Caro Giancarlo,
è chiaro che, alla fine, le distanze di vedute su molti punti devono essere ricondotte ad
un’unica divergenza fondamentale riguardante la reale identità e la stessa esistenza storica di Gesù e del suo movimento. E’ evidente che se non c’è accordo su questo, il dialogo su tutto il resto può portare ben pochi frutti. Non è certo un caso che tu, per iniziare a ragionare insieme a me, abbia dovuto compiere una specie di
kenosi dalle tue reali convinzioni, assumendo la mia “ipotesi di lavoro” (che Gesù l’ebreo di Nazareth, più o meno rivoluzionario che fosse, sia quantomeno esistito in quanto tale, e non sia un mito creato dalla fusione di altre figure), e cercando di dialogare criticamente con la mia tesi (Gesù come profeta apocalittico e in quanto tale anche “politico”, ma in modo non-violento) ponendoti all’interno della mia stessa ottica.Ma poi, come vedi, i nodi vengono immancabilmente al pettine, e le varie diversità di vedute confluiscono tutte in quell’unica divergenza veramente fondamentale.
Purtroppo, io (avendo sinora condotto una ricerca più “storiografica” che “storica”, limitandomi a interrogare tutte o quasi le differenti voci presenti nel variegato spettro della ricerca principale) non sono onestamente in grado di ragionare all’interno della tua “ipotesi di lavoro” e di confrontarmici direttamente: per fare ciò dovrei in pratica buttare dalla finestra tutti i libri che ho letto sull’argomento, e intraprendere un lavoro di “prima mano” sulle fonti dirette, come fai tu, ma, purtroppo, non ho né il tempo né – al momento – un bagaglio critico sufficiente per potere intraprendere tale “viaggio”.
Mi sembra quindi ridondante insistere su singoli punti specifici … magari potremmo continuare a discutere su dettagli come
Gv 18,3 , visto che alla tua risposta io obietterei che il problema di quel versetto non è l’associazione congiunta di “ebrei e romani”, bensì la presenza dei farisei, che, come è noto, sono lo stereotipo del “nemico”
par excellence, ma che – nonostante gli evangelisti amino gonfiare la loro perfidia ogni qual volta possibile – sono significativamente assenti dai racconti della passione di tutte le fonti (Giovanni compreso: visto che dopo 18,3 scompaiono nel nulla). Naturalmente tu puoi rispondermi che tra i membri del sinedrio c’era qualche fariseo, e che quindi il resoconto giovanneo non è per nulla “inconcepibile” dal punto di vista delle possibilità storiche, e che dal fatto che poi in Giovanni stesso nonché nei sinottici i farisei non vengono più nominati, non è necessario dedurre che essi non abbiano proprio avuto alcun ruolo: ci saranno ragioni a noi non chiare che spiegano tali omissioni . E io concorderei certamente che “in linea teorica” la presenza delle “guardie dei farisei” di cui parla Giovanni è storicamente concepibile, ma nondimeno rimarrebbe per me inguaribilmente sospetta, in quanto molto maggiore è ai miei occhi il “peso” dell’assenza totale dei farisei dai racconti della passione.
Ma, ripeto, dialogare su questi dettagli non porta in ogni caso molto lontano, quando c’è ben altra divergenza all’orizzonte.
Mi permetto quindi di aggiungere solo qualcosa ancora a proposito del
problema storia-fede.
Continuo infatti ad essere convinto che anche la più radicale delle conclusioni sul Gesù storico, persino la tua, non implichi di per sé il dover dare le dimissioni dalla fede.
Rudolph Bultmann è, ripeto, il caso più eclatante di una fede che si regge praticamente solo su sé stessa, prescindendo in modo pressoché totale dalla vicenda storica di Gesù.
Il kerygma cristiano sarebbe una realtà autofondante, indipendentemente da quale fu la reale vicenda di Gesù. Se ci pensi bene, anche una volta che concludi che Gesù non solo non era il “Figlio di Dio, il fondatore della Chiesa bla bla bla” ma nemmeno è mai esistito, potresti comunque continuare ad essere cristiano. Sicuramente un cristiano sui generis, ma comunque un cristiano. Infatti, se anche ritieni che la vicenda di Gesù narrata dai vangeli sia al 100% mitologia, potresti comunque considerare tale “mito” il più bel mito che possa esistere, potresti ritenere che l’utopia del Gesù evangelico sia comunque la sola cosa in cui valga veramente la pena credere, anche se è completamente inventata.
Non sta scritto da nessuna parte che per avere una fede religiosa si debba credere in qualcosa di storico: anzi! Questa è casomai una fissazione tutta moderna e occidentale.
La maggior parte dell’umanità non ha mai avuto bisogno di credere in qualcosa di “storico”.
Posso citarti anche un esempio concreto di come si possa, attraverso un processo di reinterpretazione, essere sinceramente cristiani anche prescindendo dalle tradizionali affermazioni cristologiche.
Marcus J. Borg (il principale esponente del tanto “famigerato” Jesus Seminar insieme a J.D. Crossan) non è certo uno che non crede che Gesù sia storicamente esistito; lo crede eccome e ci ha scritto sopra un buon numero di libri, tutti piuttosto divulgativi, tutti che ripetono sempre più o meno la stessa cosa, ossia che Gesù fu: a) un mistico ebreo b) un guaritore ed esorcista, c) un maestro di sapienza, d) un profeta dedito alla causa della giustizia sociale, come quelli dell’ AT, d) l’iniziatore di un movimento di rivitalizzazione giudaico.
Ebbene, Borg è uno di quegli studiosi che si propongono di utilizzare i risultati della sua ricerca storica anche per correggere e riformulare l’immagine e il significato di Gesù per la fede, e la sua reinterpretazione cristologica alla luce della ricerca storica è la seguente: “
Le affermazioni cristologiche del Nuovo Testamento sono metafore (…). Il significato essenziale della metafora è “vedere come”. (…) Per cui dire “Gesù è Figlio di Dio” significa vederlo come il Figlio di Dio. Il punto non è credere che Gesù sia la vera vite o il Figlio di Dio, come se questi fossero fatti. Ma vederlo come la vera vite implica prenderlo molto seriamente come colui dal quale noi, i rami, dipendiamo per vivere, e come colui dal quale la vita scorre verso di noi. (…) Concludendo questa sezione sulle metafore cristologiche, voglio evidenziare che in quanto cristiano penso che queste affermazioni riguardo a Gesù siano vere. Penso però che siano vere in quanto metafore. Riconoscere che si ha a che fare con un linguaggio metaforico è fondamentale. Se non ce ne rendiamo conto, prendiamo le parole letteralmente, cosa che, purtroppo, è accaduta spesso nella tradizione cristiana. Abbiamo metaforizzato molto presto la nostra storia, e da allora abbiamo spesso storicizzato le nostre metafore. Quando interpretiamo alla lettera le metafore, otteniamo le assurdità, e ci lasciamo sfuggire anche le metafore, con la loro ricchezza di significato” (M.J. Borg - N.T. Wright, Quale Gesù? Due letture, Claudiana. 2007).
Come vedi, nel caso di Marcus Borg ti trovi di fronte a uno storico che si dichiara sinceramente credente cristiano, ma che ritiene di dover interpretare tutte le tradizionali verità dogmatiche come semplici “metafore”, che sono “vere” nella misura in cui incidono nella nostra esistenza e la riempiono di significato, ma che di per sé, non descrivono assolutamente nulla di reale al di fuori dell’esperienza che ne facciamo.
Dicendoti tutto questo, non voglio certo dire che tu debba trovare convincente o razionale il modo in cui Borg ha risolto il problema tra storia e fede, né tanto meno intendo – come ti dicevo prima – suggerirti di guardare alla figura evangelica di Gesù come al più bel mito che si possa immaginare, la sua utopia come la più degna di essere perseguita e al suo esempio come al più ricco e benefico per la nostra vita. Penso che ci siano persone che hanno una fede di questo tipo (non sono sicuro … ma, da alcune cose che ho sentito, mi viene in mente Gianni Vattimo), ma è più che evidente che ci penserai tu a giudicare se si tratti di una buona idea o meno...
La sola cosa su cui volevo provare a farti riflettere meglio, è che la tua totale
“perdita di fede” non è una conseguenza automatica della tua SOLA ricerca storica, ma è un risultato di essa congiuntamente ad un qualche ragionamento di tipo “filosofico” (non si tratta di “abbaracciare questa o quella filosofia”: qualunque “uomo della strada” in ogni momento della sua vita assume tutta una serie di posizioni, dalle più razionali alle più idiote, che sono di tipo “filosofico”), come, ad esempio, il seguente: “Se Gesù è un mito, allora non è possibile continuare ad avere fede e ad essere cristiani”, dove l’assunto filosofico implicito è che “non è possibile credere in qualcosa che non abbia un minimo di fondamento storico”.
Questo assunto, è appunto di tipo filosofico: lo si può ritenere la sola posizione veramente razionale possibile, oppure no, ma anche questo lo si può decidere solo filosoficamente. Se questo è stato (per ipotesi) il tuo ragionamento, allora in realtà tu ti trovi (paradossalmente!) ancora sotto l’influenza ermeneutica della tradizione giudaico-cristiana, perché è lei ad aver legato a filo doppio la teologia (o mitologia) con la storia. Come ti ho già detto, infatti, per tanti altri uomini di altre culture non ci sarebbe alcun problema nell’abbracciare la fede in Gesù, nonostante si sia perfettamente consapevoli che si tratta solo di una mitologia.
Che ne dici?