Ho letto con attenzione quello che hai scritto Hard e in effetti replico ma molto titubante perché anche io non riesco ad avere una idea certa sulla questione miracoli.
Intanto lascio aperta la possibilità di trucchi da prestigiatore perché qualcuno almeno nei primi secoli lo ha creduto possibile, Celso dice infatti che i trucchi Gesù li aveva imparati in Egitto. Pur non potendo prendere per oro colato le sue affermazioni credo se ne debba tener conto almeno per quello che concerne le interpretazioni dei fatti nei primi secoli.
Poi è la stessa qualità di certi miracoli a destare più di qualche perplessità come il mandare il discepolo a prendere la moneta dalla bocca del pesce, così tanto per fare qualcosa ad effetto, e sempre resta il dubbio, è stato il narratore a voler dare l’effetto o chi l’atto lo ha compiuto, se lo ha compiuto per davvero?
Non sopravvaluterei nemmeno tanto la popolazione dei seguaci perché il miracolo di san Gennaro tuttora ha molto credito tra tanta gente eppure la notizia che si tratta solo di un trucco è risaputa ma la gente si farebbe ammazzare pur di mettere a tacere queste voci “blasfeme”.
Quindi io non porrei limiti alla capacità umana di voler credere vero qualcosa anche di fronte alle palesi dimostrazioni della falsità.
Ancora proprio nei nostri giorni c’è Sai Baba che fa miracoli, materializza oggetti dal nulla, (spero di non starlo confondendo con qualcun‘altro) ha tanta gente al suo seguito che lo crede realmente Avatara, ossia manifestazione in un uomo del Dio krishna.
Per ovvie ragioni (che non sto ad elencare) io escludo del tutto che sia Sai Baba che Cristo siano rispettivamente avatara e figlio di dio.
Quindi se escludo anche l’ipotesi dell’illusionismo rimane solo la narrazione di fantasia.
E se aggiungiamo anche le proprietà numeriche delle cifre utilizzate a corredo di alcuni miracoli allora diventa tutto più coreografia che effettiva realtà.
Se pensi alla pesca miracolosa e al numero dei pesci pescati … perché non ha fatto cifra tonda l’evangelista? Perché infilarci un numero che oltre ad essere triangolare (come le proprietà numeriche di Elohim) è anche il numero che simbolizza la vescica piscis?
Era il simbolo importante o davvero quel miracolo è avvenuto?
Oltretutto questo è narrato in un capitolo aggiunto molto dopo, a quale scopo dunque inventare questo racconto?
Mi è piaciuto molto quello che hai scritto su S.A. a proposito delle visioni del risorto e della necessità di non dare adito a narrazioni “inventate” in base a personali visioni, ma come hai accennato di là lo stesso Saulo di Tarso la rivelazione la ha per mezzo della visione.
Lo stesso Gesù nell’episodio della trasfigurazione ha la visione di Mosè ed Elia, insieme a pochi discepoli.
E sembra proprio voler legittimare questa usanza quando dice ai suoi di non raccontare nulla se non dopo aver visto lui risorto.
E lui risorto è proprio quello che nella pesca miracolosa ci infila un numero particolare.
Incollo qui quello che hai detto su S.A. (ovviamente se non sei d‘accordo hai ogni facoltà di cesoiarlo) perché mi è piaciuto molto ed è degno di essere approfondito
CITAZIONE
Ad integrazione di questo voglio però dire una cosa importante. E' vero che Pesce parla spesso di modifiche, rielaborazioni, composizioni ex-novo di parti dei Vangeli e altri testi. Non necessariamente però ipotizzo che egli pensi a rimaneggiamenti per motivi dottrinali. Ho avuto il piacere di assistere a due seminari presso il dipartimento di filologia dell'università di Bologna, alcuni ragazzi presentavano l'attività delle loro tesi di dottorato in letteratura cristiana antica o storia del cristianesimo svolte proprio con il Prof. Pesce. Si è parlato di libri quali l'Apocalisse e l'epistola di Giacomo. L'idea - che avranno mutuato dal loro maestro e da una certa scuola di pensiero - è che dopo la morte di Gesù si verificarono un certo numero di esperienze estatiche per cui discepoli del maestro Gesù ebbero visioni e credettero di essere stati ispirati direttamente da Gesù Cristo. Del resto anche noi che non siamo dotti filologi o storici sappiamo che lo stesso Paolo, in una delle sue epistole, afferma di avere appreso la dottrina non da uomini ma per rivelazione diretta di Gesù Cristo. Quindi sulla base della autorità conferita ai discepoli da queste "visioni" - più o meno credibili - essi si sentirono autorizzati a modificare il testo dei Vangeli esistenti per integrarlo e addirittura a comporre nuovi libri e vangeli, i cosiddetti apocrifi del II secolo. Si tratta del resto di un modello antropologico noto anche da altre culture e studiato da Overholt, citato spesso in quei seminari, secondo cui i discepoli di un maestro o di un profeta si sentono autorizzati ad espandere le teorie e le profezie del maestro dopo la sua morte sulla base di esperienze estatiche. Un libro spesso citato ai seminari di filologia di cui ho detto è stato T.W. Overholt, Channels of Prophecy, The Social Dynamics of Prophetic Activity, Eugene, 1989. Tra le righe e soprattutto per chi ha letto o ascoltato altre cose di Pesce si intuisce in Inchiesta su Gesù che uno dei motivi che spinsero alla nascita del canone fu, oltre alla questione marcionita, il desiderio di mettere un freno a tutte queste attività estatiche per cui anche dopo 100 o 150 anni dalla morte di Gesù uno aveva una visione e si sentiva autorizzato ad alterare o costruire dal nulla il suo personale libro su Gesù Cristo.