mura.
Libro II:564 A Eleazar figlio di Simone, sebbene avesse il controllo del bottino fatto sui ro¬mani e dei denari presi a Cestio, non assegnarono una carica di governo, sia perché scorgevano in lui una tendenza a fare il tiranno, sia perché i più fanatici dei suoi seguaci si atteggiavano a guardie del corpo.
Libro II:565 Ma un po' alla volta il bisogno di denaro e gli intrighi di Eleazar indussero il popolo a rico¬noscergli il comando supremo.
Libro II:566 - 20, 4. Per l'Idumea elessero altri capi, Gesù figlio di Saffa, uno dei sommi sacerdoti, ed Eleazar figlio del sommo sacerdote Neos. A Niger, che allora governava l'Idumea, originario della Perea al di là del Giordano e perciò detto anche il Peraita, ordinarono di mettersi a disposizione dei due capi.
Libro II:567 Né trascurarono il resto del paese, ma furono mandati come capi a Gerico Giuseppe figlio di Simone, nella Perea Manasse, nella toparchia di Thamna Giovanni l'Esseno, cui furono anche affidate Lidda, Ioppe ed Emmaus.
Libro II:568 Giovanni figlio di Anania fu eletto capo per le province di Gofna e Acrabetta, e Giuseppe figlio di Mattia per le due Galilee; alla giurisdizione di quest'ultimo fu aggiunto anche il territorio di Gamala, la città più forte in quella regione.
Libro II:569 - 20, 5 - Ognuno dei capi prese a svolgere le mansioni affidategli col massimo possibile di zelo e di capacità. Quanto a Giuseppe, arrivato in Galilea, si preoccupò in primo luogo di cattivarsi la simpatia degli abitanti, ben sapendo che per mezzo di essa avrebbe risolto il maggior numero di situazioni, anche se per il resto avesse fallito.
Questo lo dico perché, proprio nel proto-vangelo di Giacomo, troviamo scritto che Zaccaria radunò tutti i VEDOVI d’Israele nel Tempio di Gerusalmme:
Ed ecco che gli apparve un angelo del Signore, dicendogli: "Zaccaria, Zaccaria! Esci e raduna tutti i vedovi del popolo. Ognuno porti un bastone: sarà la moglie di colui che il Signore designerà per mezzo di un segno". Uscirono i banditori per tutta la regione della Giudea, echeggiò la tromba del Signore e tutti corsero. [9, 1] Gettata l'ascia, Giuseppe uscì per raggiungerli. Riunitisi, andarono dal sommo sacerdote, portando i bastoni. Presi i bastoni di tutti, entrò nel tempio a pregare. Finita la preghiera, prese i bastoni, uscì e li restituì loro; ma in essi non v'era alcun segno. Giuseppe prese l'ultimo bastone: ed ecco che una colomba uscì dal suo bastone e volò sul capo di Giuseppe. Il sacerdote disse allora a Giuseppe: "Tu sei stato eletto a ricevere in custodia la vergine del Signore". [2] Ma Giuseppe si oppose, dicendo: "Ho figli e sono vecchio, mentre lei è una ragazza. Non vorrei diventare oggetto di scherno per i figli di Israele". Il sacerdote però rispose a Giuseppe: "Temi il Signore tuo Dio, e ricorda che cosa ha fatto Dio a Datan, a Abiron e a Core, come si sia spaccata la terra e siano stati inghiottiti a causa della loro opposizione. Ora, temi, Giuseppe, che non debba accadere altrettanto in casa tua". [3] Giuseppe, intimorito, la ricevette in custodia. Giuseppe disse a Maria: "Ti ho ricevuta dal tempio del Signore e ora ti lascio in casa mia. Me ne vado a eseguire le mie costruzioni e dopo tornerò da te: il Signore ti custodirà".
In questa riunione, la sorte per prendersi cura del Cristo, il futuro Re dei Giudei, cadde proprio su Giuseppe.
Chi era questo Giuseppe che si prese cura del futuro RE dei Giudei?
Era Giuseppe Flavio, infatti proprio a lui, una volta che fu nominato capo delle due Galilee e di Gamala, fu “costretto” nello stesso tempo a prendersi cura del futuro RE dei Giudei e cioè di Giovanni ( di Giscala):
Libro II:585 - 21, 1. Mentre Giuseppe così organizzava la difesa in Galilea, gli si levò contro un intrigante di Giscala di nome Gio¬vanni, figlio di Levi, il più farabutto e il più astuto fra tutti quelli famosi per simili pessime qualità. Povero dapprincipio, e per lungo tempo impedito dal mal fare proprio dalla sua po¬vertà, pronto a mentire,
Libro II:586 abile nel far credere alle sue menzogne, egli considerava l'inganno una virtù e se ne serviva anche contro le persone più care,
Libro II:587 e mentre fingeva mitezza era prontissimo a uccidere anche solo per la speranza di un guadagno. Sempre bramoso di grandezza, ma capace di realizzare i suoi progetti soltanto con piccoli colpi perché era un bandito solitario, più tardi trovò anche compagnia per il suo vivere cri¬minoso, piccola dapprima, poi sempre più numerosa.
Libro II:588 Aveva cura di non accogliere nessuno che potesse facilmente esser preso, ma sceglieva gli individui che si distinguevano per prestanza, coraggio ed esperienza di guerre, finché radunò una banda di quattrocento uomini, che per lo più si erano dati alla macchia provenendo dalla regione di Tiro e dai villaggi vicini.
Libro II:589 Alla loro testa saccheggiò tutta la Galilea e vessò le masse che erano già preoccupate per la guerra imminente.
Libro II:590 - 21, 2. Ormai egli aspirava a far da comandante e mirava a cose più grandi, ma gli era d'impedimento la mancanza di mezzi. Vedendo che Giuseppe lo apprezzava per la sua energia, dapprima lo persuase ad affidate a lui l'incombenza di costruire il muro intorno alla sua città natale, e in quest'occasione fece grossi profitti a spese dei ricchi contribuenti;
Libro II:591 più tardi ideò un piano truffaldino: al fine di evitare a tutti i giudei abitanti nella Siria di usare olio non prodotto dai loro connazionali, chiese e ottenne di poterglielo fornire al confine.
In poche parole Giovanni si arricchì e divenne qualcuno, grazie proprio a Giuseppe Flavio che lo fece lavorare come falegname/carpentiere per la costruzione delle mura di Giscala. Giuseppe gli permise inoltre di vendere legalmente olio a Tiro, in Siria e a Cesarea, dove Giovanni, come da Vangelo ( infatti i Vangeli narrano che Gesù fece molti proseliti in queste “lontane” terre), fece molti proseliti.
Giuseppe Flavio inoltre tiene a specificare, anche nella sua autobiografia, che fu in un certo senso “costretto” ( da gente di potere di Gerusalemme) a far arricchire il povero falegname destinato a diventare il Re dei Giudei ( Giovanni di Giscala).
Gesù come a Giovanni di Giscala, non era in principio anti-romano, anzi, “istigava con ogni mezzo i suoi proseliti a non ribellarsi ai romani” e quindi di pagare regolarmente le tasse a Cesare.
Ma entrambi erano delle persone molto ambigue, che ricorrevano alle menzogne con la speranza di un guadagno.
Infatti nei Vangeli emerge che Gesù non rispettava la legge e in particolar modo, le tradizionali norme di purità: non rispettava il Sabato, non si lavava le mani prima dei pasti, considerava puri tutti i cibi, vietò di seppellire un cadavere ad un suo discepolo, vietò di sacrificare gli animali a Dio ( scacciando i mercanti di bestie dal Tempio) ecc..
Eppure, probabilmente per non essere linciato da alcuni Giudei molto attaccati alla legge, ebbe il coraggio di dire:
Matteo 5:17 «Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.
Matteo 5:18 Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto.
Matteo 5:19 Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli.
Non è questa la massima espressione dell’ipocrisia e della menzogna?
Non solo!
In un altro passo, subito dopo il suo arresto, Gesù disse:
Giovanni 18:20 Gesù gli rispose: «Io ho parlato apertamente al mondo; ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel tempio, dove tutti i Giudei si radunano; e non ho detto nulla in segreto.
Questa è una delle più grandi menzogne, perché i Vangeli ci narrano che Gesù predicò ovunque, anche in luoghi deserti!
Ci sarebbero altri passi dove emerge tutta la falsità e l’ipocrisia di Gesù, ma credo che bastino soltanto questi per dimostrare che Gesù “era abile nel far credere alle sue menzogne”, esattamente come a Giovanni di Giscala.
Tornando al nostro Zaccaria ( che per me era lo stesso Zaccaria menzionato da Giuseppe Flavio), non posso fare altro che dedurre che fu ucciso dai seguaci di Gesù ( che per me era Giovanni di Giscala).
L’equazione è molto semplice, il “ Re dei Giudei” fece uccidere Zaccaria ( e non solo lui) per non avere potenziali avversari e rivali, nella sua ascesa al potere.
In poche parole si comportò come a Totò Riina: uccise tutti i capi boss che potevano procurarli problemi, con lo scopo di comandare incontrastato a Palermo e quindi in tutta la Sicilia.
Infatti nel Vangelo di Luca leggiamo chiaramente:
Luca 19:27 E quei miei nemici che non volevano che io regnassi su di loro, conduceteli qui e uccideteli in mia presenza"».
E’ chiaro che diventare un Re incontrastato a Gerusalemme, significava comandare di conseguenza tutta Israele.
Se passiamo nei dettagli di Guerre Giudaiche, notiamo che gli Zeloti di Lazzaro figlio di Simone ( poi passati ufficialmente sotto la guida di Giovanni), uccisero senza problemi tutti i personaggi che loro ritenevano pericolosi per la loro ascesa al potere e i potenziali collaborazionisti dei romani.
L’unica eccezione fu per Zaccaria: di fatti fu l’unico personaggio di potere, che far farlo fuori, gli zeloti furono costretti a chiamare in causa i membri del Sinedrio.
Perché?
Personalmente ritengo che i membri del Sinedrio siano stati chiamati soltanto per far ricadere su di loro la colpa dell’uccisione di Zaccaria, che probabilmente era un personaggio molto amato dalla popolazione ( forse anche lui appartenente alla classe sacerdotale, visto che comunque era ricco e potente).
In ogni modo se Gesù disse:
Matteo 23:35 affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi uccideste fra il tempio e l'altare.
…lo disse perché:
1) Gesù come Giovanni di Giscala, era contro la classe sacerdotale e la voleva eliminare con il fondamentale e indispensabile consenso e appoggio della popolazione.
2) Gesù come Giovanni di Giscala, mentiva con la speranza di un guadagno. Qui il guadagno c’era: uccidendo Zaccaria, non solo si sono sbarazzati di una persona che poteva ostacolare la loro ascesa al potere, ma hanno fatto il modo di mettere il Sinedrio contro il popolo, accusandoli pubblicamente di aver ucciso Zaccaria.
In poche parole, i membri del Sinedrio furono incastrati: gli zeloti si comportarono come quella persona “ che getta la pietra e poi nasconde la mano” e non solo…accusarono i membri del sinedrio di essere stati loro l’autori dell’uccisione dell’amatissimo Zaccaria.
Tutto questo perché, per abbattere la classe sacerdotale, compreso il sinedrio, la prima cosa indispensabile e fondamentale, era l’avere il consenso e il benestare del popolo.
Questo fu quello che fece l’unico Re dei Giudei ( l’unico re che non regnò) registrato dalla storia, che tra l’altro collima alla perfezione con i piani ambiziosi di Gesù:
Matteo 19:27 Allora Pietro, replicando, gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?»
Matteo 19:28 E Gesù disse loro: «Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche voi, che mi avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele.
Matteo 19:29 E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna.
Matteo 19:30 Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi, primi.
-Luca 22:28 Or voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove;
Luca 22:29 e io dispongo che vi sia dato un regno, come il Padre mio ha disposto che fosse dato a me,
Luca 22:30 affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e sediate su troni per giudicare le dodici tribù d'Israele.
E’ ovvio che per poter giudicare le dodici tribù d’Israele e necessario prima di tutto abbattere il Sinedrio, che era l’organo predisposto per giudicare, quindi eliminare in primis il sommo sacerdote che lo presidiava ( Anano figlio di Anano ucciso dall’amico di Giovanni e cioè da Giacomo figlio di Sosas detto il Giusto) e poi i suoi 70 membri ( eliminati come detto da Lazzaro figlio di Simone, il braccio destro di Giovanni).